Prigione dei Sogni

Cercare adagio, umilmente, costantemente di esprimere, di tornare a spremere dalla terra bruta o da ciò ch'essa genera, dai suoni, dalle forme e dai colori, che sono le porte della prigione della nostra anima, un'immagine di bellezza che siamo giunti a comprendere: questa è l'arte. James Joyce

 

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Incomprensioni (II parte)

Post n°145 pubblicato il 12 Aprile 2007 da Notram
 

Quanti giorni erano passati? Due? Tre? Cinque?
Aveva perso completamente la cognizione del tempo come sempre gli succedeva quando scriveva.
Era stata lei che aveva permesso questo miracolo, la ragazza del marciapiede…
Lui era rimasto incantato a fissarla, cercando con tutte le sue forze di reprimere le lacrime di commozione che stavano per scendergli sul viso Poi però, quando la ragazza gli aveva sorriso così amabilmente, qualcosa si era accesa dentro di lui e solo allora, mentre la vedeva allontanarsi, non era più riuscito a contenere le sue emozioni ed era scoppiato a piangere a dirotto.
“La mia musica, proprio la mia musica!”, continuava a pensare mentre  singhiozzava come un bambino, ma non era solo questione di musica, era molto di più.
Alla fine si era sentito liberato, alleggerito da un peso che l’aveva accompagnato da così tanto tempo, che si era dimenticato persino di portarlo sulla schiena.
Si era messo a scrivere quella sera stessa, cercando di descriverlo quel pianto liberatorio, cercando di ricordare i tratti della ragazza ed il suo sorriso. Aveva composto senza pensare ad altro, nutrendosi solo quando la fame gli impediva di pensare ed addormentandosi seduto alla sua scrivania, con la matita in mano. Gli sembrava che quella musica fosse sempre stata lì, in un angolo del suo cuore, e che  il suo compito fosse semplicemente quello di ricopiarla su un foglio di carta.
Quando finalmente aveva finito si era sentito  talmente stanco da non avere neppure la forza di sollevare il violino. Si era buttato sul letto e si era addormentato soddisfatto come non lo era mai stato...

***

Avanzava speditamente, con la testa fra le nuvole e una gran voglia di una cioccolata calda. Era stata una giornata dura, ma il meritato riposo l'aspettava.
Dopo quello spiacevole episodio aveva deciso di non andare più sotto la finestra  del musicista  a qualsiasi costo. All’inizio non fu facile per lei, un po’gli mancavano quei cinque minuti in cui il mondo si fermava, ma non voleva dare più alcuna soddisfazione a quella persona così odiosa.
“Se la sua musica, per quanto bella, l’ha inaridito in quel modo probabilmente è meglio tenersene alla larga”, pensava.
Quel giorno però capitò lì sotto quasi per caso, mentre tornava a casa dopo le lezioni.
Sentì il suono del violino e non riuscì a proseguire.
Per un attimo ebbe l’impulso di sedersi sul marciapiede, come faceva sempre, alla fine però si accostò al muro del palazzo, furtivamente, in modo che se anche il violinista si fosse affacciato non l’avrebbe vista.
Si sentiva un po’ stupida nel fare una cosa del genere, ma era più forte di lei, come se evitando di mettersi al solito posto avesse l’illusione di non venir meno ai propri propositi.
Non era però il solito brano quello che proveniva da dentro. Non quel motivo così triste e delicato, ma uno nuovo, veloce, senza respiro.
Non c’era equilibrio, era tutta tensione.
Una cascata di suoni la colse alla sprovvista, schiaffeggiandola con la sua intensità, ghermendola con vigore e lasciandola senza fiato.
Maria rimase turbata, quasi impaurita da così tanta violenza. Voleva scappare via, ma non poteva, i piedi erano troppo pesanti per muoversi.
Era come una caduta senza fine, con il cielo che si allontana e l’aria che preme contro la schiena…
La musica continuò in un turbinio di rapide note che convergevano in una catarsi finale oltre la quale tornava la calma, una pace quasi innaturale dopo quello che c’era prima.

Non tornò mai più sotto quella finestra. Mai più, decise, avrebbe permesso a qualcosa di penetrare così profondamente dentro di lei, mai più si sarebbe sentita così nuda, inerme.
Di lì a poco il violinista divenne famoso e si trasferì in un’altra città.

Ancora oggi parlando con gli amici quando salta fuori l’argomento, Maria  ricorda quel famoso musicista che, quando ancora non era nessuno, viveva nel suo palazzo,  e racconta loro del suo carattere burbero e antipatico e dei giudizi di sua madre su lui e i suoi capelli.
Nel cassetto però, dove nessuno li può trovare, custodisce gelosamente tutti i cd di quel suo violinista, anche se tuttora si rifiuta di ascoltarli. Chissà poi se un giorno lo farà…

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Un blog di: Notram
Data di creazione: 09/10/2005
 

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