Creato da carlotta735 il 15/10/2009

Note a soqquadro

Schegge di sogni e freschi sorrisi

 

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Imparare ad essere se stessi...


Può succedere che un complessato venditore di pubblicazioni a domicilio venga scambiato per un consumato uomo di mondo? Un classico del cinema comico italiano :

" BOROTALCO " 1981

http://www.cinemadelsilenzio.it/images/film/poster/10487_big.jpg
 
Nazione: Italia
Durata: 127 minuti
Interpreti: Carlo Verdone, Eleonora Giorgi, Angelo Infanti,
Christian De Sica, Roberta Manfredi, Mario Brega, Enrico Papa, Isa Gallinelli
Soggetto: Carlo Verdone, Enrico Oldoini
Sceneggiatura: Carlo Verdone, Enrico Oldoini
Musiche: Lucio Dalla, Fabio Liberatori
Fotografia: Ennio Guarnieri
Montaggio: Antonio Siciliano
Scenografia: Andrea Crisanti
Costumi: Luca Sabatelli

Classico giro di boa nella carriera di Carlo Verdone, Borotalco, sua terza regia, rappresenta il distacco dal fregoliano macchiettismo degli esordi (Un sacco bello; Bianco, rosso e Verdone), per dar vita, cosceneggiatore con Enrico Oldoini, al suo primo film “completo”. Mettendosi un po’ da parte come attore, emergono ora le sue indubbie doti registiche, dando anche il giusto rilievo, oltre alla coprotagonista Eleonora Giorgi,  a quelli che in apparenza sono dei personaggi minori ma che nella loro complessità assumono rilevanza nella storia a tal punto da divenire parte dell’immaginario collettivo: dall’aspirante ballerino Christian De Sica, a Roberta Manfredi ritratto delle più elementari aspirazioni borghesi, passando per il truce padre di lei, lo straordinario Mario Brega e finendo con Angelo Infanti, “uomo di mondo” dalla vita omerica, almeno a parole (“un bel giorno mi imbarcai su un cargo battente bandiera liberiana…”). Sergio (Verdone), ragazzo romano timido ed imbranato, divide una stanza in un convitto con l’amico Marcello (De Sica), in attesa di sposarsi con la fidanzata Rossella (Manfredi), che lo stressa per il lavoro che si è scelto, venditore porta a porta di enciclopedie musicali, quando il padre di lei (Brega) lo vorrebbe impiegato nel suo negozio di alimentari appena rimesso a nuovo; per la stessa ditta lavora Nadia (Giorgi), fan sfegatata di Lucio Dalla ( non lo vediamo mai, ma è comunque un protagonista del film, tra canzoni e presenza “virtuale”), una ragazza sognatrice, ma con i piedi ben saldi per terra, ai primi posti nelle vendite, grazie alla sua intraprendenza. I due si incontreranno causa un comune appuntamento presso tale Manuel Fantoni (Infanti), dal quale Sergio resterà tanto affascinato da prenderne le sembianze di fronte a Nadia, una volta che il sedicente viveur viene prelevato dai Carabinieri, dando vita ad una serie di equivoci tragicomici, sino ad un sorprendente finale. Importazione nella Roma anni ’80 della classica screwball di scuola americana, con richiami anche a certe commedie di Mario Camerini, il film, pur con qualche intoppo qua e là, si presenta sciolto, compatto, ben realizzato, tutto giocato sull’iniziale contrapposizione tra i due protagonisti che diviene man mano esaustiva complicità nell’escogitare ogni tipo di espediente per poter continuare a sognare e fuggire così, grazie alla vivida forza dell’immaginazione, da quella ordinarietà borghese elevata a stile e modello di vita. Pur sdoppiandosi in Fantoni, Verdone evita virtuosismi e narcisismi, dando vita ad un personaggio a tutto tondo, “prototipo dell’homus verdonianus” (Antonio D’Olivo), simpatico, dolcemente timido, Candido moderno che affronta il mondo e le varie vicissitudini della vita con sguardo sognante, tra nevrosi e disincanto, trovando il suo contraltare nella lunaticità ed inafferrabilità dell’universo femminile: un soffio di borotalco sui disagi esistenziali, simbolo di quel minimo di teatralità che la vita spesso richiede per affrontare il quotidiano e poter andare avanti, senza superare il labile limite tra sogno e realtà, ma lambendo le sponde di entrambi.


http://asso.machiavelli.free.fr/Site_francais/Culture_Italienne/Cinema/Images_cinema/borotalco1.jpg

 

Carlo Verdone di Antonio D'Olivo

http://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/6/6d/Borotalco_(film).JPG


Come è mutato il suo modo di fare cinema dai tempi di Un sacco bello?

 

È molto cambiato. Come prima cosa direi che il virtuosismo si è molto moderato. I primi due film, Un sacco bello e Bianco rosso e Verdone, sono curiosi, originali, non tanto per la struttura della storia, in realtà piuttosto semplice, ma per il fatto che un solo attore interpreta più personaggi. Questa scelta li rende originali, oltre naturalmente al modo in cui li faccio agire e parlare. Borotalco segna la svolta: con il personaggio di Sergio Benvenuti abbandono il virtuosismo per tentare la strada del personaggio unico, pur sdoppiandomi con l'imitazione di Manuel Fantoni. È stata una verifica: se il pubblico non lo avesse accettato non avrei mai potuto decollare come attore e regista su una storia e un personaggio unico. Sarei rimasto un virtuoso. Borotalco dunque è stato il film più importante della mia carriera. Poi, con il passare del tempo, il mio modo di fare cinema è cambiato anche grazie all'esperienza, che mi ha portato a essere più sicuro, più ponderato: si affina "l'arte di nascondere l'arte" e si diventa più abili, più tranquilli. Anche i tempi si riescono a gestire meglio, riducendo quelle "sbrodolature" che riscontro in alcuni dei miei primi film (nonostante ciò in Un sacco bello ci sono di performance che ancora oggi trovo di una rapidità di esecuzione incredibile!). Dai tempi di Borotalco, poi, ho approfondito l'analisi della sceneggiatura, e dedico un'attenzione maggiore anche a qualche movimento di macchina. Io mi ritengo sempre un tradizionalista nel muovere la macchina da presa, eppure sia in Ma che colpa abbiamo noi che in L'amore è eterno finché dura sono riuscito finalmente a usare un po' di steady-cam. Certo, non è facile fare l'attore e il regista insieme!


Comunque considera sempre Borotalco il suo miglior film?

 

Non il migliore, ma sicuramente tra i migliori che ho fatto. A livello di scrittura è un film molto brioso, molto brillante, una commedia piena di equivoci scritta molto, molto bene. Con Enrico Oldoini lavorammo la bellezza di un anno al soggetto e alla sceneggiatura, ne buttammo quattro prima di arrivare a Borotalco. Quel film era essenziale per la mia sopravvivenza: non lo dovevo sbagliare. Anzi, dovevo creare qualcosa di nuovo. Credo che Borotalco, insieme a Maledetto il giorno che t'ho incontrato e Compagni di scuola, sia uno dei miei film migliori, ma c'è anche Al lupo, al lupo che a me piace molto... comunque ogni spettatore ha il suo film del cuore. Certamente questi tre li metto tra i miei preferiti.

 

Con il protagonista di Borotalco viene messo a punto un personaggio che e un po' considerato "l'homus verdonianus". Simpatico, dolce, malinconico, un po'a disagio con il mondo, alle volte fragile, delicatamente nevrotico. Tutto il contrario degli smargiassi di Sordi, Tognazzi, Gassman, mostruosi e cinici.

Borotalco nasce subito dopo l'esperienza del grande movimento femminista che aveva messo completamente in crisi il maschio, quel maschio che era già in difficoltà e in crisi di solitudine nel mio primo film Un sacco bello e poi, in modo diverso, in Bianco, rosso e Verdone, in cui se ne coglievano tic e difetti. Avevamo sempre visto sul grande schermo personaggi che tradivano, che facevano, diciamo cosi, "i galli cedroni". I miei personaggi maschili sono invece sempre stati in qualche modo degli sconfitti che avevano perso ogni punto di riferimento. In Borotalco c'è già, in nuce, tutto quello che sarebbe stato il mio cinema. Poi alcuni film sono diventati più poetici, come Al lupo, al lupo, altri più raffinati, come Maledetto il giorno che t'ho incontrato, ma in Borotalco si può trovare l'anima verdoniana al cento per cento: le timidezze, le fragilità, i momenti di poesia e, anche, l'immancabile finale melanconico.

 
Sempre con Borotalco nasce anche una sorta di struttura narrativa basata sul contrasto, la contrapposizione tra due personaggi di carattere opposto.
 

Sì, una contrapposizione che sarà poi il denominatore comune di tante mie pellicole, perché io ho sempre vissuto sui contrasti, soprattutto tra me e la donna, vedi Acqua e sapone, Io e mia sorella, Stasera a casa di Alice, Maledetto il giorno che t'ho incontrato e Al lupo, al lupo. C'è sempre il contrasto, c'è sempre una donna che mette nei guai il personaggio maschile. In Maledetto il giorno che t'ho incontrato nei guai non mi ci mette tanto la Buy, quanto Elisabetta Pozzi, la donna che mi lascia all'inizio del film. Poi anche la Buy ci mette del suo, soprattutto alla fine del film! La contrapposizione nasce dall'incontro tra un carattere maschile fragile e un carattere spesso lunatico, inafferrabile come quello dell'universo femminile.

© 2008, Editrice Il Castoro
Antonio D’Olivo – Carlo Verdone
134 pag., 11,90 € – Edizioni Il Castoro 2008 (Il castoro cinema)
ISBN 978-88-80-33424-8

L'autore


Antonio D’Olivo (Udine, 1959) ha lavorato per i settimanali «Panorama» e «Epoca». E’ stato giornalista parlamentare per il quotidiano «Brescia Oggi» e per il Gruppo Class Editore. Dal 1990 lavora al Giornale Radio Rai di cui è critico cinematografico e inviato. Dal 1997 al 2007 è stato uno di conduttori del contenitore culturale di Radio 1 “Il baco del millennio”, trasmissione ideata da Piero Dorfles.
 



Citazioni dal film



Sergio (Carlo Verdone) venditore di enciclopedie porta a porta, ha appena assistito all’arresto del sedicento architetto Manuel Fantoni (Angelo Infanti), nel frattempo alla porta suona Nadia (Eleonora Giorgi) che lo scambia per il padrone di casa e notando le foto con dedica di attori  famosi sparse sulla mobilia si incuriosisce:
Nadia: Buurt Lancaster? nooo!
Sergio: ah! si Burt….
Nadia: ma com’è, che tipo è?
Sergio (scuotendo la testa): alcolizzato totale poveraccio…
Nadia (stupita): Nooo!
Sergio: l’altra sera m’ha combinato un macello sulla moquette, m’ha vomitato  e l’ho dovuto prendere e cacciare via, non cè niente da fare, certa gente non si deve più invitare a casa…
Ormai completante immerso nel suo personaggio Sergio decide di strafare e per far colpo su Nadia parte con una spassoso resosconto sulla sua gioventù:
Sergio: …anch’io da ragazzo non ero nessuno, conducevo una vita assurda, squallida, ho fatto di tutto, ho rubato, mi sono drogato, sono andato con le donne…gli uomini, insomma ho cercato di fare ogni tipo d’esperienza, perchè secondo me la vita va proprio vissuta proprio in maniera totale, globale, non so se mi intendi..un giorno a Bombay ti incontro un ragazza mezza cinese, mezza giapponese, insomma di quelle parti là, una gran bella ragazza….
Il racconto si fa sempre più interessante e fasullo, aumentano i particolari inventati al momento, sino al culmine in cui in stile telenovela Sergio racconta lo struggente finale…
Sergio (visibilmente commosso): …e da quel giorno non la vidi più, di lei mi rimase soltanto…un kimono!


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