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La Bella Mano (021-025)

Post n°721 pubblicato il 03 Dicembre 2014 da valerio.sampieri
 

La Bella Mano di Giusto de' Conti

XXI

Amor, quando me vene
Dinanzi quella Luce,
Che di belleze avanza il primo Sole,
Io sento fra le vene
Piacer, che mi conduce
Ladove il sommo bene albergar suole:
Allor mi vien parole
Dal cor sì altere e nove,
Et ciascun pensier tale,
Che imaginar mortale
Tanto non sente già, né lingua move:
Ond'io grande mi tegno,
Che il ciel di tanto ben mi fesse degno.

Ben debbo il mio destino,
Che mi condusse et spinse,
Laudare, essendo in me così cortese;
Et quel voler divino,
Che al bel laccio mi strinse,
Et sì soavemente il cor m'accese:
Laudar debbo l'offese
Della spietata voglia;
E il disdegnoso petto,
Che d'indurato affetto
Ha fatto il smalto, perché ognor mi doglia:
Che lei che il cor m'ancide,
Avanza ogni altro ben che mai si vide.

Felice l'ora e il giorno,
Che in forma tanto umile
Apparve a noi mia matutina Stella
E il mondo, che fu adorno
Di spirto sì gentile
Et di persona sì leggiadra et bella:
Ma più beata quella
Anima eletta e pura,
Che scesa giù dal cielo,
Si avolse nel bel velo;
Che tanto ha fatto onore alla Natura:
E il loco ove già nacque
La bella donna, che a me tanto piacque.

Virtute et Gentileza
Quaggiù discese, Amore,
Quando Madonna venne in questa vita;
E il ciel d'ogni belleza
Fu privo et di splendore
D'allor, che nelle fasce fu nudrita.
Perché alla più fiorita
Et più perfetta etade
Il tempo la rivolse,
In lei sola si accolse
Quanto si vide al mondo di beltade.
Ond'io ringratio e lodo
Chi pria mi strinse a sì leggiadro nodo.

Ricca pioggia di rose
Nelle sue trecce bionde
Cadea, quando di lei pria 'namorai,
Negli occhi il sol s'ascose
(Né sa far nido altronde)
Per più colmarmi d'infiniti guai:
Et di amorosi rai
Ardeva il suo bel viso
E il fronte di colei,
Che è uno specchio agli occhi miei,
Formato veramente in Paradiso.
Dunque sian benedette,
Amor, tue forze et l'arco et le saette.

Canzon, se vai dinanzi al mio Tesoro,
Adorna tua persona;
Et poi cortese del mio mal ragiona.

XXII

Questo mirabil mostro di natura,
Che il cor m'ha pien di speme et di disire,
Non ha, chi verso lui la vista gire,
Umano aspetto, né mortal figura.

Chi di virtù, di fama, et di onor cura,
Chi forse aspetta al ciel fra noi salire,
In lei si specchi, et segua; e il volto mire,
Dove il maestro pose ogni sua cura.

Di lei ne vien divine le parole;
Beato il viso e il guardo, ove due stelle
Si mostran dal seren dell'alme ciglia;

L'andar celeste, et gli atti santi, et quelle
Caste bellezze angeliche, che sole
Il mondo han tutto pien di maraviglia.

XXIII

Mirate omai, per dio, l'aspetto sagro,
E il fronte, dove il nostro Sol s'oscura:
Mirate dove pose mia ventura
Virtude, perch'io aghiaccio e perch'io flagro:

Mirate in terra l'alto simulagro,
D'onde tant'arte Policleto fura,
Et gli occhi, ove risorge per natura
Il fonte, ond'io mi pasco, dolce et agro:

Mirate un altro Sole, et di più lume,
Che il mondo errante al camin dritto invia:
Et che ne volge a più salda speranza:

Mirate insieme ogni real costume,
E il vero esemplo d'ogni leggiadria
Et delle stelle l'ultima possanza.

XXIV

Dal terzo Ciel nel bel sembiante umano,
Ove ogni stella quanto può diffonde,
Cade virtù sì fatta, che confonde
Chi presso il guarda, et strugge di lontano;

Et col poter, che poi lui preso ha in mano,
Cangiato ha le sue prime trecce bionde;
Et tolto ogni beltà, che vede altronde,
Per far quanto è quaggiù caduco et vano.

Rubato al Sole ha le dorate chiome,
Et quelle luci ladre, e il chiaro viso,
A Venere l'andare et la parola.

Così agli Dei fa forza; et non so, come
Chi può consenta, il cielo e il paradiso
Impoverir, per arricchir lei sola.

XXV

Questa finice, che battendo l'ale,
Dall'oriente a l'occidente viene
Nel fronte la sembianza ha di quel bene,
Di che sì poco al cieco mondo cale:

Negli occhi quello angelico fatale
Foco s'accende di salute et spene,
Che qualità da quella cagion tiene,
Che può far solo l'anima immortale.

Cangiando clima cangia il suo bel manto,
Et si rinova nelle fiamme come
Il mondo, quando il veste Primavera.

Ma sol casta bellezza del bel nome
L'ha fatta degna: et questo è quel che tanto
Fe' gia costei sopra gli augelli altera.

(continua)

 
 
 
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Data di creazione: 26/04/2008
 

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