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CHIARIMENTI
Le notizie riportate nel presente blog, ove altrimenti non specificato, sono affidate alla memoria dell' autore e non possono pertanto essere considerate degne della minima fede. Ritengo sia mio preciso obbligo morale diffondere bufale, spacciandole per vere e viceversa. Chi si fida di me sbaglia a farlo, ma, volendo, potrebbe prendere spunto da quel bel po' di verità che sarà in grado di trovare in ciò che scrivo, per approfondire l' argomento, se gli interessa, altrimenti, ciccia.
Chi volesse comunque riferirsi a fonti ancor meno affidabili di una vacillante memoria di un incallito bufalaro, potrà consultare Wikipedia o, peggio ancora, la Treccani Online che a Wikipedia spesso rinvia. Degno di considerazione è il fatto che le idiozie di cui Wikipedia è spesso -non sempre, siamo onesti- intrisa fino al midollo sono consultabili gratis, laddove per la redazione della Treccani online lo Stato ha erogato all' ente, presieduto da un non bene amato ex ministro di nome Giuliano, due bei milioncini di euro nostri: che fine avranno fatto? Non c'è alcuna malizia da parte mia, s'intende, nel formulare questa domanda: solo semplice curiosità.
La lettura di questo blog è vivamente sconsigliata a chi ignora cosa sia l'ironia e/o non è in grado di discernere il vero dal falso.
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Piccola biblioteca romanesca (I miei libri in dialetto romanesco)
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Cento sonetti in vernacolo romanesco (di Augusto Marini)
Centoventi sonetti in dialetto romanesco (di Luigi Ferretti)
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I trovatori (Dalla Prefazione di "Poesie italiane inedite di Dugento Autori" dall'origine della lingua infino al Secolo Decimosettimo raccolte e illustrate da Francesco Trucchi socio di varie Accademie, Volume 1, Prato, Per Ranieri Guasti, 1847)
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Rime inedite del Cinquecento (di vari autori)
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Rime inedite del 500 (XXIX)
Post n°910 pubblicato il 26 Dicembre 2014 da valerio.sampieri
Rime inedite del cinquecento (Bologna, Romagnoli - Dall'Acqua, 1918) Un'età viverà sempre infinita, Io son quel vivo pan, per cui si vede Morir' la morte e ravvivar la vita, Son quel celeste pan, che a chi mi crede Contra a' colpi di morte porgo aita, E chi ne mangia, o poco mangi o assai Tant'è cibo divin che non muor mai. I vostri antichi padri nel deserto Mangiarono la manna, e morti sono; Chi gusta questo pan, gusterà certo Immortal vita per immortal' dono, Che la grazia celeste avanza il merto Sì larga piove sopra il giusto e 'l buono; Il pan ch'io vi darò pan vivo fia Dando pel mondo a voi la carne mia. Se voi non mangiarete del figliuolo Dell'uom la carne, non fia vita in voi; Se non berrete il sangue suo, che solo Vi può dar vita, non vivrete poi. Chi mangia la mia carne s'alza a volo, E 'n vita eterna vive gli anni suoi, Ché perché morto al mondo, al ciel non mora In vita il ridurrò nell'ultim'ora. Questa mia viva carne è un cibo vero, Un bene vero è questo sangue mio, Chi l'uno e l'altro gusta, gusta intero Il cibo e 'l poto dell'eterno Iddio. Celeste ambrosia e nettare sincero, Ond'egli in me si vive, e 'n lui vivo io, Che mentre egli di me si gode e pasce, Io vivo in lui, et egli in me rinasce. Il Padre mio di ciel mandommi in terra, Onde io, che vivo hor qui, vivo per lui: Chi la mia carne entro al suo petto serra Vive per me che nel suo petto fui, Questo è quel pan che 'l ciel largo diserra, Che morte toglie e vita porge altrui, Pan ch'empie l'alma con sì dolci tempre Ch'ella ne vive, e ne vivrà mai sempre. [2 Di Claudio Tolomei] Del medesimo, della Sammaritana. Chi con sete mortal berrà quest'acque Di ber altr'acque havrà poi nuova sete; Ma chi queste lassando berrà l'acque Ch'io gli vo' dar; non sentirà più sete. L'acque ch'io gli vo' dar si farann'acque D'un fonte a lui ch'estingueran la sete Ch'uscendo quindi saliranno in vita Dove morte non è; ma sempre è vita. [3 Di Claudio Tolomei] Sonetti sull'assedio Di Siena (1564). Al christianissimo re Henrico II. L'amor della mia cara patria m'ha sospinto, oltre alle altre operationi, a por in certe rime la sua afflictione, et a cercarne il remedio, il qual, dopo Dio, è posto nella pietosa et potente vostra mano. Degnatevi, vi prego, o Sire, sì come in prosa m'havete spesse volte udito benignamente, così hora legger queste rime volontieri; né leggerle solamente, ma operar anchora quanto in quelle si considera et si priega; ché certo voi non potete far né la più pietosa opera in questi tempi, né la più honorata, né che sia universalmente per piacere più a tutti i buoni d'Italia, che l'aiutar vivamente la vostra devota et affannata città di Siena, la qual humilmente alla bontà et valor vostro si raccomanda. 1 A Maria Vergine. Cento lampi a maggior tuoi santi altari, Vergine bella splendevano intorno Che d'atra notte faran' lieto giorno Lucendo ognor con cento stelle a pari. Quivi le lodi tue con versi rari Cento donzelle canteranno a torno, Et di lumi et di canti il tempio adorno Doni si porgeran' pregiati e cari, Spargerassi a l'altar soave odore; Ma più che d'altro sacrificio fia Di volontà divota e puro core. Tu Siena tua città sciogli, Maria, Dal nodo ch'or la stringe, onde maggiore La sua pietate e la tua gloria sia. 2 Al Duca Di Ferrara. Deh! perché tu, signor, ch'un vivo lume Tra' più lucenti dell'italia sei Non volgi prima gl'occhi a' dolor miei, Che questa cruda fiera mi consume? Fu pur degl'avi tuoi santo costume I buoni sollevar', punir' i rei; Tu più degl'altri or poi ben farlo et dei, Ch'al volto tuo cresciuto à Dio le piume. Ben fia di somma laude e sommo onore Et opra degna di perpetui inchiostri, A cui consacri il mondo altari et tempio, Trarmi da unghie rie col tuo valore, Così giovando altrui con bello esempio Ad Hercole convien domar' i mostri. 3 Al medesimo. Non tardar più, famoso Hercole invitto, A dar rimedio al grave languir mio, Che, se ben guardi, vedrai pur' com'io Pronto ho lo spirto sì, ma 'l corpo afflitto. Non basta il buon voler, anci è ben dritto Aggiunger le belle opre al bel desìo Fia caro al mondo e insieme caro a Dio Che 'l fiero vincitor per te sia vitto. Vedi che pur me sbate, et percuote; Ma d'intorno i vicini, et te minaccia Con affamati denti et mente prava. Ma tua virtù salvar tutti noi puote, Muovi il valor de le robuste braccia, Che fa dormendo hor la tua forte clava? 4 Siena in figura di lupa a' Romani. Ahi! cari miei figliuoli, hor voi non cale Che a' vostri primi padri io vita porsi, Et col mio proprio latte quei soccorsi Ai denti esposti d'ogni aspro animale? Lassa me! Che mi giova, o che mi vale, Se voi che siete dal lor sangue scorsi Non mi guardate da' rabbiosi morsi De l'empia fera, ch'or m'urta et m'assale? Per me prima saliste al grande impero, A cui non fu giamai nel mondo pari, O ne l'antica, o ne l'etate nostra. Per me mostraste il vivo valor vero, Et la viva pietà, miei figli cari, Rendete il latte a la nutrice vostra. 5 A' signori d'Italia. Ai sacri gigli, et pien' d'alta virtute Unitevi voi, buone, amiche piante Nel giardin' nata de' l'Italia, et sante Gratie spargete per la mia salute. Sgombrate dal mio corpo l'aspre, acute Febbri, et l'iniquo umor ch'intorno errante A me vostra gentil' et bella amante Rendete hor nuova vita et gioventute. Ben lo faranno i bei fioriti gigli; Ma col vostro valor congiunti insieme Giran' più tosto in ogni polso et vena. Fia gran letitia a' miei pietosi figli, Honor'a voi l'aver ne l'ore estreme Con la vostra virtù salvata Siena. 6 Siena a' cittadini morti per diffenderla. Anime, ch'or' vivete in ciel beate Et pria che giste in quell'aer sereno Fuste in terra quà giù dentro il mio seno, Voi immortali, a mortal vel' legate. Oh! quanto dee gradir l'alta bontate, Che per salvar vostro natio terreno Di me stimaste il proprio corpo meno, Tanto amor ebbe in voi loco et pietate. Hor sete in vera patria appresso a Dio, Ove però avversario hormai non puote Far di lui voi, né di voi quella priva. Pregate lui che ascolti il pregar mio, Et percuota il crudel che me percuote, Ond'ei smarito resti, io bella et viva. 7 A Siena. Per discioglier da te nodo sì fiero Tre sacri nodi pria far si conviene, L'un ch'unisca te stessa d'una spene D'un amor, d'una fede et d'un pensiero. L'altro leghi il tuo cor saldo e sincero Al grande Henrico, ch'or t'alza et sostiene, In lui la tua salute, e 'l fermo bene Quà giuso è posto lo sperar tuo vero. Il terzo ti congiunga amica a Dio, Di bontate et di gratie fonte pura, Che sparge sovra i buon' con varii modi. Né temer poi ch'el tuo nemico rio Vittoria habbia di te, fatta sicura Di questi tre celesti et santi nodi. 8 A' nemici di Siena. Ne l'aspre conche de l'oscuro inferno Onde usciste qua su, fetidi mostri Rabbiosi entrate, in quelli amari chiostri Sfogate il gran velen ch'avete intorno. Degni non sete voi d'aer superno; Ma d'infernal, conforme ai pensier vostri, Degni che Dio sua giusta via vi mostri Ne la fiamma immortal del cieco averno. Mordete a voi le scellerate labbia, Non fate strazio d'anime innocenti Per saziar l'infinita ingorda rabbia. Contra voi stessi armate i fieri denti, L'uno l'altro rodendo, onde vita habbia E gloria il buono, e non morte e tormenti. 9 A Siena. Cinto il bel crin di trionfale alloro, Di gemme ornata e di fin' ostro andrai; Poi che i fieri nemici vinti avrai Con la viva virtù de' gigli d'oro. Intorno a te di vaghe ninfe un coro Lieto danzando in cerchio gir vedrai, Quivi le lodi tue cantar udrai L'Indo, lo Scita, l'Ethiope, e 'l Moro. Scaccia tu queste pompe et tutta pura Riverente entrarai nel sacro tempio, Ove s'honora il nome di Maria. Ringrazia lei, per lei fatta sicura Ch'ella è tuo vero schermo ad ogni scempio Come fu prima sempre, et sempre fia. 10 Alla medesma. Oh! di che bella gloria degna sei, Afflitta ben; ma ben lodata Siena, Di fede e libertà verace piena, D'amor a' buoni e di ferm' odio a' rei. Che se gisser' tant'alto i versi miei Quanto d'alzarti bel desìo mi mena, Non fu latina mai, né greca vena Ch'andasse là dove in tue lode andrei, Ma poi che 'l rozzo mio, debole stile Parte non segna de' tuoi chiarimenti, Farò silenzio alla mia bassa rima. Et co' buoni godrò lieta vederti Ne l'oppressa fortuna, et stato umile, Di virtute et d'onor poggiar in cima. 11 Al re christianissimo Henrico II. Siena, ma non pur Siena, anci Toscana, Anci pur tutta Italia apre le braccia Et le piaghe de' piedi et della faccia, Et del ventre vi mostra aperte e spiana. Ella d'orribil' unghia e d'inumana Sente d'un fier' augel, ch'ora le straccia E un membro ne percuote un ne minaccia. Né di lei lascia in terra parte sana. Voi, cui somma bontà con gratia eguale Concesso ha Dio per sua gloria maggiore, Porgete all'affannata Italia aita. Contra morte vi fia vita immortale. Traendola dagli aspri artigli fuore A' crudi mostri morte, a lei dar vita. 12 A Siena. Ripon' le tue speranze in dio verace, Nobil città, ch'or' tanto afflitta sei, Ch'egli accogliendo i buon', scacciando i rei Darà pietoso a te vittoria e pace. La tua giustizia in ciel più ch'altra piace; Né il tuo fiero avversario ha parte in lei, Anci la squarcia ognor dal crin a' piei Con fieri artigli sì l'odia e gli spiace. Onde Henrico per te la spada cinge, Che da Dio spinto et da giustizia ancora Muove la franca man con bel desìo. Ben sarai tosto d'ogni tuo mal fuora; Poi che per sciorti il laccio che ti stringe Henrico hai teco, et la ragion, et Dio. Tratte da: Rime inedite del cinquecento (Bologna, Romagnoli - Dall'Acqua, 1918) |
Inviato da: Vince198
il 25/12/2023 alle 09:06
Inviato da: amistad.siempre
il 20/06/2023 alle 10:50
Inviato da: patriziaorlacchio
il 26/04/2023 alle 15:50
Inviato da: NORMAGIUMELLI
il 17/04/2023 alle 16:00
Inviato da: ragdoll953
il 15/04/2023 alle 00:02