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CHIARIMENTI
Le notizie riportate nel presente blog, ove altrimenti non specificato, sono affidate alla memoria dell' autore e non possono pertanto essere considerate degne della minima fede. Ritengo sia mio preciso obbligo morale diffondere bufale, spacciandole per vere e viceversa. Chi si fida di me sbaglia a farlo, ma, volendo, potrebbe prendere spunto da quel bel po' di verità che sarà in grado di trovare in ciò che scrivo, per approfondire l' argomento, se gli interessa, altrimenti, ciccia.
Chi volesse comunque riferirsi a fonti ancor meno affidabili di una vacillante memoria di un incallito bufalaro, potrà consultare Wikipedia o, peggio ancora, la Treccani Online che a Wikipedia spesso rinvia. Degno di considerazione è il fatto che le idiozie di cui Wikipedia è spesso -non sempre, siamo onesti- intrisa fino al midollo sono consultabili gratis, laddove per la redazione della Treccani online lo Stato ha erogato all' ente, presieduto da un non bene amato ex ministro di nome Giuliano, due bei milioncini di euro nostri: che fine avranno fatto? Non c'è alcuna malizia da parte mia, s'intende, nel formulare questa domanda: solo semplice curiosità.
La lettura di questo blog è vivamente sconsigliata a chi ignora cosa sia l'ironia e/o non è in grado di discernere il vero dal falso.
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Piccola biblioteca romanesca (I miei libri in dialetto romanesco)
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Cento sonetti in vernacolo romanesco (di Augusto Marini)
Centoventi sonetti in dialetto romanesco (di Luigi Ferretti)
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Il Dittamondo (3-03)
Post n°911 pubblicato il 26 Dicembre 2014 da valerio.sampieri
Il Dittamonado di Fazio degli Uberti LIBRO TERZO CAPITOLO III Poi che ’n Trevigi fummo stati alquanto, in vèr Basciano prendemmo la strada, lassando Feltro e Civita da canto. Io ero stato giá per la contrada, e visto Cenna, Concordia e Bellona, 5 con ogni fiume che di lá si guada. E però dissi a la scorta mia bona: "Non ci bisogna andar per quella via; andiam di qua, ché piú dritto ci sprona". Vidi Romano, onde la tirannia 10 discese giá, secondo ch’io intesi, e rinnovò per tutta Lombardia. Passato Cittadella, la via presi diritto a la cittá che ’l Carro regge e che l’ha retta piú anni e piú mesi. 15 Con gran giustizia, con ragione e legge la tien Francesco e molto si tien bona ch’Abano e Montericco la vaghegge. Colui, che quivi prima si ragiona che l’abitasse, si fu Antenore 20 e ’l corpo suo per certo il testimona. Quivi vid’io de’ gran destrieri il fiore e quivi udio che Tito Livio nacque, che de’ fatti roman fu vero autore. Solin ne rise e io, tanto mi piacque 25 veder nel dí del sol por l’oste a Bacco con gran campane a cerchio e schifar l’acque: qual era scimia o leo, qual porco istracco: per che d’Ovidio mi sovenne, come trasforma l’uomo in cervo e quando in bracco. 30 Da Pado o dal padule prese il nome, che presso n’è assai, questa cittade: Brenta la cerchia e chiude come un pome. Noi ci partimmo di quelle contrade per Cimbria veder, che ’l Bacchiglione 35 bagna d’intorno e per mezzo le strade. La maggior novitá, che lá si pone, si è vedere il covol di Chiostoggia, lá dove il vin si conserva e ripone. Quivi son donne d’ogni vaga foggia; 40 quivi sta Venus, che le punge e venera; quivi son prati, fonti e verdi poggia. In quella parte lo paron s’ingenera, la cui carne è di cotale natura, che qual par bo e qual fagian, sí è tenera. 45 Le penne sue han di paon figura; combatte per amore e come ’l cieco prender si lascia, tanto a esso ha cura. Similemente a la mente ti reco che lá trovai l’uccello francolino 50 e provai quant’è buono a viver seco. Dal Cane, ingenerato dal Mastino, questa cittá si guida e si governa, secondo ch’io intesi nel cammino. Indi passammo a la cittá di Berna 55 a cui Brenno diè ’l nome; molto è grande; e qui fa ’l Can la state e qui s’inverna. Giú di vèr Trento l’Adige si spande, che vien per la cittá bello a vedere e Campo marzio abbraccia e le sue lande. 60 Nuovo mi fu, di ch’io presi piacere, trovar, nel sol del Cancro, in su le some vendere il ghiaccio a chi ne volse avere. Vidi l’Arena, ch’è in forma come a Roma il Culiseo, benché quivi Diatrico ne porta fama e nome. Vidi Peschiera e ’l suo bel lago e i rivi, che sopra ogni altro d’Italia si loda per lo bel sito e i carpion che son ivi. Lettor, com’io lo scrivo e tu l’annoda: 70 la Marca di Trevigi il nome lassa lá dove Alpone bagna le sue proda. E nota che in Liguria qui si passa ne’ Campi lapidari, ove li dii superbia de’ Giganti giá fen cassa. 75 Noi fummo a la cittá che, se tu spii, Manto n’ha il pregio e Vergilio l’onora, chiusa dal Po, dal Mencio e da piú rii. Quivi il corpo di Longino dimora in Santo Andrea e con gran riverenza 80 si fa la festa sua e vi si adora. L’onore, la grandezza e la potenza de la cittade tien quel da Gonzaga: tre fratei sono ed una coscienza. Molto è la terra grande, bella e vaga, 85 e ’l porto suo, in tempo di pace, l’entrata ha buona di quel che si paga. Per quel cammin, che piú dritto si face, passato il Chiese, ci traemmo a Brescia, ch’a piè del monte quasi tutta giace. 90 Arditi sono e come vuol riescia; dicon che portano in Gada la fede, poi par ch’ogni signore a lor rincrescia. Lo suo principio, per quel che si crede, sí come di Verona, ancor fu Brenno 95 e ’l nome ch’ella ha or cotal li diede. Passati il Serio, la Lama e il Brenno, trovammo il Bergamasco in su la costa, che grosso parla ed è sottil del senno. La lor cittá, però ch’è si ben posta 100 in forte poggio, porta pregio e fama ch’alcuna volta da Melan s’arrosta. Cosí venuti noi sopra una lama, divenni tale, quando vidi l’Oglio, qual par colui ch’a sé la morte chiama. 105 O Federico mio, qui dir non voglio quanto le ripe e ’l fondo maledissi e quanta fu l’angoscia e ’l mio cordoglio. Apresso i passi in quella terra fissi, che sdegna in fine a morte ogni lebbroso: 110 Bascian n’ha il nome e io cosí lo scrissi. Indi partimmo senza piú riposo; Lambro passammo per trovar Melano; ma non ci fu, per lo cammino, ascoso veder Cassano, Moncia e Marignano. 115 |
Inviato da: Vince198
il 25/12/2023 alle 09:06
Inviato da: amistad.siempre
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Inviato da: ragdoll953
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