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CHIARIMENTI
Le notizie riportate nel presente blog, ove altrimenti non specificato, sono affidate alla memoria dell' autore e non possono pertanto essere considerate degne della minima fede. Ritengo sia mio preciso obbligo morale diffondere bufale, spacciandole per vere e viceversa. Chi si fida di me sbaglia a farlo, ma, volendo, potrebbe prendere spunto da quel bel po' di verità che sarà in grado di trovare in ciò che scrivo, per approfondire l' argomento, se gli interessa, altrimenti, ciccia.
Chi volesse comunque riferirsi a fonti ancor meno affidabili di una vacillante memoria di un incallito bufalaro, potrà consultare Wikipedia o, peggio ancora, la Treccani Online che a Wikipedia spesso rinvia. Degno di considerazione è il fatto che le idiozie di cui Wikipedia è spesso -non sempre, siamo onesti- intrisa fino al midollo sono consultabili gratis, laddove per la redazione della Treccani online lo Stato ha erogato all' ente, presieduto da un non bene amato ex ministro di nome Giuliano, due bei milioncini di euro nostri: che fine avranno fatto? Non c'è alcuna malizia da parte mia, s'intende, nel formulare questa domanda: solo semplice curiosità.
La lettura di questo blog è vivamente sconsigliata a chi ignora cosa sia l'ironia e/o non è in grado di discernere il vero dal falso.
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Piccola biblioteca romanesca (I miei libri in dialetto romanesco)
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Cento sonetti in vernacolo romanesco (di Augusto Marini)
Centoventi sonetti in dialetto romanesco (di Luigi Ferretti)
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I trovatori (Dalla Prefazione di "Poesie italiane inedite di Dugento Autori" dall'origine della lingua infino al Secolo Decimosettimo raccolte e illustrate da Francesco Trucchi socio di varie Accademie, Volume 1, Prato, Per Ranieri Guasti, 1847)
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Il Dittamondo (4-17)
Post n°1029 pubblicato il 11 Gennaio 2015 da valerio.sampieri
Il Dittamondo Tra l’oceano e ’l giogo d’Apennino, tra Rodan, Reno e Pireno si serra 5 la Francia tutta e cosí la confino. E poi che noi entrammo in quella terra, in vèr Parigi fu la nostra strada, che Nantes bagna e che la Senna afferra. Io vedea arsa e guasta la contrada, 10 le larghe strade venute sentieri, i campi senza frutto e senza biada. E mentre che di ciò stava in pensieri, noi vedemmo un da traverso venire in abito e con segno di corrieri. 15 "Dieus vous salf", fu il primo suo dire. "E tu soies, fiz ie, le bien venus", vago di dimandare e lui d’udire. Apresso disse: "En quel part alez vus"? "A Paris", respondi. "E ie encore". 20 E ici se taist, qu’il ne dist plus. Cosí andammo presso che due ore; ma poi che ’l tempo mi parve e fu a vis, presi a parlare senza piú dimore. "Di moi, biau frere, ie voi cest païs, 25 qui tant estre soloit biaus e noble, degasté tout, en feu e flame mis. Comant fu ce? où est l’argent e l. moble au roi de France, qui tant en solt avoir? Car nus savoit conter ne dir le noble". 30 "Amis – fist il – quant que tu dis est voir, car en toute crestiente n’estoit rois, qui tant eüst grant richece e pöoir. Com ales est d’ici iusque a un mois dir ne l· sauroie; mes de tant bien t’afi: 35 chaucuns s’en fet le signe de la crois. Degasté l’ont e maumenes ensi par son valor Adoart d’Engleterre, cil de Gales e li bon quens de Arbi". E ie: "Por quoi encomença la guerre?" 40 "Por quoi?", fist il; "car por son eritage demandoit Paris e toute la terre. Dont nostre rois le tint a grant outrage e por tel chose fu començé l’estrif, qui France a gasté e trestout son barnage. 45 Asez en sont por le mont de chetif, homes e femes, jovenciaus enfans, e plusors mors, qui encor seroient vif. Bien a la guerre duré vint e sis ans tant fiere e fort entre ces rois ensemble, quant iames fu entre Cartage e Romans. De sous Cales chascuns sa gens asemble, iluec morust Jeans li rois ardis, cil d’Alençon e plus barons ensemble. Le nostre rois s’en fuï desconfis; 55 apres s’en vint Adoart e Bretons trestout ardant iusque pres a Paris. Une autre fois semont ses barons li rois de France e fist son garnimens; por soi vengier trestout mist a bandons. 60 Que vous diroie? moult amasse grant gens fort e ardie; mes tel fu son pechie, car vencus fu e il pris ensemens. Por voir te di que cil de Gales mie n’avoit gens a mon roi desconfire, 65 si prope dieus ne li fust en aïe. Or t’ai conté en brief nostre martire: encor te di que ie ai pëor de pis, si dieus par temps ne tramest son mire". "Bien ai oï trestout ce que tu dis; 70 mes fai moi sage si li rois Adoart en ses victoires a grant terre conquis". "Oïl, fist il; partout sont li liepart; en Gascogne flors de lis ni est remes, en Normandie, neïs entre Picart. 75 Por grans assiege li fu rendus Cales. Que te diroie sus la mer de Bretagne, quant qui tenoit mon roi s’en est ales?" "Amis, fiz ie, a la roial ensagne messager sembles; di moi lau tu vais, 80 si dir se puet e s’ici non remagne". "Voir est, fist il, que messager me fais a la postoile de part le roi de France, por quoi en brief ce croi oïr porais". A la parole qui tant outre s’avance, 85 pensai en moi e dis entre mes dens: cestui a dou roi e de pes esperance. "Or me di, frere: i morust grant gens en ces batailles?". "Quatre vint milier, respondi cil, e plus si com ie pens". 90 "Di moi: a fils qui le puisse vengier li rois?" "Oïl, Charles le daufin, respont apres, uns ieune bachelier". Ensi parlant, nous guië nostre chemin droit a Paris, lau mon cuer avoie; 95 e 'l messager, a tout le chief enclin, prist congié e se mist a la voie. |
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