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Giotto poeta

Molti son que’ che lodan povertade

Molti son que’ che lodan povertade
e ta' dicon che fa stato perfetto,
s’egli è provato e eletto,
quello osservando, nulla cosa avendo.
Acciò inducon certa autoritade,
chè l’osservar sarebbe troppo stretto;
e pigliando quel detto,
duro estremo mi par, s’i' ben comprendo:
e però no ‘l commendo.
Chè rade volte stremo è sanza vizio:
e a ben far difizio
si vuol sì proveder dal fondamento,
Chè per crollar di vento
o d'altra cosa, che si ben si regga,
che non convenga poi si ricorregga.
 
Di quella povertà ch’è contro a voglia,
non è da dubitar ch’è tutta ria;
chè di peccare è via,
facendo ispesso a’ giudici far fallo;
e d’onor donne e damigelle spoglia,
e far furto forza e villania
e ispesso usar bugia,
e ciascun priva d’onorato istallo;
e, in piccolo intervallo,
mancando roba, par chè manchi senno:
s’avesse rotto Brenno
o qual vuol sia che povertà lo giunga,
tosto ciascun fa punga
di non voler chè incontro gli si faccia,
che pur pensando già si turba in faccia.
 
Di quella povertà ch' eletta pare
si può veder per chiara esperienza,
che sanza usar fallenza
s’osserva o no, si come si conta.
E l’osservanza non è da lodare,
perchè né discrezion né coioscenza
o alcuna valenza
di costumi o di vertudi le s’afronta.
Certo parmi grand’ onta
chiamar vertute quel che spegne il bene;
e molto mal s’avviene
cosa bestial preporre alle vertute
la qua’ dona salute
ed ogni savio intendimento accetta;
e chi più vale, in ciò più si diletta.
 
Tu potresti qui fare un argomento:
- Il Signor nostro molto la commenda. -
Guarda che ben l’intenda;
chè sue parole son molto profonde,
e talor hanno dopio intendimento.
E' vuol che 'l salutifero si prenda;
però ‘l tuo viso sbenda
e guarda ‘l ver, che dentro vi s’asconde.
Tu vedrai che risponde
la sua parola alla sua santa vita,
ch'è podesta compita
di sovvenir altrui a tempo e loco;
che però ‘l Suo aver poco
si fu per noi scampar dall' avaritia
e non per darci via d’usar malitia.

Noi veggiam pur col senso molto spesso,
chi più tal vita loda manca in pace
e sempre studia e face
come da essa si possa partire;
se onori o grande istato gli è concesso,
forte l’afferra, qual lupo rapace:
e ben si contrafface,
pur che possa suo voler compire;
e sassi si coprire
che ’l pigior lupo par migliore agnello,
sotto il falso mantello:
onde per tale ingegno è guasto ‘l mondo,
se tosto non va a fondo
l' ipocrisia che non lascia parte
avere nel mondo senza aver sua arte.
 
Canzon, va': e se trovi de’ giurgiuffi,
mostrati lor, sì che tu li converti;
se pur stesson erti,
sie ghagliarda, che tosto li attuffi.

attribuita a Giotto di Bondone
pittore fiorentino, sec. xiv.

Tratta da: "Lirica italiana antica, novissima scelta di rime dei secoli decimoterzo, decimoquarto, e decimoquinto; illustrate con melodie del tempo e con note dichiarative", di Eugenia Levi (1876-?), Firenze, Bemporad 1908, pagina 191

 
 
 
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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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