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Il Grasso legniajuolo 2

Post n°1895 pubblicato il 06 Agosto 2015 da valerio.sampieri
 

Novella del Grasso legniajuolo
di Anonimo (Antonio di Tuccio Manetti)
edizione Pomba, 1831

E stando in questi ragionamenti era quasi l'ora di vespro quando due frategli di questa Matteo vennero alla Mercatanzia, e domandarono il notaio della cassa, se quivi fosse un loro fratello preso, che ha nome Matteo, e per quanto, egli era preso, impercchegli eran suoi fategli, e volevan, pagare per lui, e trarlo di prigione. Il notaio della cassa, che, tutta la trama sapea, perchè era grande. amico di Tommaso Pecori, disse di sì; e faccendo vista di squadernare il libro, disse; e' ci è per tanti denari a petizion del tale. Bene, dissono, noi gli vogliamo un poco parlare, poi daremo modo di pagare per lui. ed andati alla prigione, dissono a uno, che era alla finestra della prigione: di' costà a Matteo, che sono qui de' suoi frategli, che vengon, per trarlo di prigione, che si faccia un poco qui. Costui fatta la 'mbasciata, il Grassovenne alla grata, e salutogli. A cui il maggiore di questi frategli cominciò a dire in questa forma: Matteo, tu saiquante volte noi t'abbiamo ammonito di questi tuoi modi cattivi, che tenuti hai; e sai che noi t'abbiamo detto: tu ti vai ogni dì indebitando ora con questo, ed ora con quello, e non paghi mai persona, perchè le cattive spese, che tu fai e del giuoco, e dell'altre cose, non ti lasciano mai accostare un soldo; ed ora ti trovi m prigione: e sai come noi siamo agiati a danari, e a potere ogni dì pagare per te, che hai consumate da un tempo in qua un tesoro per tue zacchere, il perchè noi t'avvisiamo, che? se non fosse per nostro onore, o per lo stimolo ci dà tua madre, noi ti lasceremmo marcire un pezzo, acciocché te t' avvezzassi. Ma per questa volta abbiamo determinato cavartene, e pagar per te, avvisandoti,» che se tu c'incappi mai più, tu ci starai più che tu non vorrai, e bastiti. E per non essere di dì veduti qui, noi verremo stasera in sull' Avemaria per te, quando ci sarà meno gente, acciocché ogni uomo non abbia a sapere le nostre miserie, e non abbiamo tanta vergogna pe' fatti tuoi. Il Grasso si voltò loro con buone parole, dicendo: che più certo egli non terrebbe più que' modi ch' egli avea tenuti per lo passato, e che si guarderebbe dalle zacchere, e di non recare più loro vergogna a casa, pregandogli per Dio, come fosse l'ora, che venissono per lui. Eglino promisero di farlo e partironsi da lui; ed egli si tirò addietro, e disse al giudice: ella ci è più bella, imperocché sono venuiti qui a me due frategli di Matteo, di quel Matteo, in di cui scambio io sono, » ed hannomi parlato in forma come s'io fossi Matteo, ed ammonitomi molto, e dicono che all'Avemaria verranno per me, e trarrannomi di qui, soggiugnendo: e come e' mi traggono di qui, dove andrò io? a casa mia non sarà da tornare» imperocché se v'è il Grasso, che dirò io, che io non sia tenuto pazzo? e parmi essere certo, che 'l Grasso v'è; che non vi essendo, mia madre m'avrebbe mandato caendo, là dove vedendoselo innanzi non s'avvede di questo errore. Il giudice con gran fatica teneva le risa, e aveva uno piacere inestimabile; e disse: non v'andare, ma vattene con questi, che dicono esser tuoi frategli, e vedi dove egli ti menano, e quello fanne di te.

E stando, in questi ragionamenti, e cominciandosi a far sera, i frategli giunsero, e fatto vista d'avere accordato il creditore e la cassa, ilnotaio si levò da sedere con le chiavi della prigione, ed andato là disse: qual è Matteo? Il Grasso fattosi innanzi, disse: eccomi, messere. Il notaio lo guatò; e disse; questi tuoi fratelli hanno pagato per te il tuo debito, e pertanto tu se' libero.  E aperto  l'uscio della prigione, disse: va' qua. E il Grasso uscito fuori, essendo già' molto benbuio, si avviò con costoro, i quali stavano di casa da santa Filicita; al cominciare del salire la costa di san Giorgio. E giunti a casa, sen'andarono con costui in una camera terrena, dicendogli: statti qui tantoché fia ora di cena; come non volendolo appresentare alla madre per non le dare malinconia. Ed essendo quivi al fuoco una tavoletta apparecchiata, l'uno di loro rimase al fuoco con lui, e l'altro sen'andò al prete di santa Filicita, ch'era loro parrocchiano, ed era una buona persona, e sì gli disse: messere, io vengo, a voi con fidanza, come  deve  andare l'uno vicino all'altro. Egli è vero, che noi siamo tre fratelli, tra quali ve n'è uno che ha nome Matteo, il quale ieri per certi suoi debbiti fu preso alla Mercatanzía, ed hassi data tanta malinconia di questa presura, che ci par presso che uscito de' gangheri e pare solamente na cosa che vagilli, e parendoci in tutte l'altre cose quel Matteo, ch' e' si suole, solamente in una manca, e questo è, ch'e' s'ha messo nel capo di esser diventato un altro uomo, che Matteo. Mai udisti la più fantastica cosa?E dice pure essere un certo Grasso legnaiuolo suo noto, perocché sta a  bottega dietro a sam Giovanni, e a casa lungo santa Maria del Fiore; e questo in niun modo trarre non gli possiamo del capo. Ilper che noi l'abbiamo tratto di prigione, e condottolo in casa, e messolo in una camera, acciocché fuori non sieno intese queste sue pazzie; che sapete, che chi una volta comincia a dare di questi segui, poi tornando nel miglior sentimento del mondo, sempre è uccellato. E pertanto conchiudendo, noi vogliamo in carità pregarvi, che vi piaccia venire insino a casa e che voi gli parliate, ed ingegnatevi di trargli questa fantasia del capo, e resteremvene sempre obbligati. Il prete era servente persona: il perchè rispose, che molto volentieri; e che s'egli favellasse con lui, egli s'avvedrebbe tosto del fatto, e che gli direbbe tanto, e per modo, che forse gli trarrebbe questo fatto del capo.

Messosi con lui, n'andò alla casa, egiunto alla camera, ove era il Grasso, il prete entrò dentro, e vergendolo venire il Grasso che si sedeva con questi suoi pensieri, si levò ritto. A cui il prete disse: buoua sera, Matteo. Il Grasso rispose: buona sera e buon anno; che andate voi cercando? al quale il prete disse: io sono venuto per istarmi un poco teco. E postosi a sedere, disse al Grasso: siedi qui a lato a me, e dirotti quello che io voglio» Il Grasso per ubbidire gli si pose a sedere a lato, a cui il prete disse in questa forma; la cagione, perch'io sono venuto qui, Matteo, si è, ch'io ho sentito cosa, che assai mi dispiace, e questo è, che pare che in questi dì tu fossi preso alla Mercatanzia per tuoi debiti, e secondochè ho sentito, tu te ne hai data, e dai tanta maninconia, che tu se' stato in su lo 'mpazzare; e intra l' altre sciocchezze, che io odo, che tu hai fatte e fai, si è, che tu di', che non se' più Matteo, et per ogni modo vogli essere un altro, che si chiama il Grasso, ch' è legnaiuolo. Tu te' forte da riprendere. che per una piccola avversità tu t'abbi posto tanto dolore al cuore, che pare che tu ne sia uscito di te, e fati uccellare per questa tua pertinacia con poco onore. In vero, Matteo, io non vo' che tu facci più così, e voglio che per mio amore da quinci innanzi tu mi prometta di levarti da questa  fantasia, e attendere a far ifatti tuoi, come fanno le persone da bene, e gli altri uomini, e di questo farai gran piacere a questi tuoi frategli. Se questo si sapesse, che tu fossi uscito  di te, tornando poi nel miglior sentimento del mondo, sempre si diria, per cosa che tu facesti, che tu fusti fuor di te, e saresti come uom perduto. Sicchè conchiudendo, disponi di esser uomo e non bestia, e lascia andare questa frascherie. Che Grasso o non Grasso? fa a mio modo, che ti consiglio del bene tuo. E guardavalo  in  viso dolcemente. Il Grasso udito costui con quanto amore gli dicea questa fatto, e le accomodate parole ch'egli usava, non dubitando punto d'essere Matteo, im quello stante gli rispose, che era disposto a fare quel che potesse di quello che egli gli avea detto, perocchè conoscea, che di tutto gli dicea il bene suo, e promisegli da quel punto innanzi fare ogni forza, che mai più non si darebbe e credere d'essere altri che Matteo, come egli era; ma che da lui voleva una grazia, se possibil fosse, e questa era, che egli vorrebbe parlare con questo Grasso e discredersi. A ciò il prete disse: tutto cotesto è contrario a' fatti tuoi, ed ancora veggo, che tu hai cotesto nel capo Perchè ti bisogna parlare col Grasso? che hai tua fare con lui? che quanto più ne parli, e a quante più persone tu discoprirai questo fatto, tanto è peggio, e tanto più contro a te. E tanto intorno a ciò gli disse, che egli lo fe' rimanere contento di non parlargli. E partitosi da lui, disse a' frategli ciò che egli avea fatto, e detto e quello che egli avea promesso; e prese commiato da loro alla Chiesa si tornò.

Nella stanza, che il prete avea fatta con lui, v'era venuto secretameuto Filippo di ser Brunellesco, e colle maggiori risa del mondo discosto dalla camera si fece ragguagliare di tutto da uno di quei fratelli e dello uscire della prigione, e di quello ch'egli avevano ragionato per la via e dipoi; ed avendo recato in una gnastaduzza un beveraggio, disse all'uno di questi due frategli: Fate che mentre che voi cenate, voi gli diate bere questo o in vino, o in che modo vi pare, che non se n'avvegga. Questo è uno oppio, che il farà sì forte dormire, che mazzicandolo tutto, non sentirebbe per parecchi ore, ed io verrò poi colà dalle cinque ore, e faremo il resto.

I frategli tornati in camera si posero a cena con lui insieme, ed era già passato tre ore, e così cenando  gli diedero  il beveraggio per modo che 'l Grasso per verun modo non potea tenere gli occhi aperti per lo gran sonno, che gli era venuto. A cui costoro dissero: Matteo, e' pare, che tu caschi di sonno. Tu dovestipoco dormire stanotte passata. E appuosonsi. A cui il Grasso rispose: io ti prometto, che poich'io nacqui, mai sì gran sonno non abbi, che se io fossi stato un mese sanza dormire, basterebbe; e pertanto, io me ne voglio andare a letto. E cominciatosi a spogliare, appena potè resistere discalzarsi, e d'andarsi al letto, che fu addormentato fortemente» e russava com'un porco»

All'ora diputata tornò Filippo di ser Brunellesco con sei compagni, ed entrò nella camera dove egli era, e sentendolo forte dormiire, lo presono, e misonlo in una zana con tutti i suoi panni e portaronlo a casa sua, ove non era persona (che per avventura la madre non era ancora tornata di villa) e portarono fino al letto, e misonvelo dentro, e puosono i. panni suoi dove egli era usato di porgli; ma lui che soleva dormire da capo, lo puosono dappiè. E fatto questo, tolsono le chiavi della bottega, le quali erano appiccate ad uno arpione della camera, ed andaronsene alla bottega, ed apertala, entrarono dentro, e  tutti i suoi ferramenti, che v'eran da lavorare, tramutaron del luogo ove erane ad un altro; e tutti i ferri delle pialle trassero de' ceppi, e misero il taglio di sopra, ed il grosso di sotto, e così fecero a tutti i martelli, ed all'asce, e simile tutta la bottega travolsero per modo, che pareva che vi fussono stati i dimonj; e riserrata la bottega, e riportate le chiavi inCamera del Grasso, e l'uscio riserrato, se n'andarono ciascuno a dormire a casa sua. Il Grasso alloppiato del beveraggio dormì fatta quella notte senza mai risentirsi. Ma la mattina in su l'Avemaria di santa Maria del Fiore, avendo fatto il beveraggio tutta l'opera sua, destatosi, essendo già dì, ed arendo riconosciuta la campana, ed aperti gli occhi, e veggendo alcuno spiraglio per la camera, riconobbe se essere a casa sua, e ricordatosi di tutte le cose passate, cominciò ad avere gran maraviglia, e ricordandosi dove la sera si era coricato, e dove si trovava allora, entrò subito in una fantasia d'ambiguità s'egli aveva sognato quello, o se sognava al presente, e parevagli certo vero quando l'una cosa, e quando l'altra; e dopo alcun sospiro corale disse: Iddio m'aiuti. Ed uscito del letto, e vestitosi, tolse le chiavi della bottega, e là andatosene ed apertala, vide tutta la bottega ravvilupppata, e i ferri tutti disordinati, e fuori del luogo loro, di che ancor non ebbe piccola ammirazione: pare vegnendoli rassettando, e mettendoli dove stare soleano, in quello giunsero due fratelli di Matteo; e trovandolo così impacciato, faccendo vista di non conoscerlo, disse l'uno di loro: buon dì, maestro. Il Grasso rivoltosi a loro, e riconosciutili, si cambiò un poco nel viso,e disse: buon dì, e buon anno, che andate voi cercando? Disse l'un di loro: dirottelo. Egli è vero, che noi abbiamo tra noi un nostro fratello, che ha nome Matteo, al quale da parecchi dì in qua per una presura gli fu fatta, per maninconia si è unpoco volto il cervello, e fra l'altre cose chedice, si è, che e' dice non essere più Matteo, ma essere il maestro di questa bottega eche par che abbia nome el Grasso; di che avendolo molto ammonito, e fattogliele dire pure iersera al prete del nostro popolo, che èuna buona persona, a lui aveva promesso di levarsi questa fantasìa della testa, e cenò della miglior voglia del mondo, ed andossi a dormire innostra presenza. Dipoi stamane, che persona nol sentì, s'uscì di casa, e dove si sia ito non sappiamo; e pertanto noi eravamo venuti qui per vedere se ci era capitato, o se tu ce ne sapessi dir nulla. Il Grasso smemorava mentre costui diceva quelle parole; e rivoltosi loro disse: io non so ciò che voi vi dite, e non so che frasche queste sono. Matteo non è venuto qua, e se disse d'esser me fe' grande villania, e per lo corpo di me, che se io m'abbocco con lui, io mi debbo sbizzarrire, e sapere s'io son lui, o egli è me. Oh che diavolo è questo da due dì in qua! E detto questo, tutto pien d'ira prese il mantello, e tirato a se l'uscio della bottega, e lasciati costoro, se n' andò verso santa María del Fiore forte minacciando. Costoro si partirono, ed il Grasso entrato in chiesa, andava di giù in su per la chiesa, che pareva un leone, tanto arrabbiato era in su questo fatto. E così stando, quivi giunse uno, che stato era suo compagno, ed erano stati insieme con maestro Pellegrino delle tarsíe, che stava in Terma, il quale giovane di più anni s'era partito, e ito in Ungheria, e là aveva fatto molto bene i fatti suoi pel mezzo di Filippo Scolari, cbe si diceva lo Spano nostro cittadino, ch'era allora Capitano generale dello esercito di Gismondo figliuolo di Carlo Re di Buemmia; e questo Spano dava ricapito a tutti i Fiorentini, ch'avessono virtù nessuna o intellettuale o manuale, come quello ch'era un signor molto da bene, ed amava la nazione oltremodo, com' ella doveva amane lui, e fece a molti del bene. In quello tempo era venuto questo tale a Firenze per sapere se poteva conducere di là niuno maestro dell'arte sua, per molti lavorii, ch'egli avea tolti a fare, e più volte n'aveva ragionato col Grasso, pregandolo ch'egli vi andasse, e mostrandogli che in pochi anni e' si farebbono ricchi; il quale come il Grasso vide verso se venire, deliberò d'andarsene con esso lui. E fattoglisi incontro gli disse: Tu m'hai molte volte ragionato, se io me ne voglio venire teco in Ungheria, ed io sempre t'ho detto di no; ora per un caso che m'è intervenuto, e per differenze che io ho con mia madre, dilibero di venire in caso tu voglia. Ma se tu hai il capo a ciò, io voglio esser mosso domattina, imperocché, se io soprastessi, la venuta mia sarebbe impedita. Il giovane gli disse: che questo era molto caro, ma che così l'altra mattina non poteva andare per sue faccende, ma che egli andasse quando valesse, e aspettasselo a Bologna, che in pochi dì vi sarebbe. Il Grasso fu contento, e rimasi d'accordo, il Grasso si tornò a bottega, e tolse molti suoi ferri, e sue bazzicature per portare, ed alcuno danaio, che aveva.  E fatto questo, sen'andò in Borgo san Lorenzo e tolse un ronzino a rimettere a Bologna, e la mattina vegnente vi montò su bene, e prese il cammino verso quella, e lasciò una lettera, che s'addirizzava alla madre, la quale diceva, ch'ella s'obrjgassi per la dota con chi era rimaso inbottega, e come egli se n'andava in Ungheria. In questo modo si partì il Grasso da Firenze, ed aspettato il compagno a Bologna, se n'andarono in Ungheria, là dove sì ben fecero, che in pochi anni diventarono ricchi, secondo le loro condizioni, per favore del detto Spano, che lofece maestro ingegneri, e chiamavasi maestro Manetto da Firenze e venendo poi il Grasso più volte a Firenze, e da Filippo di ser Brunellesco essendo domandata della sua partita, ordinatamente gli disse questa, novella, e perchè  partito s'era di Firenze.

Edizione di riferimento
Novelle scelte dei più celebri autori italiani rischiarite con note, ad uso della gioventù, tomo primo, Vedova Pomba e figli, Torino, 1831.

Fonte: Biblioteca dei Classici Italiani di Giuseppe Bonghi da Lucera

 
 
 
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