Un blog creato da deepblue52 il 26/10/2009

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LEGNO BAGNATO

         Sono in crisi d'astinenza, come un tossicomane, ho ormai sempre più bisogno di tornare a sentire l'aspro tocco del legno bagnato di sudore, di una barra di timone, nella mano.

          L'emozione di una giornata di sole invernale in mezzo al mare, come  uno stato di grazia. Un regalo inatteso.

          Manipolo le foto delle crociere passate, per provare una sensazione di piacere, che svanisce, effimera, troppo rapidamente. Voglio di nuovo una barca, ormai mi è insopportabile questa deprivazione.

          Voglio sentirla sotto i miei piedi, voglio toccarla, riempirmene gli occhi, voglio lavorarla, voglio sentirla soffrire con me sotto le raffiche. Voglio usarla e viverla.

          Davanti alle immagini statiche dei reportages dei viaggi già fatti, incomincio a sentire il bisogno sempre più forte di mollare gli ormeggi. Voglio nelle mie narici l'odore del legno bagnato di mare. La calma serena, di una notte in rada, lontano dal turbine travolgente di questo mio ultimo anno sconvolto da shock emotivi, da passioni travolgenti e violente nei miei confronti. Ho esaurito il periodo della quaresima, è finito il mio ramadan, che avevo previsto, forse cercato, quando scrivevo che non avrei passato un'estate dalle notti cullate da uno scafo. Cosciente dell'imminente naufragio della mia "Sherpa" esistenziale.

          Ma un'araba fenice, sta risorgendo dentro di me. Adesso incomincio con forza crescente, quasi ossessiva, a vedermi percorrere le rotte delle isole, verdi o sassose, dai profumi più intensi.

          Mi sogno in viaggio a sud, non solo quello della bussola, ma quello mitico della speranza di riappropriarsi di se.

          Adesso ho una croce di stelle che mi aiuta nella rotta verso il piacevole calore del sole, a sud. E' finita la fredda notte dell'indifferenza, del gelo, della stella polare.

          Voglio una barca magari di legno, per sentirne l'odore di bagnato. Quello stesso bagnato che ti fa rabbrividire quando è freddo come una nebbia londinese, ma che ti fa esaltare, quando è caldo come l'umore di una donna che gode con te.

          Avrei voglia di partire ora, subito, di mollare tutto. La mia scrivania si sta facendo più odiosa ogni momento. Vorrei vederla ingombra di tavole da carteggio, su cui inseguire le ruvide Kornati o l'ignota Itaca, la verde Mljet o la piccola Paxos. Voglio confondere lingue latine greche e slave di giorno, le nostre di notte. Voglio sentire vibrare le sartie col vento e la tua pelle con le mie carezze. Voglio bagnarmi di mare, di te, di immenso piacere.

 

 

 
 
 
 
 
 
 

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la rosa dei venti (versione dimagrita)

Post n°8 pubblicato il 28 Ottobre 2009 da deepblue52

Come sempre quando sono nel pieno della tempesta, della crisi, penso a come ci sono arrivato. Non voglio iniziare dall’inizio, salto i preliminari, insomma niente Adamo ed Eva. Tutto era iniziato da una complicità istintiva, immediata. Già dalla prima volta che l’ho vista con la gamba ingessata, dovevamo badare a coprire la sua assenza dal lavoro, e poi dovevamo rivederci presto per scambiarci di nuovo quegli sguardi d’intesa, perché lei mi era proprio piaciuta. Così la complicità è stata il filo conduttore di un innamoramento. Quest’atteggiamento mi affascinava, m’irretiva sempre di più, fino a farmi avere comportamenti mai immaginati nelle mie vite precedenti. Sulla complicità si basavano i racconti, sulle nostre vite, prima della “nostra”. Mi sentivo complice quando mi raccontava del pilota di linea greco, conosciuto a Santorini, con cui aveva scopato già la prima sera, o del cuoco austriaco, che invece aveva dovuto aspettare sei mesi. Mi raccontava della sua vita spericolata, fatta di eccessi alla Charles Bukowski. Mi piaceva essere travolto da questo ciclone di emotività, che sconvolgeva la mia precedente esistenza di potenziale ribelle, sempre troppo ben comportato. Lei aveva viaggiato molto di più di quanto io allora, mi fossi mai permesso. Ora potevo iniziare un mio viaggio verso terre straniere alle mie, medio borghesi abitudini. Purtroppo in tutto ciò, c’era già la crisi che oggi è cresciuta come una sequoia, da quei semini, più piccoli di quelli del sesamo. Paradossalmente non sono state le differenze di allora a separarci oggi, ma proprio la loro scomparsa, la mancanza di cose da dirsi, niente più sorpresa né tanto meno emozione, questo ci ha uccisi. Di cosa dovremmo essere complici oggi? Difficile trovare intrigo nel mutuo e nelle bollette. Il patetico medio borghese che ero, definisce “grigia pantofolaia” la tramontana, che aveva arruffato la mia vita. Sono lontani anni luce, i momenti di pathos che mi avevano fatto scrivere di una notte in barca come lo spartiacque che divideva la mia vita in un “prima” e in un “adesso”. Quell’emozione si è nebulizzata come un’onda di maestrale, sullo scoglio dell’inganno e del tradimento, che già mi aveva visto inconsapevole, protagonista ovviamente, non invitato.  Basta. Meglio solo che invischiato in questo squallore. Possibile che mi rapporti con lei, ormai, in modo solo negativo? Possibile. Il vento che si percepisce oggi non è più la bora di cui scrivevo una vita fa, che sconvolgeva la mia testa, oggi sulla mia rosa dei venti c’è l’appiccicoso scirocco, e speriamo che non piova, che se no, è sabbia. Una patina rossastra, scivolosa che appiattisce tutto, e tutto scompare, come durante quella tempesta desertica che a Luxor, ci costò un giorno d’inedia sul Nilo. Adesso, forse per crederci ancora vivi, ci rimproveriamo tutto anzi, nemmeno questo. Ci detestiamo, e recriminiamo in genere, a priori, in silenzio o peggio, con terzi. Per convincerci sempre più di quanto l’altro sia stronzo. Che le nostre porcate, siano almeno giustificate e legittimate dall’altrui comportamento di merda. Ci spiamo in cagnesco, con la malcelata speranza di trovare conferme e prove per il verdetto, già emesso, di colpevolezza aggravata, dell’altro, che così può essere, senza appello fustigato e crocefisso, con nostro gran sollazzo. Barabba, grida la nostra folla interiore, inferocita. Meglio un assassino, un puttaniere, una squallida, acida depressa, che quello che avevamo creduto il nostro Amore.

 
 
 
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