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« LA POSTA AL TOPOLEGGE ISLAMICA »

L UOMO E LA MACCHINA

Post n°229 pubblicato il 10 Settembre 2014 da rosarioforino

L’UOMO E LA MACCHINA

La liberazione dell’uomo dalla fatica passa attraverso le macchine.Una delle conseguenze più sotto-valutate di una meccanizzazione esasperata della vita è la noia,ma prima che ci si arrivi altri problemi si presentano,e uno di questi è la delega assoluta di certi compiti alle macchine,che ci vede del tutto impreparati a fronteggiare l’emergenza più comune:un guasto.Come sostituire una macchina per il tempo della sua riparazione se nessuno sa più fare il mestiere che detta macchina è nata per svolgere al posto dell’uomo?Occorre pertanto che alla macchina sia affiancato sempre un uomo in grado di sostituirla,e quindi si rende necessario che mai venga abolita la scuola dei mestieri e l’apprendistato.

La macchina deve venirci in aiuto quando c’è necessità di una maggior produzione in tempi brevi,ma quando non c’è nessuna fretta,e la produzione industriale è finalizzata al solo fatturato,la macchina può essere messa ugualmente da parte per ritrovare il gusto di fare un lavoro con le proprie mani.

A questo punto entra in ballo l’importante distinzione tra sviluppo e progresso fatta a suo tempo da Pasolini:il progresso prevede la produzione di beni utili,mentre lo sviluppo la produzione di beni di consumo.

Supponendo per un istante che-per assurdo-i governi di tutto il mondo decidessero di affidare l’agri-coltura alle macchine e sfamare gratis i popoli livellando i ceti,sono sicuro che il progresso culturale e spirituale del singolo cittadino sarebbe ugualmente lento,tranne per una bassa percentuale genetica-mente di "un’altra pasta".Il grosso della popolazione si dividerebbe tra viziati in cerca di sballi sempre più intensi,e annoiati disposti persino a sporcarsi le mani pur di uscire dall’apatia.

Ma forse a quel punto se Dio vedesse che siamo già disposti a mettere tutto in comune affinché nessu-no salti più i pasti renderebbe inutili le macchine,facendo germogliare spontaneamente dal suolo il cibo per tutti.Nel Vangelo si dice proprio qualcosa del genere,ed io ci credo.Ma torniamo alle mac-chine:anche i mezzi di trasporto,che meglio di ogni altra macchina hanno messo fretta all’uomo an-ziché regalargli più tempo,possono e devono poter essere accantonati a favore di una passeggiata a piedi,o in bicicletta,quando non c’è premura di arrivare da qualche parte.

A quel punto si riscoprirà anche il senso del viaggio,che non è solo il giungere ad una data meta nel minor tempo possibile,ma vedere la destinazione solo come l’ultima tappa di un itinerario fatto di sta-zioni non meno gradevoli,e quindi gustate fino a saziare l’occhio anziché sedurlo senza mai soddi-sfarlo,come i fotogrammi da un finestrino di treno od oblò d’aereo.Forse se riusciremo ad obbligare la macchina a vivere a misura d’uomo,anche l’uomo ci riuscirà.

 

Il progresso,scientifico e tecnologico,è inevitabile,ed è ciò che distingue l’uomo dagli altri animali. L’uomo è ciò che fa,e in base a ciò che produce fa pure la Storia.Quindi gli è connaturale inventare, spinto dalla curiosità,dal bisogno,o da un ideale.Coloro i quali eccellono in qualcosa,i"talenti",sono in percentuale pochi.Molti di più sono quelli in grado di capitalizzare i talenti.Isomma,per usare una metafora musicale (che mi è più congeniale)ci sono più manager e impresari che cantanti e musicisti.E questo vale in tutti gli ambiti,non ultimo quello sportivo.La figura del"manager",o dell’"imprendito-re",per tornare a un gergo più vicino all’economia,non persegue un fine di benessere collettivo,ma egoistico.Non esiste infatti ricco senza povero,e se la macchina nelle mani dello stato producesse beni in dosi eque per tutti,nessuno escluso,non ci sarebbe più quel gap che a tutt’oggi crea disparità.

E’significativo che la meccanizzazione sempre più massiccia del mondo non abbia affatto liberato l’uomo dalla fatica del lavoro,ma abbia solo creato nuovi disoccupati.Forse siamo in una fase inter-media della Storia,e ci si arriverà.Oppure le disparità sociali sono mantenute con un piano concertato a tavolino ad opera di pochi uomini ai vertici occulti del potere,come molte teorie cospirazioniste sostengono;ma in base alla mia conoscenza della natura umana,penso semplicemente che ci siano pochi talenti,troppi manager e tanti consumatori,attratti più dal bene di lusso che da quello di prima necessità.Non si vive di solo pane,è vero,ma non dev’essere l’acquisto dell’ultimo modello di cellu-lare a distinguerci dalla bestia.Pasolini,a quanti gli contestavano di fare film e scrivere libri per guadagnare, faceva notare che lui produceva poesia:un bene"inconsumabile",a differenza di un paio di scarpe.

Per creare i politici illuminati del futuro occorre l’opera congiunta degli insegnamenti cristiani e della cultura.Io la vedo così.Artisti eccelsi e l’esempio di Cristo,più che la dottrina ecclesiale.Uomini di buona volontà che operino in sinergia allo scopo di educare le nuove leve.La rivoluzione,per sortire effetti duraturi,non solo deve essere lenta e pacifica,ma deve anche partire dal basso.E’sempre fallita perché chi la faceva aveva fretta di vederne i risultati prima di morire;la fretta genera la violenza,e ciò che viene imposto con la forza indispone anche se è giusto.

Servono buoni maestri,e per maestri io intendo non quelli che insegnano ciò che sanno ma quelli che trasmettono amore per il sapere,in modo che ognuno diventi autodidatta e impari a ragionare con la propria testa.Molti infatti vivono esistenze brute perché cresciuti senza stimoli che gli facessero sco-prire una passione,che da sola vale già metà conoscenza.

 

 
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