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« Una sonda sul SoleAlda Merini »

Spazzatura spaziale

Post n°151 pubblicato il 14 Agosto 2018 da robertocass
 
Foto di robertocass

 

 

 

 

Lo Sputnik 1 fu il primo satellite artificiale mandato in orbita intorno alla Terra, venne lanciato dalla Russia il 4 ottobre 1957.

Da allora abbiamo lanciato di tutto, ma dove sono finiti tutti questi oggetti?

Dove sono tutti questi satelliti che da 61 anni lanciamo nello spazio?

Dove finisce questa spazzatura spaziale?

Li chiamano "space debris" (detriti spaziali) e sono satelliti, sonde, rottami di veicoli, ma anche oggetti più o meno volontariamente lasciati da astronauti di varie missioni: macchine fotografiche, guanti, spazzolini da denti, attrezzi, fino a giungere ai sacchi d’immondizia prodotti dagli occupanti della stazione orbitante MIR in quindici anni di attività.

Le stime parlano di decine di migliaia di oggetti d’origine umana, di varie dimensioni e nazionalità, che orbitano attorno alla Terra in zone diverse e a una velocità non inferiore ai 28.000 Km l’ora.

Questo significa che lassù anche l’impatto con un bullone o una semplice scaglia di vernice può divenire pericoloso.

Ne sanno qualcosa, ad esempio, i sei astronauti che nel marzo scorso si trovavano sulla Stazione Spaziale Internazionale e che dovettero trasferirsi in fretta e furia nelle capsule di salvataggio.

C’era il pericolo, infatti, di entrare in collisione con i detriti di un missile russo, avvistati troppo tardi per tentare manovre elusive.

Oltre alla velocità con cui viaggiano, desta preoccupazione il numero degli oggetti potenzialmente pericolosi che l’uomo ha abbandonato nello spazio.

Secondo dati diffusi dalla NASA, si conoscerebbe l’esistenza di circa 22.000 pezzi orbitanti di dimensioni rilevabili dagli strumenti.

Questo movimento è seguito costantemente da radar e telescopi del Norad, il comando americano per la difesa aerospaziale, e dell’ESA, l’agenzia spaziale europea.

Di ogni rifiuto spaziale conosciuto è stata calcolata l’orbita.

Il problema più grande è rappresentato dalle centinaia di migliaia di pezzi così piccoli da non poter essere individuati, veri e propri proiettili vaganti.

Non basta: in dieci anni i rifiuti spaziali sono raddoppiati e si prevede che nel prossimo decennio saranno mandati in orbita almeno altri 1.150 nuovi satelliti.

Diventa di vitale importanza, quindi, cercare di mantenere "pulito" lo spazio.

Lo IADC (Inter-Agency Space Debris Coordination Committee), apposito comitato che riunisce le agenzie spaziali internazionali, ha stilato una serie di norme condivise che hanno lo scopo di tenere il più possibile controllato il problema.

Anche l’Unione Europea punta sullo spazio per assumere un ruolo leader a livello internazionale e dare opportunità di sviluppo a vari settori.

Per questo da tempo persegue da tempo la creazione di sistemi internazionali di sorveglianza e monitoraggio spaziale, capaci di garantire elevati livelli di sicurezza, anche rispetto ai rischi di collisione di satelliti tra loro o con rifiuti orbitanti.

Non mancano le proposte concrete per cercare di ripulire lo spazio.

Una di queste viene dall’Italia, precisamente dalla Seconda Facoltà di Ingegneria dell’Università di Bologna, che ha sede a Forlì.

Qui alcuni studenti hanno messo a punto un sistema per "frenare" la corsa dei rifiuti orbitanti.

Si tratta di una schiuma capace di espandersi e solidificarsi nello spazio dopo averli catturati.

In questo modo essi possono essere allontanati dall’orbita della terra o essere "dirottati" verso la sua atmosfera, che provvede a incenerirli.

L’ESA (Agenzia Spaziale Europea) ha deciso di trasformare l’idea in un esperimento, che è stato chiamato "Redemption" (REmoval of DEbris using Material with Phase Transition – IONospherical tests).

Nel marzo scorso, in Svezia, si è svolto un primo test che sarà ripetuto.

La Svizzera, invece, vuole lanciare in orbita il primo prototipo che avrà il compito di ripulire lo spazio dai detriti di origine umana.

E’ un satellite-spazzino, capace di catturare i rottami al volo e spedirli verso l’atmosfera terrestre.

Una sorta di Wall-E orbitante, certamente meno romantico del personaggio disneyano, ma dotato della proverbiale precisione elvetica, dote fondamentale per afferrare oggetti che viaggiano a oltre 7 Km al secondo.

Questo per quanto riguarda lo Spazio, e la Luna?

L'umanità ha abbandonato sulla superficie lunare circa 170.000kg (170 tonnellate) di oggetti vari la maggior parte dei quali non sono più utili e possono essere considerati spazzatura spaziale o lunare.

Oltre a bandiere, stendardi e altro ci sono gli oggetti personali lasciati dagli astronauti come ad esempio la palla da golf diAlan Shepard abbandonata durante la missione Apollo 14 o la statuetta denominata Fallen Astronaut (Astronauta Caduto) lasciata sul suolo lunare dell'equipaggio dell'Apollo 15 per ricordare gli astronauti di tutte le nazioni morti durante la corsa allo spazio.

Il Fallen Astronaut al momento attuale è l'unico manufatto artistico su un suolo diverso da quello della Terra.

Sono stati portati sulla Terra invece 382 kg di rocce lunari prelevati durante le missioni del programma Apollo e Luna.

Tra gli oggetti artificiali che sono ancora utilizzati per scopi scientifici vi sono i riflettori usati negli esperimenti di Lunar Laser Ranging che furono installati dagli astronauti delle missioni Apollo 11, 14 e 15.

Questi riflettori, che non necessitano di nessuna alimentazione, sono stati utilizzati per condurre esperimenti sulla gravità e oggi dopo 48 anni funzionano ancora perfettamente.

Nessuno degli oggetti artificiali rimasti sulla Luna è direttamente osservabile dalla Terra, questo perché anche i migliori telescopi compreso l'Hubble possono risolvere oggetti sulla superficie lunare aventi dimensioni minime di 60 metri.

Gli oggetti più grandi abbandonati sono i moduli di discesa del Lem che hanno un diametro di circa 10 metri.

Insomma siamo riusciti a sporcare non solo la Terra ma anche lo Spazio e i costi per la bonifica di entrambi sono e saranno costosissimi ed è un problema che riguarda tutti.

E in entrambi i casi la soluzione sta diventando urgente.

 

 
 
 
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