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Il Buco Nero

Post n°159 pubblicato il 20 Aprile 2019 da robertocass
 
Foto di robertocass

Il 10 aprile 2019 è stata mostrata da numerose conferenze in tutto il mondo la
prima foto di un buco nero.
Una prima assoluta, che segna un successo scientifico non da poco, una prova
diretta e visiva dell’esistenza di questi oggetti, teorizzati ben più di un secolo fa
da Albert Einstein.
La realizzazione di questa foto può aprire nuovi scenari di studio nell’ambito
dell’astronomia e in ultimo per capire meglio com’è fatto l’universo.
L’ultimo tassello di una storia di successi (anche mediatici) nell’ambito della fisica, che
si vanno accumulando negli ultimi anni.
E non bisogna dimenticare che è un successo in parte anche italiano: all’impresa hanno preso parte ricercatori di varie istituzioni nazionali, fra cui l’Istituto Nazionale di Astrofisica, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e l’Università degli Studi di Napoli Federico I.
Ciò che è stato ripreso, attraverso vari telescopi della rete Eht ed elaborazioni
complesse dei dati raccolti, è l’ombra del buco nero supermassiccio M87, al
centro della galassia Messier 87.
Vedere la sua ombra è il risultato che in assoluto si avvicina di più ad avere
una foto del buco nero stesso.
L’ombra del buco nero è definita in gergo tecnico come orizzonte degli eventi,
una sorta di superficie immaginaria, che circonda ogni buco nero, il cui
orizzonte delimita appunto una regione in cui la gravità è elevatissima e niente,
né la materia né la luce, riescono a evadere da questo spazio.
“L’orizzonte degli eventi è la caratteristica fondamentale che definisce il buco
nero”, spiega l’astrofisico Ciriaco Goddi, segretario del consiglio
scientifico del consorzio Eht, “e non era mai stato osservato fino ad oggi”.
I buchi neri sono la predizione più estrema di Einstein, dato che si tratta di
regioni dello spazio-tempo in cui la curvatura è talmente grande da non lasciar
sfuggire nulla.
“Per questo– aggiunge Goddi –osservarli e conoscere meglio la loro struttura
estrema è essenziale anche per comprendere se le teorie fisiche formulate fino
a oggi sono verificate”.
E gli scienziati hanno visualizzato proprio quello che si attendevano.
Quello che si aspettavano è che, attraverso le particolari tecniche utilizzate, la
materia attratta all’interno del buco nero, incandescente, emettesse luce in
parte osservabile con i radiotelescopi.
Oggi, i dettagli dell’immagine sono perfettamente in accordo con la teoria della
relatività generale di Einstein e confermano ancora una volta che il grande
fisico aveva ragione.
E i ricercatori mostrano che lo spazio-tempo si comporta esattamente così, una
conferma non da poco per la comprensione di come si comporta l’Universo.
Ora gli scienziati stanno raccogliendo dati per arrivare a fotografare anche
Sagittarius A, il buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea, che
aiuterebbe a capire meglio in che modo si comporta la nostra galassia.
“Probabilmente– aggiunge Goddi –come ci auguriamo, fra un anno avremo
anche quest’immagine”.
Ma anche la strumentazione ha giocato la sua parte in questo esperimento.
La sensibilità e la risoluzione erano senza precedenti.
L’Event Horizon Telescope (letteralmente telescopio dell’orizzonte degli eventi)
collega otto telescopi dislocati in diverse parti del pianeta dando vita a un
telescopio virtuale di dimensioni pari a quelle della Terra.
Questo sistema, reso possibile dalla tecnica Vlbi (Very-long-baseline
interferometry) offre agli scienziati un nuovo modo di studiare gli oggetti più
estremi dell’universo, come i buchi neri supermassicci.
Ma grazie agli avanzamenti di questa tecnica, anche altri oggetti celesti
invisibili e difficili da rintracciare potrebbero essere studiati meglio come le
radiosorgenti, ovvero sorgenti di onde radio, resti di supernove e nuclei
galattici attivi.
Insomma, i risultati di oggi spingeranno sempre più avanti la ricerca in ambito
tecnologico.
(Immagini e testo ripresi dalla Rete)

 
 
 
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