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Angelo Ribelle

La Via Che Conduce All'Inferno E' Lastricata Di Buone Intenzioni? Piacere, Io Sono Il Pavimentatore...

 

 

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Nebbia

Post n°202 pubblicato il 21 Febbraio 2012 da Solo_Vita

Questa città indossa la nebbia con la stessa eleganza con cui una giovane donna innamorata veste un abito di seta per il suo uomo.
Il tessuto si accosta perfetto alla pelle liscia, candida, levigata.

I viali costeggiati da alberi spogli si fanno umidi come occhi pizzicati da emozioni forti, mentre ogni lampione pare avvolto nella luce che esso stesso produce, neppure fosse un bastone di zucchero filato.

I rumori sono ovattati, le parole attutite e smorzate come quelle che si trovano sulla punta delle lingue degli amanti.

Ogni figura è sfuocata sino a pochi metri di distanza. Prima di questo momento solo fantasia, è un giocare a capire chi arriverà di fronte: un uomo anziano, una donna bellissima, un bambino.

E' lecito sognare quando si è immersi nell'umida placenta del mondo, annegato in quei miliardi di goccioline d'acqua che celano senza modificare la sostanza delle cose.

Intanto l'esistenza procede, tra un colpo al cerchio ed uno alla botte, col vento debole che sembra impossibile riesca a sospingere la piccola navicella che solca le acque dell'esistere. Eppure va.

Lecito chiedersi se certe improvvise accelerazioni siano esclusiva dei copioni dei film, delle vite ritratte sulle riviste patinate, delle voci dal timbro caldo di certi speaker dei programmi radiofonici notturni.
Difficile trovare qualcosa di magico nel rientrare in un monolocale freddo e silenzioso dopo una giornata trascorsa cedendo le migliori energie ad un lavoro arido che succhia vita con la cinica chimica di un processo osmotico, utopico sperare di animare l'aria con parole che non siano le proprie, scoccate nel tentativo di un'estemporanea conversazione con un interlocutore immaginario, impossibile trovare romanticismo in un piatto di pasta olio e parmigiano e in una scatoletta di tonno al naturale.

Eppure può accadere di amare tutto questo.
Chiedere al Fato niente di meglio che una circolare tranquillità, fatta di giornate dal copione simile, di fine settimana attesi e mai sfruttati sino in fondo, di baci, di carezze, di qualche piccola soddisfazione e di un tranquillo alternarsi di giorni, mesi, stagioni.

Sembra incredibile, ma a volte si arriva a desiderare anche questo: ammainare le vele, non perchè ci si debba arrendere, ma semplicemente per godere di quello che si è raggiunto. O per crogiolarsi nella convinzione.
E' questo forse il punto più difficile da stabilire per un giocatore, specie quando vince: capire quando lasciare la mano, allontanarsi dal tavolo, monetizzare quel gruzzolo faticosamente accumulato.
C'è sempre la tentazione di un altro giro, un'altra sfida alla Sorte che sembra tanto benevola coi giocatori, salvo poi farti rimanere in mutande a maledire il cielo un istante dopo rispetto a quando avevi maturato una consapevolezza -ce l'avevo fatta, dovevo fermarmi-

E allora mentre cerchi la pace nelle note distese e ritmate di Einaudi non resta che meditare sul senso della vita che sembra raggiungerti con una portata variabile come quella del torrente Parma: ora giusto un filo di acqua, ora con un'ondata di piena. Le mezze misure non sono di questo mondo, troppo facile se avessi tutto il tempo per pensare e capire, fare la cosa giusta.

E' sempre una questione di istinto, della propria capacità di dare forma all'urlo che proviene dallo stomaco, di impastare vita e follia per costruire un domani che assomigli a quello che non avresti mai immaginato. Dare forma all'ignoto.

Il bello è sempre lì: nel tutto e nel suo contrario. E tu in mezzo, avvolto nella nebbia eppur felice di esserci, mentre ti guardi attorno alla ricerca del volto che stavi aspettando.

Buona fortuna.

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INFERNO, CANTO V, VV. 127-138

Noi leggiavamo un giorno per diletto

di Lanciallotto, come amor lo strinse:

soli eravamo e sanza alcun sospetto.

Per più fïate li occhi ci sospinse

quella lettura, e scolorocci il viso;

ma solo un punto fu quel che ci vinse.

Quando leggemmo il disiato riso

esser baciato da cotanto amante,

questi, che mai da me non fia diviso,

la bocca mi baciò tutto tremante.

Galeotto fu il libro e chi lo scrisse:

quel giorno più non vi leggemmo avante.

 

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