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Angelo Ribelle

La Via Che Conduce All'Inferno E' Lastricata Di Buone Intenzioni? Piacere, Io Sono Il Pavimentatore...

 

 

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Un Romantico A Milano

Post n°186 pubblicato il 12 Maggio 2010 da Solo_Vita
 

La sensazione è quella di stare di fronte ad un acquario.

Anzi, non di fronte, proprio dentro.

Pesci di tutti i colori e dalle forme più disparate mi fluttuano intorno, mentre i rumori del mondo hanno assunto la voce graffiante del primo Billy Idol che ascolto in cuffia.
-Milàn l'è semper Milàn- Milano è sempre Milano, mi dicono.
E non posso certo contraddirli. Chiunque essi siano.
 
Così i passi si susseguono mentre percorro Corso Vittorio Emanuele.
Ogni volta la solita sensazione, eppure sempre diversa. Provo a chiedermi cosa sarà ma il dubbio vive solo un attimo, sino a che desideri, sogni ed emozioni si perdono nello sguardo di una giovane donna che mi accompagna per almeno cinque passi buoni, in questo momento così assurdo corrispondenti tranquillamente ad una vita. Poi sparisce dentro una vetrina colorata.
-Ma cos'è poi questa famosa vita?-
 
Nel frattempo il primo timido sole di primavera mi scalda il viso.
Accarezza dolce la fronte, gli zigomi, si appoggia gentile sulle forme della città, sui palazzi, sui gazebi che sovrastano i tavolini all'aperto.
Si fa complice dei primi giochi di corteggiamento dei ragazzi, con la punta delle loro dita pronta ad indugiare su un profilo, su una zip inespugnabile, sul soffio leggero di una nuvola. Giorni, ore, minuti vissuti nell'incertezza di un bacio da azzardare, di una mano da stringere, di un sogno da dichiarare.
 
Mi spacca il cuore di emozione vederli alle prese con le prime grandi incertezze -m'ama o non m'ama-, mentre  penso che l'ultima scelta che m'ha causato il batticuore è stata la tachicardia dovuta alla Redbull che ho preferito al Burn.
Questione di softdrinks, una cosa seria.
 
Proseguo.
Sono alla ricerca della verità, così stoppo il lettore e mi tuffo pienamente nei rumori della città.
Clacson, motori, autobus, tram, il brusio fatto delle mille parole delle persone.
Poi tra i tanti, uno attira la mia attenzione: è un suono di tacchi del quale però non riesco ad identificare immediatamente la provenienza.
Sospesa com'è su delle decolltè Gucci, i passi si susseguono fieri e distesi su un filo invisibile appeso a mezz'aria sopra un mondo inutile e pacchiano. [Tutto scompare, la lente si focalizza solo sulla lunghezza d'onda che fa vibrare il petto, neppure fosse una romantica stazione Fm dalla quale ascoltare un lento]
Un filo che finisce proprio dove comincia il mio. Strano il caso. Esattamente dove comincia il mio. BOOM.
Una botta tremenda -Dio scusami non volevo!-, volano i fogli, il telefono scivola di mano e cade a terra, lei quasi perde una scarpetta. La mia Cenerentola, ecco cosa sarà per me d'ora in avanti.
Anche senza cristallo.
 
Il resto sono parole di circostanza, delle scuse, qualche battuta. Un film che se fosse sottotitolato coi  miei pensieri farebbe leggere agli spettatori una sequela infinita di punti esclamativi, figli del mio trovarmi completamente perso dopo dieci secondi dall'atterraggio di emergenza su un sorriso. Il meteorite che impatta con la terra e che quasi la cancella, preparando le condizioni per qualcosa di nuovo e meraviglioso.
Incredibile come un cervello solitamente forzato a lavorare su dei binari di grande razionalità si possa ritrovare ad andare in tilt.
Cenerentola è il virus che vai a cercare per capire cosa si prova ad essere malato di Lei, pur consapevole che una cura non esiste.
Ed invitarla per un caffè riparatore è la chiave d'accesso all'infezione. Il piacere del contagio consapevole.
 
L'espresso nero, bollente, dall'aroma intenso non fa nient'altro che acuire i sensi.
Sarà forse per quello che mi perdo negli occhi chiari, profondi, maledettamente dolci. Me li getta dentro l'anima mentre mi guarda e mi scandaglia, sorridendo e piegando la testa a sinistra ogni volta che il mio accento toscano le fa abbassare le difese, costringendola ad abbandonarsi a quello che sente veramente, senza dissimulare.
Parla Cenerentola, parla tanto, con le sue parole che mi suonano in testa come le note del pifferaio magico. La seguirei ovunque.
Chi l'avrebbe mai detto che sono al cospetto di un promettente avvocato che lavora in uno degli studi più importanti della Città e che ha difeso persone che solitamente vedo sui TG nazionali. Tutto è così naturale, spontaneo, privo di preconcetti e forzature.
Una volta tanto non mi sento l'imputato. Lei non mi deve difendere.
 
-Mamma mia com'è tardi, devo passare da un cliente per una cosa veloce...-
-Vengo con te- diretto, senza incertezze, stupendamente e falsissimamente autoritario.
-Ok-, fintamente sottomessa ma realmente incuriosita.
 
Ed è questo che facciamo. Rotta su Brera, la Milano che più amo, a cercare il destinatario di un plico pieno di marche da bollo e strane sigle.
 
Il film continua, lei si libera del cliente e torna la mia Cenerentola. Sorride.

I vicoli silenziosi ed intimi, l'atmosfera fuori dal tempo, un aperitivo fatto di noi, di una candela e della distratta compagnia di una cartomante vestita di lustrini che legge il futuro dei passanti in grandi tarocchi rettangolari.

Il film si fa sempre più bello.

Vola la lancetta dei minuti, arriva il secondo Americano, poi il terzo. Gli occhi si fanno lucidi, parliamo da ore e mi sembra di conoscerla da una vita. La tensione si allenta, si iniziano a percorrere sentieri lastricati di una sensualità sino a quel momento pesantemente affondata nell'asfalto della reciproca, naturale, diffidenza.
I suoi occhi luminosi ed un pò lucidi sono la leva perfetta per moltiplicare lo scorrere dei secondi e l'incremento del desiderio che inizia a farsi sempre meno celabile dietro parole che si fanno istante dopo istante più dirette e senza filtri.
Non si può nascondere un elefante dietro un fazzolettino. Lei lo sa.
 
Quasi mezzanotte, Lei deve andare. Mi piace pensare che le dispiaccia.
Poi lo dice, è proprio così.
 
Vorrei fermarti Cenerentola, prima che tutto questo mondo torni a mostrarsi per quello che effettivamente è, tenuto insieme da un composto fatto di bugie, sudore e lacrime

-Ti chiamo un taxi-, mentre i quattro minuti che mi separano dall'arrivo previsto di -Mantova23- profumano forte di vita.
Quella intensa, concentrata, prepotente.

Improvvisamente le parole si fanno faticose, pesanti, incollate alla gola. Il respiro è corto, il diaframma non riesce a comprimere e decomprimere i polmoni che così scambiano poco ossigeno al sangue. Proprio ora che ce ne sarebbe bisogno.
Ma il cuore batte, batte forte e il pensiero inizia a farsi sfuocato, barcollante, poco ponderato, stupendamente primordiale ed istintivo.
 
Non ce la faccio, stavolta proprio non ce la posso fare, me ne rendo conto mentre il mio -mi piacerebbe rivederti- si infrange sulla punta della lingua. Morendoci sopra.
Arriva -Mantova23- e l'attimo prima che le apra la portiera dura una vita, tanto che posso vederlo nitidamente.
Ne posso apprezzare la villetta col giardino, i due figli bravi a scuola, il labrador miele che gioca con la palla e lei, sempre più bella col passare degli anni.

Il richiamo roco del tassista mi riporta sulla terra, non c'è tempo da perdere. Nessuno spazio per il romanticismo quando sai di avere ancora quattro ore di lavoro prima di smontare il turno, poverino, quasi lo capisco. Merda.
 
Non una parola che sia una, solo uno sguardo, mentre le nostre mani sono una sull'altra, palmo contro palmo.
Poi ricordo soltanto lei che se ne va, appena qualche istante prima dell'esplosione che ha cambiato per sempre il corso delle cose.
 
Invece di lasciarmi la scarpetta, Cenerentola mi aveva baciato.
E da allora preferisco di gran lunga il veleno al cristallo.

[Quando ti mancherò, rileggi queste parole prima di mezzanotte e rivivrai il sogno stupendo che hai tessuto per me]

Buona fortuna.
 

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INFERNO, CANTO V, VV. 127-138

Noi leggiavamo un giorno per diletto

di Lanciallotto, come amor lo strinse:

soli eravamo e sanza alcun sospetto.

Per più fïate li occhi ci sospinse

quella lettura, e scolorocci il viso;

ma solo un punto fu quel che ci vinse.

Quando leggemmo il disiato riso

esser baciato da cotanto amante,

questi, che mai da me non fia diviso,

la bocca mi baciò tutto tremante.

Galeotto fu il libro e chi lo scrisse:

quel giorno più non vi leggemmo avante.

 

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