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I misteri della Croara tra castelli e fortezze scomparse

Post n°1115 pubblicato il 20 Giugno 2018 da fabbri.giancarlo
 

Forte 01 Monte Calvo

Il forte di Monte Calvo simile a quello scomparso sul Monte Croara

San Lazzaro (Bologna)

Tra i misteri della Croara possiamo aggiungere anche quelli relativi ai castelli e ai fortini scomparsi nell’area a cavallo del confine tra i comuni di Pianoro e San Lazzaro. Infatti se ci sono dubbi sull’esatta collocazione dell’antico castello Castro Corvariae (Castello dei Corvi), citato in un documento del 1084. C’è chi lo pone alla sommità del colle della Croara (Mons Corvariae), altri ancora nel vicino colle denominato “Monte Castello”, toponimo ripetuto sulla vicina casa colonica detta “Predio Castello”, o “il Castello”, non ci sono dubbi che sul colle della Croara ci fu una fortificazione militare, così pure come su Monte Calvo e altre alture vicine o attorno a Bologna.

Oggi non se ne vede traccia tranne un fosso, a mo’ di trincea, sia perché la cima del colle è coperta di vegetazione sia perché la parte sud-ovest del colle, il versante sulla valle chiusa dell’Acquafredda, fu demolita dai lavori di cavatura della selenite (gesso). Lo stesso interno della collina fu svuotato a spirale, come una chiocciola, fin quasi un centinaio di metri di profondità dall’imboccatura di quella che oggi è chiamata “Grotta Gionni”, che si affaccia sulla pianorese via Ca’ Bianca, distruggendo anche cinque cavità naturali.

Da un’indagine preliminare e sommaria, condotta alla fine degli anni ’90, sembra che i resti del forte furono ricoperti dalla terra di scarto della cava aperta negli anni ‘50 dalla Iecme. Impianto che, assieme ad altri, fece scomparire le piccole cave dei gessaroli che ricavavano poche tonnellate di roccia. Infatti nel bolognese, dal 1945 al 1972, furono asportati, cotti e macinati più di due milioni di tonnellate di selenite. Parte del forte quindi dovrebbe essere ancora sotto il terreno. Con Giovanni (Gionni) Saporito, proprietario dell’ex cava, che venti anni fa espresse l’intenzione di fare dei sondaggi per trovare eventuali resti della fortificazione e, se ci sono ancora, riportarli alla luce.

Pensando a quel forte, e ai tanti altri dell’apparato difensivo militare posto a difesa di Bologna, viene istintivo accostarlo all’immaginaria Fortezza Bastiani del libro “Il deserto dei tartari” di Dino Buzzati. Una struttura militare realizzata e presidiata da un contingente in armi in vista di un attacco da parte dei tartari, nel nostro caso gli austriaci, che non arriveranno mai.

Forte Croara faceva infatti parte di una cerchia difensiva realizzata nel 1859 dopo la cacciata degli austriaci. Per evitare la riconquista di Bologna il governo bolognese, con l’appoggio piemontese, si unì in lega con Parma, Modena, Firenze e le legazioni emiliano-romagnole per fronteggiare un’eventuale azione militare degli austriaci e dell’esercito pontificio. Partendo da Casalecchio sino a San Ruffillo, sul piano, poi sulle cime dei colli a sud di Bologna, il perimetro della città fu costellato da una linea di forti e batterie voluta dal generale Manfredo Fanti, comandante della Lega. Nella sola valle del Savena c’erano nel versante sinistro, sotto il Comune di Bologna, i forti di Monte Donato, Paderno, Camaldoli, Bandiera, Barbiano, Jola e, nel destro, quello di Biancano nel Comune di San Lazzaro con la batteria di Miserazzano, e nel Comune di Pianoro: Monte Calvo, Croara, Calvadello, con le batterie Sampiera e Canovazza. A valle le batterie San Ruffillo, Bastia, Lunetta Gamberini, la polveriera di Rastignano, al Paleotto, per la fabbricazione e il deposito delle munizioni.

Il trinceramento fortificato aveva un organico di ben 25 mila uomini che disponevano di 496 tra cannoni ed obici dei quali 204 per le postazioni di pianura e 292 per quelle sui colli. Con l’annessione del marzo 1860 svanivano i timori di un’invasione ma le opere militari furono completate. Dopo cinque anni le opere erette furono dichiarate inutili dalla Commissione permanente per la difesa dello Stato e, nello stesso anno, moriva il Fanti. Alcune fortificazioni, polveriere e dei magazzini furono poi riadattate dal Genio militare per altri usi; il resto fu lasciato nel completo abbandono e di quasi tutti, se non ne perse la memoria, se ne perse la traccia.

 
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