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La legge e l'ignoranza. Il caso ILVA

Post n°520 pubblicato il 27 Luglio 2012 da scaraciccio

Una notizia attesa, sperata e odiata, osannata e guardata come una mostruosita'.
Un caso finalmente nazionale, dopo piu' di 40 anni di drammi locali, ripercussioni gravissime su un territorio martoriato, affamato, devastato e lasciato a marcire nell'indifferenza altrui, mentre altri ci hanno guadagnato per svariati lustri.

A seguito, finalmente,  dell'intervento della magistratura, dopo ricerche, studi, perizie piu' o meno pilotate, e gravi gravissimi ritardi, e' stata riconosciuta la pericolosita' degli impianti di produzione dell'Area a Caldo dello Stabilimento ILVA di Taranto, la piu' grande acciaieria d'Italia, la terza d'Europa e il piu' grande produttore di diossina e CO2 del Continente.

La produzione non verra' fermata perche' si e' solo al primo stadio di giudizio, in una vicenda che ora si allarga dai confini Jonici e arriva a Roma e oltre, perche' l'ILVA rifornisce imprese come FIAT e tutte le grandi aziende produttrici di eletrodomestici, impianti, costruzioni etc etc ect.

Un terremoto che scuote, finalmente, tardivamente, le coscienze di molti.
8 Dirigenti agli arresti domiciliari (ma di responsabili ce ne sono troppi nella decennale storia dell'inquinamento tarantino).
Una citta' tristemente divisa tra ambientalisti giubilanti e operai e solidali preoccupati per i destini di 15000 stipendi, la spina dorsale dell'economia tarantina.

E' il caso di essere felici o tristi?
Io non lo so, per alcune semplici riflessioni.
La legge parla chiaro, e lo stato del territorio e' a senso unico: se non c'e' la bonifica degli impianti la produzione non puo' continuare.
Punto.
Taranto e' la citta' piu' inquinata d'Europa, i morti accertati (molto per difetto) per cause direttamente connesse con l'attivita' dello stabilimento sono circa 180, ma il conteggio e' ampiamente al di sotto della realta' dei fatti.

La mortalita' e l'incidenza di malattie cardiovascolari e tumorali nell'Area di Taranto sono ben al di sopra di qualunque statistica, e la causa e' di natura industriale.
Questi sono fatti non detti da me, ma constatati da perizie, ricerche, analisi e studi, locali, nazionali ed internazionali.

L'ILVA e' una azienda irregolare, e l'odiosa minaccia di licenziare migliaia di persone, perpretata per anni dalla attuale proprieta', per operare le bonifiche necessarie per rendere l'area eco-compatibile (impossibile per uno stabilimente di quelle dimensioni), ha causato solo ritardi nell'attuazione della legge.

La legge si rispetta.
L'ILVA e' fuori legge.

Detto cio', io spero vivamente che la fabbrica chiuda domani stesso.
L'economia nazionale non ne risentira', stando a logiche precise: questa e' una societa' globale, dove gli investimenti si spostano da nazione a nazione a seconda delle migliori condizioni.

In Italia non si tollera l'inquinamento e si proteggono le vite delle persone, mantre in latri Paesi questo non avviene.
Bene, le aziende possono spostare la produzione in queste aree e risparmiare (e' quanto accade da decenni con i decentramenti produttivi e lo spostamento di intere filiere produttive in Paesi senza diritti sindacali, senza tutela ambientale, senza tutela per i lavoratori minorenni etc etc etc). Questo e' non solo tollerato a livello globale, ma anzi viene considerata la chiave per mantenere la domanda aggregata in costante crescita.
La Fiat comprera' acciaio altrove.

A Taranto, nel peggiore dei casi, dopo lo shock ci saranno manifestazioni di massa e punte di emigrazione forzata (l'emigrazione tra l'altro c'e' sempre stata come un'emorragia costante), una caduta dei consumi, chiusura di esercizi commerciali, nuova ondata di criminalita'. Anni di instabilita' e pessimismo.

Pero'....
Pero' nulla e' per sempre.
Dopo, pero', migliaia di miliardi di fondi nazionali e comunitari pioverebbero per risanare il terrtorio e compensare le famiglie degli operai.
Migliaia di persone verrebbero coinvolte nei lavori di bonifica e riconversione.
Progetti internazionali potrebbero lanciare idee sull'utilizzo di quegli enormi spazi.
Tramite leggi ad hoc per lo sviluppo locale potrebbero essere finanziate le aziende zootecniche e agricole per incoraggiare la diversificazione e la trasformazione in loco.
Turismo e servizi troverebbero terre affamate ad accogliere imprese.
Il Porto verrebbe finalmente utilizzato in pieno.
Si potrebbe finanziare l'Universita' e farla diventare un grosso polo didattico e scientifico.

Dopo pochi anni, la citta' potrebbe, nella migliore delle ipotesi, essere non  solo di nuovo viva, ma anche e soprattutto piu' bella, piu' ricca, e pulita.

Un sogno?
Chi lo sa.

E allora cosa succedera'?

Le mie previsioni sono purtroppo pessimistiche.
Dubito che la politica nazionale permettera' la chiusura della fabbrica.
Se si dovesse certificare la gravita' della situazione e chiudere lo stabilimento per disastro ambientale e crimini contro la salute umana, quante teste dovrebbero cadere di ex sindaci , sindacalisti, dirigenti, e politici dell'epoca IRI?
E' vero, l'attuale proprieta' ha avuto inevitabili vantaggi, ma sembra essere una sorta di capro espiatorio, che paga in pieno il risultato di decenni di politiche fallimentari.
E poi, quanto costera' mettere in cassa integrazione 15000 e passa lavoratori per anni se non decenni (visto che di alternative lavorative sul territorio non ce ne sono)
Quanto costera' bonificare il terriorio, costruire alternative e rimborsare le vittime dei crimini commessi?

Troppa carne al fuoco.
La cosa puzza....
Vedremo, quel che e' certo e' non e' colpa dei giudici, che devono fare rispettare le leggi.
I responsabili sono altri, sono tutti quelli che hanno tollerato, abusato, chiuso gli occhi per tanto, troppo tempo davanti ad un disastro immane.
Gli operai si devono incazzare con questa gente, e non prendersela con chi chiede il rispetto delle regole.

 
 
 
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