Creato da nina.monamour il 11/06/2010
 

Il Diavolo in Corpo

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Storia di un pesce fuor d'acqua...

Post n°5752 pubblicato il 20 Agosto 2013 da nina.monamour

Un cappello di pelliccia nero sempre calato sugli occhi, capelli bianchi e corti, ancora folti, occhiali grandi con la montatura di tartaruga, viso smunto, figura esile, anche se energica. Bassa di statura, leggermente ricurva. E’ questa la descrizione sommaria della mia vicina di casa, la signora Maria. Io l’ho sempre chiamata così e lei mi ha sempre chiamata "Signorina", del tutto incurante della mia età e del mio stato civile.

La vedo tutte le mattine quando vado al lavoro. Lei esce sul pianerottolo ad annaffiare le sue piante. Credo abbia bisogno di scambiare due parole e che il suo sia solo un pretesto. Sono sicura che il più delle volte nel suo annaffiatoio non ci sia neppure l’acqua. Deve sentirsi molto sola.


Inventa tante storie la signora Maria. Mi racconta che il figlio è Medico e che viene spesso a trovarla. A volte viene anche la nuora con i loro bambini, due gemelli di sette anni. La signora Maria parla sempre di loro con orgoglio di nonna e li descrive come due bimbi intelligenti che vivono in simbiosi.

Mi racconta della scuola, di quanto le maestre siano entusiaste dei gemelli, di quanto siano legati a lei, alla signora Maria, che ogni tanto li accudisce durante il week end per permettere al figlio e alla nuora di andare a teatro. Parla della nuora, di quanto sia bella e di quanto sia stato fortunato suo figlio ad incontrarla.

Narra del matrimonio faraonico che è stato celebrato 8 anni prima, con tutti i parenti presenti e tantissimi amici. Io ascolto in silenzio, non faccio mai domande.
Il fatto è che non ho mai sentito nessuno suonare il campanello della signora Maria, nessuno va mai a trovarla, perché lei è una donna sola. E’ rimasta vedova tanti anni fa e del marito non parla.

Quasi se in vita lui non l’avesse trattata troppo bene, e adesso lei volesse cancellarne il ricordo. Suo figlio è morto giovanissimo, aveva appena vent’anni, un incidente di moto, nel palazzo lo sanno tutti. Non ha nipotini, la signora Maria, lei parla solo con me quando esce sul pianerottolo.


Un giorno mi ha invitata ad entrare in casa sua. E’ stato d’Inverno, quando aveva l’influenza e io ero uscita a comperarle le arance.
- Venga dentro signorina, mi ha detto al mio ritorno e mi ha presa per la manica del cappotto, guardandosi intorno, come sapesse di essere spiata.
- Faccio entrare solo lei in casa mia,  mi ha confessato poi, perché di lei mi fido.

Mi ha fatta accomodare nel suo salotto. Un salotto d’altri tempi, con mobili antichi ricoperti di pizzi e quadri appesi alle pareti con nastri di raso. Un divano di legno, scomodo, nonostante la quantità di cuscini. Sul tavolino tante fotografie della signora Maria da giovane, insieme ad un uomo che doveva essere il marito.
- Com’era bella signora Maria!- le ho detto.


Lei si è soffermata sulle foto, come se le vedesse per la prima volta. Non c’era orgoglio e neppure nostalgia in quello sguardo, solo tanta tristezza.

Ho visto anche delle immagini di un bimbo con i capelli scuri che mano a mano cresceva fino a diventare un ragazzo un po’ in sovrappeso, con un sorriso aperto. C’era anche una fotografia ingrandita che lo ritraeva su un pattino


 Vede signorina, mi ha detto poi la signora Maria, quasi fosse una confessione rilasciata in punto di morte, io nel mondo mi sono sempre sentita come un pesce fuor d’acqua. Non sono mai stata capita. So stare solo qui, in casa mia, fra le mie cose, con i miei ricordi-.

Era la prima volta che la signora Maria mi faceva “entrare” nel suo mondo, un mondo che lei aveva creato ricco di illusioni, ma anche di solitudine e di proiezioni della mente.
Aveva perso tutto Maria, tutti i suoi affetti, la giovinezza e ora anche la ragione.
Me ne sono andata presto perché mi ha detto che doveva correre a prepararsi. Il figlio stava venendo a prenderla per portarla dal dottore.

Ho comperato una nuova pianta e l’ho messa sul pianerottolo, così adesso la signora Maria dovrà uscire più spesso ad annaffiare.
Perché le piante sono organismi viventi di cui ci si deve prendere cura.

Aiutano a combattere la solitudine e lo stress e sanno ascoltare.

 

 
 
 
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