Creato da nina.monamour il 11/06/2010 |
L'INFERNO CHE HO SCELTO..
Lei gli sussurrò
"Sono il tuo inferno"
e lo guardava con occhi densi di desiderio.
Lui la attirò prepotentemente a sé...
e mentre la spogliava con gli occhi e con le mani rispose...
"TU.. sei l'Inferno che mi sono scelto..."
il resto....è storia...
CARPE DIEM..
Ci sono persone che non vivono la vita presente, ma si preparano con grande zelo come se dovessero vivere una qualche altra vita e non quella che vivono e intanto il tempo si consuma e fugge via..
"Carpe diem, quan minimun credula postero"
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La lunga attesa delle mamme detenute..
Post n°7100 pubblicato il 12 Giugno 2015 da nina.monamour
Sono passati quattro anni da quando il Parlamento ha approvato la legge 62/2011, una norma sconosciuta ai piu', ma che pone un obiettivo importante, ossia "liberare" i bambini costretti a trascorrere i primi tre anni di vita in carcere assieme alla loro mamma. Donne condannate per aver per aver commesso un reato, o semplicemente in attesa di giudizio che però devono trascorrere i mesi in attesa del processo dietro le sbarre, perchè non hanno una casa dove scontare la detenzione domiciliare. Il numero di donne detenute con figli resta basso, tra il 2011 e il 2014 il numero di detenute madri è rimasto costante, oscillando tra le 40 e le 50 unità. Al 31 Dicembre 2014 erano solo 27 le detenute madri, 28 i bambini; le storie di queste mamme portano con sé, nella maggior parte dei casi, un grande dolore da emendare, una colpa da espiare e un futuro tutto da scrivere. A quattro anni di distanza, poco è cambiato per loro, almeno dal punto di vista giuridico, sono stati aperti altri due Istituti a custodia attenuata per detenute madri (Icam) ed esattamente a Venezia e Cagliari, che sono andati ad aggiungersi a quello "storico" di Milano. Ma è rimasto lettera morta quello che, per molte associazioni, è il vero cardine di questa riforma, molto attesa anche da queste donne, le Case famiglia protette, luoghi sicuri che dovrebbero accogliere le detenute prive di casa e con un profilo di bassa pericolosità. La legge stabilisce che le case famiglie protette siano istituite senza oneri aggiuntivi per il Ministero della Giustizia; ed è proprio il nodo economico a bloccare la riforma. Il costo, in pratica, ricade interamente sugli Enti locali che, in questi anni di tagli e crisi economica, non hanno mai reaizzato Case famiglia protette per mamme detenute. E così i bambini restano in carcere, con gravi conseguenze sul loro benessere e corretto sviluppo. Inoltre queste Case risponderebero al bisogno di un ambiente a misura di bambino, dando un supporto efficace alla genitorialità e all'inserimento sociale delle madri. Per non parlare dei costi; a che pro costruire e gestire gli Icam per un numero così ridotto di detenute quando esiste una soluzione piu' economica e, soprattutto, piu' attenta alle esigenze dei bambini? Alcune associazioni chiedono al Ministero della Giustizia parte dei finanziamenti destinati alla costruzione di nuove Icam per destinarli alla realizzazione di Case famiglia protette. Intanto, l'attesa delle mamme (e dei loro figli) negli Istituti a custodia attenuata prosegue!! Denunciamo questa grave violazione dei diritti dell’infanzia.. Nell’ultima legge di stabilità, quella votata dall’ex governo Letta, non si è coagulata una maggioranza su un emendamento che prevedeva di stornare uno o due milioni di euro, tanto basterebbe, dai fondi destinati al Dap per le Icam a quelli delle regioni per la costruzione di queste per ora futuribili case famiglia. Così la mancanza di applicazione di una legge, quella di Paola Severino che nel 2011 ipotizzò, sulla carta, la costruzione di queste nuove forme di case comunità per detenute madri, ovviamente non pericolose, è rimasta solo sulla carta. Concludo che stante l’esiguo numero dei bambini presenti nelle carceri, poche Case Famiglia protette identificate localmente potrebbero essere finalmente attivate e rese sostenibili se anche il Ministero riconoscesse ad esse un minimo contributo. Tale impegno, infatti, sarebbe sufficiente a rendere più accettabile agli enti locali, già stremati dai continui tagli di bilancio, l’assunzione delle proprie responsabilità a tutela di questi bambini.
fonte Avvenire |
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