Creato da nina.monamour il 11/06/2010 |
L'INFERNO CHE HO SCELTO..
Lei gli sussurrò
"Sono il tuo inferno"
e lo guardava con occhi densi di desiderio.
Lui la attirò prepotentemente a sé...
e mentre la spogliava con gli occhi e con le mani rispose...
"TU.. sei l'Inferno che mi sono scelto..."
il resto....è storia...
CARPE DIEM..
Ci sono persone che non vivono la vita presente, ma si preparano con grande zelo come se dovessero vivere una qualche altra vita e non quella che vivono e intanto il tempo si consuma e fugge via..
"Carpe diem, quan minimun credula postero"
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Post n°7346 pubblicato il 21 Dicembre 2015 da nina.monamour
Ma insomma, arrivati quasi alla fine di questo Calendario dell’Avvento, ci si potrebbe porre la domanda, ma perché la gente si ostina a credere a Babbo Natale? Ve la ricordate la Giornalista di Fox News che, qualche anno fa, aveva negato in diretta televisiva l’esistenza di Babbo Natale, e poi, sotto il fuoco di proteste che ne era derivato, era stata costretta dall’emittente a chiedere scusa per le sue parole, e ad affermare pubblicamente che Babbo Natale esiste davvero? Cerchiamo di essere razionali per un attimo, e rendiamoci conto dell’assurdità, ma in quale altra situazione al mondo, un Giornalista televisivo potrebbe essere costretto a fare pubbliche scuse dopo aver proclamato l’inesistenza di un personaggio di fantasia, che, beh sappiamo tutti che non esiste? Roba dell’altro mondo, che non stanno né in cielo né in terra. I due socio-psico-antropologi si interrogano sulle ragioni che possono spingere gli adulti d’oggi a un comportamento così irrazionale, insomma, che beneficio ne abbiamo, continuando a raccontare ai nostri figli la storiella di Babbo Natale?
Non lo facciamo per ragioni disciplinari, non lo facciamo perché nostro figlio si comporterà come un angioletto per tutto l’anno, solo perché vuole ricevere dei bei regali da Babbo Natale, suvvia. Non lo facciamo per questioni pedagogiche, non lo facciamo perché ci piace l’idea di raccontar frottole ai bambini, anzi, in linea di massima siamo proprio dell'idea opposta nei limiti del possibile, ai bambini deve sempre esser raccontata l’assoluta verità, su tutto. Soprattutto dal ’68 in poi, siamo tutti concordi nell’affermare che il rapporto con i propri figli dovrebbe esser improntato alla sincerità assoluta, niente frottole, niente bugie, niente storielle inventate ad hoc per evitar le domande scomode. Non parliamo di Babbo Natale perché ci tiri fuori dagli impicci, mentre noi ci arrabattiamo nel tentativo di spiegare un argomento tabù. La cicogna che porta i bimbi toglieva i genitori dall’imbarazzo di rispondere all’annosa domanda "come nascono i bambini?”. Gli angioletti che hanno preso il nonno e l’hanno portato con loro su nel cielo è un escamotage che ho sentito usare personalmente, non più di qualche mese fa, da parte di persone che assolutamente non sono credenti, ma che non sanno come altro spiegare ai figli piccoli il mistero della morte. Ma un cavallo a dondolo sotto l’albero di Natale ha poco a vedere con il sesso, con la caducità dei corpi, o con qualsiasi altro elemento scabroso che mi possa venire in mente.
Sarebbe anche più gratificante per gli adulti, voglio dire, io spendo tempo, soldi e fatica per trovare il regalo perfetto per mio figlio, e poi gli vado a raccontare che no, non deve ringraziare me, ma un panzone inesistente che gli ha portato i doni perché è buono? A quanto pare, una certa Cindy Dell Clark, Psicologa, ha raccolto una serie di interviste ai genitori, domandando loro per quale motivo raccontassero ai figli la storia di Babbo Natale. Le risposte fanno tutte leva su una generica gioia che i bambini dovrebbero provare al pensiero dell’omone panzuto che lascia i regali sotto l’albero, "mi piace vederli emozionati, e la gioia nei loro occhi, la meraviglia, l’eccitazione". "Lasciamogli credere che c’è qualcosa di magico nel mondo”. "È sempre stato magico, per me, da bambina. Credo che sia questo che cerco di far vedere ai miei figli, la magia. I genitori, sembrano rimpiangere il tempo dell’illusione, prima dell’incontro con la "dura" realtà, idealizzando l’infanzia come una magica età dell’oro, di cui Babbo Natale costituisce una parte essenziale. Boh, non so, genitori, voi condividete? Io non idealizzo l’infanzia proprio per niente, non me la ricordo come una "età dell’oro", particolarmente più fulgida rispetto a quelle (in effetti ancora poche) che son arrivate dopo. Eppure, una qualche ragione ancestrale che ci spinge ad amare Babbo Natale ci deve pur essere, visto che il primo che prova a negare la sua esistenza rischia di essere scannato vivo.
Insistiamo così tanto su Babbo Natale “perché lo fanno tutti, e non c’è niente di male”? Mi sembrerebbe già di per sé una motivazione ragionevole (nessuno vuole crescere un figlio disadattato e fuori dal mondo); ma sarà davvero l’unica ragione?
O non sarà che forse siamo noi adulti a insistere tanto su Babbo Natale, perché siamo noi adulti che abbiamo bisogno di ricorrere a lui, perché infonda un po’ di magia in queste nostre vite che ormai percepiamo troppo tristi e spente? Non lo so, eh.
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