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ALLA FINESTRA

Considerazioni sugli avvenimenti passati, presenti e futuri che disegnano la civiltà moderna e non solo.

 

 

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EFFETTO ALCOLICO

Post n°17 pubblicato il 26 Gennaio 2006 da Tappo82
Foto di Tappo82

Sfuocato,
le dita pigiano i tasti con lentezza e fatica; sul monitor, lo sguardo insegue come la notte il giorno.
Sono seduto, ricurvo, le spalle strette appena sotto il mento; più in basso di me il freddo legno della sedia; ai piedi indosso le ciabatte.
Io non indosso mai le ciabatte.
Mi gratto con le dita il capo. Sbuffo.
Mentre il fiato si fa grosso, alzo gli occhi al cielo; il soffitto pare avvicinarsi ad ogni sbattere di ciglia.
Ora non penso. Non mi serve pensare.
Tossisco con affanno, lo stesso con cui cerco di non farmi sopraffare dai sensi che ormai appannano la percezione del mio stesso essere.
Ogni tanto rialzo il capo, ora sorrido.
È il sorriso di un condannato che conosce il suo destino.
Mi volto.
Il divano è distante.
Il gomito sul tavolo e la testa sulla mano sinistra.
Le dita della destra appoggiate all'orecchio ad accarezzarlo. Lo accarezzo. Mi piace, mi restituisce tranquillità.
Pochi minuti diventano ore.
Balbetto. Io non balbetto mai.
Fisso la lettera R della tastiera. Mi chiedo se sia sempre stata dove è adesso.
La tv accesa urla; il braccio teso non ha i centimetri per arrivare al telecomando.
Non so dire quanto ancora posso resistere prima di dar spazio al lamento.
Mi alzo, ho i piedi a terra ma volteggio e ancora; poi mi sposto.
Torno adagiato e mi concentro sulla tastiera.
Non vedo i tasti. Sbuffo. Non sorrido.
Ho voglia di sdraiarmi. Lo farò, ma non subito. Ora dondolo.
Le dita pesano sulla tastiera. Non ci riesco.
Batto le ciglia. Ancora. Più lente. Ancora.
Il capo si china. La mano corre in suo soccorso. Mi voglio stendere.
Sarà la mia fine, ma la fine non è la peggior cosa…
Squilla un telefono.
Mi agito.
Non lo vedo.
Lo sento e non lo vedo.
Una luce.
Corro.
Suona.
Forte.
Rispondo.
Non capisco.
È un amico.
Non capisco.
Sono in taverna qui non c’è segnale. Spengo.
Mentre torno al computer perdo l’equilibrio prima di trovare nella mano la sedia. Con la sedia ritrovo l’equilibrio. Faccio perno e mi siedo.
Imbraccio i tasti che ancor riesco a batter.
Poi mi incanto.
Poso i piedi sul tavolo. Il fiato si fa più sottile. Lo stomaco più debole.
Il tondo destino mi attende.
Nel bagno, sulle ginocchia, con coraggio e l’aiuto di due dita.

 
 
 
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