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« Simbologia TemplareLa conquista di Gerusale... »

Il Santo Graal

Post n°6 pubblicato il 14 Settembre 2009 da jacquesdemolay1118

 

 

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Uno dei miti più affascinanti e longevi di tutta la cultura dal Medioevo in poi è senza dubbio quello del Santo Graal. Le origini del mito si perdono nella storia: con tutta probabilità le leggende legate a "coppe" o "vasi sacri" erano già tramandate da lungo tempo per via orale da cantori, trovatori e menestrelli di corte, prima che lo scrittore Chretien de Troyes, alla fine del XII sec., lo inserisse in uno dei suoi romanzi, dando vita al cosiddetto "ciclo del Graal". Infatti, attorno al 1190 egli scrisse "Perceval le Gallois ou le Compte du Graal", ispirandosi alla ridda di leggende ed aneddoti preesistenti su coppe ed altri recipienti di carattere magico (di cui abbondava, ad esempio, la mitologia celtica: si pensi, ad esempio, al calderone magico di Bran). Nel romanzo, il cavaliere Parsifal, ospite nel castello del "Re Pescatore" Anfortas, assiste ad una strana processione in cui appare per la prima volta un mistico oggetto definito "Graal", realizzato in oro puro e tempestato di pietre preziose. L'etimologia della parola viene fatta derivare dal latino "gradalis", a sua volta desunto da un arcaico termine celtico che significa "calice". Fu solo successivamente, intorno al 1202, con "Le Roman de l'Estoire du Graal" di Robert de Boron, che il Graal assume una connotazione cristiana, essendo identificato come il calice utilizzato da Gesù durante l'Ultima Cena, nel quale successivamente Giuseppe di Arimatea raccolse il sangue di Gesù crocefisso. Questa caratteristica conferisce al calice delle straordinarie virtù, come quella di guarire ogni male ed, addirittura, di donare l'immortalità a colui che ne beve e, soprattutto, che ne sia degno. Secondo una delle leggende più diffuse, il primo detentore del Santo Graal fu Giuseppe di Arimatea. Quest'uomo era un ricco ebreo, membro del Sinedrio, del quale non aveva condiviso la condanna di Gesù (Luca, 23, 50 e seg.); era egli stesso un discepolo di Gesù, "ma di nascosto, per timore dei Giudei" (Giovanni, 19, 38). Dopo la morte di Gesù, vinta la paura, si recò da Pilato e ne chiese ed ottenne la salma. Dopo che un altro uomo, Nicodemo, ebbe provveduto a cospargere il cadavere di aromi quali l'aloe e la mirra, Giuseppe lo avvolse in un lenzuolo (la Sacra Sindone) e lo depose nel sepolcro. Questo è quanto riportato dai Vangeli ufficiali. La leggenda aggiunge che egli raccolse anche alcune gocce del suo sangue in un calice, che poi portò con sé in Bretagna durante la sua predicazione del Vangelo. Secondo una versione inglese, Giuseppe si spinse con i suoi uomini fino all'isola di Avalon, l'antica Glastonbury, e lì depose il calice. Esso passò poi nelle mani dei Templari, che l'avrebbero custodito nel castello di Montsalvat, dove sarebbe stato accessibile solo ai puri di cuore predestinati, che ne avrebbero tratto la  salvezza celeste o, secondo altre tradizioni, l'immortalità. L'ultima e più enigmatica versione del mito è il "Parzival" del tedesco Wolfram von Eschenbach (1200-1210 ca.). Parsifal irrompe nella vicenda come un giovane rozzo, perfetto rappresentante di una cavalleria dai modi brutali. Raggiunto il castello del Graal, fallisce nel tentativo di liberare il suo Guardiano, il Re Pescatore, misteriosamente ferito. Soltanto quando è allo stremo delle forze, umiliato, dopo aver abbandonato il mondo materiale e messo da parte il suo orgoglio, può chiedere pietà, liberare il Re Pescatore e trovare il suo Graal. In questo romanzo il Graal viene definito "Lapis exillis", un'espressione che a lungo si è cercato di interpretare. Le ipotesi più diffuse sono due: la prima secondo cui si tratta dell'errata trascrizione di "Lapis exiliis", cioè "Pietra dell'esilio", a sottolineare il cammino spirituale cui deve giungere l'uomo per trasformarsi completamente e diventare degno di possedere il Graal. Altri autori, invece, ipotizzano che si tratta di una contrazione di "Lapis ex coelis", ovvero "Pietra dal cielo", riferendosi alla leggenda narrata dallo stesso Eschenbach secondo cui il Graal sarebbe stato intagliato da uno smeraldo caduto in terra dalla testa di Lucifero durante la precipitazione agli Inferi dopo la rivolta verso il Creatore. Tutto il filone legato a queste interpretazioni del Graal ha dato origine ad un vero e proprio ciclo di romanzi chiamato "ciclo del Graal". Questo ciclo si inserisce e compenetra, a sua volta, un filone ancora più grande costituito da tutta la letteratura cavalleresca bretone, avente per protagonista il Re Artù, diventato sovrano dopo essere riuscito ad estrarre la famosa "Spada nella Roccia", ed i suoi Cavalieri della Tavola Rotonda: Parsifal, Lancillotto, Galahad, Tristano, ecc.

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Commenti al Post:
lia173
lia173 il 15/09/09 alle 22:35 via WEB
SAI IO NON CREDO KE IL SANTO GRAAL SI RIFERISCE AD UNA COPPA X DI PIU KE CI ABBIA BEVUTO GESU NELL'ULTIMA CENA O COME HAI DESRITTO SU KE GIUSEPPE D 'ARIMATEA CI ABBIA RACCOLTO IL SANGUE DI GESU MORTO ,MA LA SUA STORIA è NATA X COPRIRE LA VERA STORIA CIO KE LA KIESA HA SEMPRE TACIUTO
 
bisou_fatal
bisou_fatal il 20/09/09 alle 17:27 via WEB
Il Vangelo apocrifo di Filippo...sostiene che L'Immanuel non morì sulla croce...ma insieme alla Maddalena diede vita alla stirpe dei merovingi in Francia...da qui il termine sangue reale...a significare la discendenza divina della famiglia reale..
 
bisou_fatal
bisou_fatal il 20/09/09 alle 17:29 via WEB
Il vangelo apocrifo di Filippo ...sostiene...che l'Immanuel non morì sulla croce...ma che insieme alla Maddalena...diede vita alla stirpe dei merovingi in Francia...quindi il termine"sangue reale"...in effetto...alluderebbe all'origine divina della famiglia dei regnanti...
 
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