Creato da uomosenzaqualita il 04/11/2012

L'uomo senza qualità

Un comune caso di personalità multipla

 

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Il fromboliere entusiasta

Post n°21 pubblicato il 21 Settembre 2013 da uomosenzaqualita

 

 

Ho imparato a convivere con la mia incostanza da quando me ne sono reso consapevole.

E’ accaduto, come capita per ognuno, in un punto indeterminato di quella parte di vita che consideriamo giovinezza.

Se poi, come è stato per me, la scoperta della propria indole si rivela una delusione per la sua pochezza, essa coincide con un bivio che raramente nella vita si manifesta più di una volta.

Quello in cui hai l’opportunità di imboccare un sentiero faticoso, incerto, pericoloso, di cui non puoi prevedere né lunghezza né approdo, ma che in qualche modo sai, o credi di sapere, o forse sei stato indotto a credere, che farà di te un individuo migliore.

L’altra opzione è infinitamente meno faticosa, e forse anche meno pericolosa: è la rassegnazione.

Con l’età, la cifra di questa scelta diventa sempre più definita.

I dettagli della tua scarsezza diventano sempre più evidenti e definiti. Conseguentemente, ciò che terrà insieme la tua vita sarà allora una serie lunghissima di auto-giustificazioni, compromessi, bugie o, quando va bene, mezze verità.

Col tempo poi, ineluttabilmente si constaterà che ci vuole molta, molta più fatica, a convivere da vecchi con se stessi di quanto non ce ne voglia, da giovani, per cambiare.

Ma questo, nella migliore tradizione dei luoghi comuni sulle età, è il limite della gioventù.

Il titolo del blog dell'altro mio nick è quello dell’autobiografia di Pablo Neruda, "Confesso che ho vissuto". Non ho certo pretese di fare accostamenti che risulterebbero semplicemente grotteschi.

Ma la sua lettura, e quella di molte sue poesie, spesso è stata per me la tavola galleggiante cui aggrapparsi in un mare sempre più agitato di quanto potessi reggere.

“Io sono colui che è passato con un salto sulle cose, il fuggitivo, il sofferente”.

Sono stato, e sono, quel che sono. Non sempre mi riesce di fare ciò che so essere giusto, ma è evidente che il giusto è di là dalle mie competenze.

Di tutte, l’ingiustizia commessa più grave è stata, ed è tuttora, più che il tradimento il difetto di reciprocità con chi mi ama.

Mi dichiaro colpevole, sapendo che comunque questo non mi varrà il riconoscimento delle attenuanti, neppure quelle generiche.

Fossi praticante potrei chiederei al mio confessore: che accade ai peccatori che pur essendo realmente pentiti non riescono a smettere di peccare? Ma purtroppo non pratico, e neppure credo. E un poco me ne dispiace.

Grazie per l’ascolto e buona vita a voi.

 

 

P.

 
 
 
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