« Non dimenticate mai | Il regista norvegese » |
“In Iraq , Alan Beaty è sopravvissuto all’esplosione di 3 bombe e ha visto un amico morire tra le sue braccia. Dopo 4 anni in Iraq, per Beaty il ritorno è stato amaro. C’erano la cascina tra le montagne, la sua terra e i suoi cavalli. La moglie non l’aveva atteso, e la sua tranquillità psicologica era svanita con lei. Quei giorni nel deserto e tra le case divelte dai colpi di mortaio lo avevano trasformato. Laggiù in Iraq si sentiva parte di qualcosa di grande. Aveva una missione. Quando è tornato nel Tennessee, non sapeva più che diavolo fare; quel senso di servizio per il suo paese era sfumato. Depresso e assalito dagli incubi, Beaty per qualche tempo si è lasciato andare alle sbronze. A un certo punto, però, con l’aiuto del padre Keith, reduce di un’altra guerra, quella del Vietnam, Beaty ha capovolto la sua storia personale e ne ha raddrizzate tante altre: ha aperto le porte della sua fattoria a tutti i veterani senza dimora e disperati che vogliano stare per qualche tempo in un luogo familiare e tranquillo per rimettersi in carreggiata. E loro sono arrivati. La maggior parte sono senzatetto o alcolizzati. Vogliono trascorrere le loro giornate con gente che ha vissuto la guerra come loro: ci alziamo insieme, lavoriamo la terra insieme, mangiamo insieme, galoppiamo per le montagne insieme. Molti si fermano per sei mesi o un anno. Beaty e suo padre li aiutano a ripredersi e a trovare un lavoro”. |
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