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Post n°4181 pubblicato il 06 Novembre 2025 da namy0000
Tag: associazione, carità, chirurgico, Dolore, dono, gravidanza, intervento, malattia, nascita, non profit, sfida, storia, vita, volontari 2025, FC n. 44 del 2 novembre Quando il dolore per un figlio si tramuta in dono per gli altri Giusy B., 57 anni, quando ne aveva 35 ed era al sesto mese di gravidanza, durante un controllo medico si sentì dire che il bambino che portava in grembo, il suo primogenito, aveva una malformazione tumorale, un teratoma sacro-coggigeo che sin dalla nascita avrebbe richiesto molti interventi chirurgici. Giusy rientrò a casa piangendo, straziata da una domanda: «Perché doveva capitare proprio a me?». Ore e giorni, persa nel buio che l’annientava. Poi nel profondo del suo essere avvertì una forza vitale, una lucida consapevolezza: «La vita ci travolge con sfide che non possiamo evitare, ma in quelle sfide non possiamo limitarci a subire. Dobbiamo per la nostra stessa anima dare un senso a quel dolore. È una ricerca disperata, un atto di ribellione contro la sofferenza che non ha spiegazioni. Trovare un perché, o anche solo cercarne uno, diventa l’unico modo per fare pace con un mondo che a volte sembra ingiusto e crudele». Quando Riccardo nacque e fino a sei anni subì degli interventi chirurgici, Giusy si rese conto che, per non essere annientata, doveva rinascere ogni volta con lui, occuparsi del dolore degli altri. Decise di fondare l’associazione ABC Bambini chirurgici, di cui oggi è la presidente. Un’organizzazione non profit, convenzionata con l’Irccs materno-infantile Burlo Garofalo di Trieste, per stare accanto alle famiglie di figli piccoli che sono nati con malformazioni spesso legate a sindromi genetiche e che vivono la Via crucis di interventi chirurgici multipli con ospedalizzazioni crescenti. «Per affrontare questo difficile percorso clinico abbiamo messo in campo una cura integrata che va oltre l’aspetto prettamente organico, tiene conto anche dell’aspetto emotivo. All’assistenza medica, affianca un sostegno psicologico durante la diagnosi prenatale e anche emotivo durante i ricoveri e interventi chirurgici, offrendo alle famiglie un aiuto prezioso per affrontare le sfide con maggiore consapevolezza e forza. La nostra missione è di sostenere prima di tutto i bambini, ma siamo consapevoli che la loro serenità dipende da quella dell’intero nucleo familiare. Per questo, il nostro impegno si estende anche all’ospitalità». Le famiglie, in arrivo da tutta Italia, oltre metà dal Centro-Sud, a Trieste sono prese in carico da un gruppo di volontari per tutto il periodo del ricovero, che può durare da qualche giorno a 4-5 mesi. A ciascun nucleo familiare viene dato gratuitamente un alloggio. «Non semplicemente posti letto, ma case accoglienti perché si possa ritrovare la serenità e il calore dell’ambiente domestico. Non lasciamo mai sole le famiglie, sono in una condizione di estrema fragilità, cercano condivisione e amore». Quella che poteva sembrare una scelta azzardata si è rivelata a questa madre coraggio – che ha avuto un secondo figlio oggi 17enne nato con la sindrome di White-Sutton, una rara mutazione genetica - «come l’unica che potevo fare. Soltanto così si entra nella essenzialità dell’esistere, fatta di relazioni e di affetti, di attenzione verso l’altro, valori che ho ereditato dalla mia famiglia di origine. Ho raggiunto una vita piena che mi fa sentire bene, pur in mezzo alle tante difficoltà». |
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Post n°4180 pubblicato il 31 Ottobre 2025 da namy0000
Tag: capacità, contribuire, giornali, immobilimeo, lettura, memoria, pensiero, politica, responsabilità, Rischio 2025, Scarp de’ tenis, agosto La nostra piccola battaglia. Qualcosa (di buono) accadrà. L’immobilismo è il rischio maggiore che si corre davanti alla sottrazione di memoria e di valori in atto nella società e nel mondo, subito dopo vengono indifferenza e rassegnazione, lasciapassare per tutte le ingiustizie. …smisurati ostacoli si frappongono: la violenza, la disuguaglianza, la prevaricazione, l’individualismo… Occorre la responsabilità di tutti. Impegnarsi e contribuire fattivamente in prima persona a edificare un mondo migliore. A che punto può arrivare la nostra responsabilità o capacità di influire sul futuro, dal momento che non ci è rimasto alcun potere reale se non quello d’acquisto? L’uomo, a parer mio, procede – nelle democrazie come nelle oligarchie e nelle dittature – per una strada in cui funge solo da massa passiva di fronte a processi decisionali che ignora sempre di più. Abbiamo realmente peso nelle scelte economiche e sociali che informano la vita collettiva? Risposta Mi sento anch’io come lei senza voce tra le voci. La domanda è “Che cosa non debbo fare io”. Non debbo adeguarmi, non debbo rinunciare a pensare, non debbo conformizzare il pensiero, non debbo perdere la memoria… C’è una sistematica delegittimazione del passato, dei suoi simboli e dei suoi valori, sostituiti da una barbarica concezione del potere: si vuole cancellare la storia per scriverne un’altra, di comodo, ad uso del più forte. Non accettare questo scivolamento verso il basso, resistere aggrappandosi allo scoglio della civiltà ce ci appartiene e per la quale ci siamo impegnati, è una prima forma di difesa. Dobbiamo presidiare lo scoglio, sapendo che non possiamo controllare o orientare eventi che non dipendono da noi, possiamo solo orientare quella parte di destino che è nelle nostre mani. Con l’esempio. È questa la nostra piccola e pacifica battaglia: fare quel che è giusto, non perché si deve, ma perché è giusto. Qualcosa (di buono) accadrà. |
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Post n°4179 pubblicato il 23 Ottobre 2025 da namy0000
Tag: ammalati, malessere, Medici, medicina, medico di base, missione, pazienti, professione, sanità, turni 2025, FC n. 42 del 19 ottobre Maddalena, un angelo vicino ai suoi pazienti fino alla fine Maddalena Carta, 38 anni, medico di famiglia, morta a Dorgali, Nuoro, il 26 settembre 2025 per non lasciare senza cure i pazienti che avevano bisogno di lei. Dopo l’ondata di commozione, suscitata dalla sua scomparsa, non deve rientrare nell’ombra in cui ha lavorato per anni, dedicandosi senza risparmi. Con quel suo sorriso luminoso che arrivava al cuore e conquistava i bambini che da lei andavano volentieri, con quello sguardo che guardava oltre, quasi a chiedere una complicità, un’amicizia. «Ha vissuto il suo essere medico non come una professione, ma una missione, sino a trascurare se stessa per amore dei pazienti», ha sottolineato don Pino Moro, celebrando i suoi funerali dinanzi a una folla commossa, molti in lacrime. Per amore, Maddalena, dottoressa di base per 1.800 pazienti, se ne era presi in carico altri 3.200, cinquemila in tutto, perché i due colleghi erano in malattia. Anche lei da qualche giorno non si sentiva bene, ma ha voluto essere presente nello studio, nonostante i familiari avessero insistito perché rimanesse a casa a riposarsi, stressata com’era da giornate che iniziavano la mattina presto e terminavano la sera tardi. Al fratello, Gian Maria, che continuava a insistere, aveva detto: «Non posso abbandonare i miei ammalati, se io mi fermo cosa faranno, dove andranno?». E ora lui dice: «Faceva turni disumani, spesso arrivava dopo le due di notte, viveva per i suoi ammalati, era un angelo». Così è andata incontro a una nuova giornata pesante con la fila delle persone che l’aspettava. Il suo malessere era sempre più forte, ma non si è arresa. Si è iniettata un antidolorifico, non è servito. Quando è crollata, ha chiamato il 118, non sono riusciti a salvarla. È morta per una sospetta polmonite bilaterale, troppo tardi per gestirla. Non ricordiamola soltanto per il suo eroismo quotidiano, lei che sin da bambina voleva fare il medico e aveva scelto la medicina di base «perché lì c’è molto bisogno di aiuto», aveva confidato alla mamma. Il suo sacrificio richiama la sempre più difficile situazione della sanità. «Abbiamo affidato alle sue fragili spalle, come alle fragili spalle di tanti suoi colleghi, un carico di lavoro insopportabile», ha detto Angela Testone, sindaca di Dorgali. «A Maddalena va la nostra riconoscenza per avere incarnato, oltre ogni limite, i principi del codice deontologico. Non possiamo però tacere una ferma condanna per una situazione che vede sempre più territori sguarniti dei più essenziali presidi di assistenza, in primis il medico di famiglia con conseguenti sovraccarichi di lavoro per chi resta. Una situazione che per molte zone della Sardegna, ma anche in tutta Italia, sta diventando una dramma quotidiano… Lo Stato e le regioni hanno il dovere di intervenire, perché nessun medico deve più morire per il suo lavoro», ha commentato Filippo A. presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici. Ma la vicenda di Maddalena ci dice anche come in una sanità in disarmo e traballante ci sono ancora medici che continuano con dedizione totale a lottare per i loro ammalati, come al tempo del Covid, mettendo a rischio la propria vita. |
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Post n°4178 pubblicato il 23 Ottobre 2025 da namy0000
Tag: articoli, distinguere, domande, fatti, giornali, idea, incontri, opinione, orientamento, Persone, preconcetto, pregiudizi, ragazzi FC n. 42 del 19 ottobre 2025 Caro don… Le domande dei ragazzi Facendo incontri con persone, hai mai avuto pregiudizi? – Maria, 15 anni Cara Maria, una volta i professori ci invitavano ad acquistare vari giornali e a sperimentare come testate diverse, a seconda dell’orientamento politico e sociale, trattavano lo stesso tema. E ci facevano esercitare a distinguere i fatti, che si desumevano dalla lettura di tutti gli articoli, dalle opinioni. E lì si cominciava a capire come, tanto chi scriveva quanto ciascuno di noi che li leggeva, partiva da un’idea preconcetta. E la sfida, nella discussione che seguiva, era non tanto di convincere l’altro della nostra, quanto di avere la forza e lo spirito di mettere in discussione la nostra. Almeno in parte. Sforzo che era spesso superiore alle nostre forze, perché è sempre difficile lasciarsi convincere, quasi che sia più una questione di orgoglio che non di ricerca della verità. Il vocabolario Treccani definisce il pregiudizio una «idea, un’opinione concepita sulla base di convinzioni personali e prevenzioni generali, senza una conoscenza diretta dei fatti e delle persone». Un rischio, dunque, che corriamo tutti. Anche quando incontriamo altre persone di cui sappiamo magari qualcosa, che però condiziona a priori il nostro giudizio su di loro. Almeno inizialmente. Succede anche a me quando incontro gente. Credo però che il vero tema sia il passo dopo: quanto sono personalmente disposto a mettere in discussione il mio giudizio dopo aver conosciuto la persona? E quanto, non conoscendola, sono capace di non assolutizzare il mio giudizio? |
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Post n°4177 pubblicato il 19 Ottobre 2025 da namy0000
2025, FC n. 42 del 19 ottobre Filippo, maestro di vita nel dolore Filippo non avrebbe dovuto esserci. Quando gli hanno diagnosticato la sindrome di Arnold-Chiari, ci hanno subito proposto di abortire. Noi genitori ci siamo rifiutati, perché quella vita andava custodita, amata e salvata. Era il nostro terzo figlio, concepito anche lui con amore: non potevamo buttarlo via come un errore. Lì è iniziata una nuova avventura con una persona che voleva vivere: una vita piena di difficoltà, di sofferenza, di interventi chirurgici, di ricoveri ospedalieri, ma anche colma di gioia e di amore. Tutta la famiglia è stata coinvolta in questa avventura, non solo noi genitori, ma anche la sorella Francesca e il fratello Giacomo. Grazie a Filippo ci siamo avvicinati alla chiesa, frequentando un gruppo di preghiera seguito da padre Daniele Hekic. I medici non ci davano nessuna speranza sul fatto che lui potesse parlare o camminare. Invece, con grande sorpresa di tutti, grazie alla preghiera, alla coesione della famiglia, e alla sua forza, Filippo ha cominciato a parlare e a camminare. Un grande grazie va alla scuola dell’infanzia della parrocchia di San Giorgio in Bosco (Padova), soprattutto alla maestra Elisabetta, per la cura e la premura con cui ha seguito nostro figlio in quei primi anni. Nonostante il suo deficit cognitivo e motorio, ha iniziato poi a frequentare la scuola dell’obbligo accompagnato dai suoi maestri di sostegno, fino alle scuole superiori dell’Istituto Rolando da Piazzola, a cui anche va il nostro grande grazie. Dopo il diploma, è stato accolto dalla cooperativa Fratres di Campo San Martino, nella quale si sentiva valorizzato. Filippo faceva parte di un gruppo di preghiera in cui abbiamo conosciuto la nostra amica Mirella, che ci è rimasta sempre vicina ed è diventata la sua madrina di cresima. Era molto devoto della coroncina della Divina Misericordia. È significativo che sia morto dopo che noi genitori abbiamo recitato alle ore 15, accanto a lui, questa preghiera, tenendolo per mano. È spirato tra le braccia della Divina Misericordia. È stato un vero dono per tutti quelli che lo hanno conosciuto. Aveva un sorriso per ognuno e una battuta sagace per quelli che conosceva. È stato lo scopo della nostra famiglia, colui che è riuscito a mantenerla unita. Negli ultimi tre mesi è sopraggiunto un tumore inoperabile al cervelletto, che ha causato ulteriori sofferenze. Filippo amava rimanere in penombra, mentre vicino a lui si pregava. Prima di morire è riuscito a confidare: «Mamma io vado in cielo, è un posto bellissimo, l’ho visto. Ho visto Gesù e mi ha sorriso, è molto bello, non preoccuparti». Nato in silenzio, senza piangere, con amore, Filippo è spirato in silenzio, con amore, nel giorno del Giubileo dei giovani, il 2 agosto 2025: lui che era nato nell’anno del Giubileo del 2000. Il 6 agosto 2025, Trasfigurazione del Signore, abbiamo celebrato le sue esequie. Possiamo affermare con franchezza che Filippo è stato il nostro giubileo: gli chiediamo di starci vicino anche dal cielo in cui si trova – Sabina C. e Giorgio Z. |


Inviato da: animasug
il 28/07/2025 alle 13:38
Inviato da: vitaslim
il 08/09/2024 alle 08:55
Inviato da: vitaslim
il 08/09/2024 alle 08:54
Inviato da: animasug
il 13/08/2024 alle 15:52
Inviato da: cassetta2
il 05/08/2024 alle 10:19