Creato da namy0000 il 04/04/2010

Un mondo nuovo

Come creare un mondo nuovo

 

 

Dalla parte di chi è debole

 

2024, FC n. 11 del 17 marzo

Perché i conflitti tra i potenti gravano su chi è innocente? – Giovanni, 15 anni

Caro Giovanni, le scene che vediamo in Uraina, Medio Oriente e negli altri 57 conflitti “sporchi” nel mondo ci parla di gente innocente che paga con la vita per la guerra. Poco importa che le bombe vengano da terroristi o da eserciti regolari. Chi sono, allora, i potenti se non coloro che hanno il potere di decidere sulla vita degli altri? Politici, gruppi di pressione, multinazionali che controllano il mercato delle armi, l’economia mondiale e che sfruttano le risorse dei Paesi più poveri. Nella Bibbia il grido dell’uomo calpestato sale a Dio: «Fino a quando i malvagi, Signore, fino a quando i malvagi trionferanno? Calpestano il tuo popolo, opprimono la tua eredità. Uccidono la vedova e il forestiero, massacrano gli orfani» (Salmo 94). Noi, allora, cosa possiamo fare? Bob Dylan, nella canzone Blowin’in the Wind del 1962, manifesto pacifista dei giovani americani negli anni del Vietnam, cantava: «E quante orecchie deve avere un uomo prima che ascolti la gente piangere? E quanti morti ci dovranno essere affinché lui sappia che troppa gente è morta?».

La risposta sembra amara e sfiduciata. «La risposta, amico mio, se ne va nel vento». Dovremmo allora chiederci perché lasciamo che pochi potenti decidano della sorte dei popoli. Non sarà che l’umanità impaurita cerchi sicurezza in leader forti, che promettono stabilità, salvo poi rivelarsi veri e propri tiranni? Non abituarti mai alle scene di violenza e sopruso: con la tua domanda dai voce a chi non può esprimersi attraverso le opportunità che si presentano nella tua quotidianità. E, se puoi, con la tua voce innalza una preghiera per tutti gli innocenti. C’è chi si schiera dalla parte dei potenti. Tu stai sempre dalla parte di chi è debole.

 
 
 

Padre di strada. Buona festa del papà

 

2024, Scarp de’ tenis, dicembre

Caro Babbo. Se vieni a Natale, ti porto sulla 90

Caro Babbo Natale, sono Franco. No, non il piccolo Franco, uno di quei bambini che ti aspettano per i regali davanti al caminetto di casa. Sono il Franco nato a Novara 62 anni fa, adottato a 9 mesi, cresciuto e sempre vissuto in una cittadina di provincia pedemontana, sposato, due figli, vita laboriosa da informatico con diploma da geometra e un curriculum di quattro pagine. Magari con tutte le richieste che ti arrivano per lettera e per mail hai bisogno di qualcuno che ti rimetta in ordine il pc.

Vita ordinaria fino al divorzio, caro Babbo, una dozzina di anni fa, troncando ho lasciato casa all’ex moglie, tanto a Milano avevo una compagna e riuscivo a dare una mano nella sua lavanderia, anche perché la ditta per cui lavoravo da sempre era fallita e il tentativo di provare ad aprire un negozio tutto mio non ha funzionato. Galleggiavo tra la sua casa e la lavanderia, ti dicevo, fino a che anche la nuova relazione si è interrotta. Niente più lavoro, né reddito, nessuna possibilità di pagare il nuovo affitto, inesorabile piano inclinato verso lo sfratto. Giunto puntuale a settembre, anno di disgrazia 2017. Casa amara casa.

Sono finito in strada, e non ne sapevo nulla. Non ero allenato a quel mondo nascosto che ancora oggi è il mio mondo, anche se sto provando a risalire, ma ne riparliamo prima dei saluti. Da settembre a novembre panchine, marciapiedi, androni, pernottavo senza metodo dove capitava. Cominciava a far umido e qualcuno mi disse del Rifugio Caritas di via Sammartini, nel suo genere un cinque stelle, peccato poterci rimanere solo qualche mese. Poi sono venute le notti a Ortles e siccome non mi sono mai abbattuto, di giorno mi facevo 12 chilometri a piedi ispezionando la città da misuratore di contatori d’acqua della MM, peccato che non mi abbiano rinnovato il contratto. E poi altri piccoli alloggi soprattutto durante il grande letargo da Covid, un anno e mezzo di sonni senza sogni sulla 90, sempre sia resa lode ai bus notturni, ci torno anche adesso, quando non posso di meglio.

Caro Babbo che vuoi che ti racconti della Milano di strada? Non c’è più la nebbia, l’avrai già notato slittandoci sopra negli ultimi anni, in compenso disorienta la coltre di indifferenza che ammanta i piani bassi, la gente di guarda con un altro occhio, quando sei reduce dagli scantinati della metropoli, e dico occhio al singolare perché quasi tutti voltano proprio la faccia, per evitare di guardarti. Forse ai tempi della mia esistenza benestante lo facevo anch’io con quelli che erano ruzzolati prima di me, ma adesso so che anche qui sotto, nei piani bassi, ci sono persone, siamo persone. E abbiamo fame e sete, anche di uno sguardo diverso.

Però non mi lamento, ormai conosco i posti caldi, le panchine giuste, le file turbolente alle mense generose. A Milano si può morire di gelo d’inverno o di afa d’estate, ma nessuno morrà mai di fame. Non mi lamento perché ho scoperto sulla mia pelle che parlando risolvi molte piccole questioni della tua giornata, e così mi sono fatto gli amici giusti, persone fidate che, come me, provano a darsi stimoli, a coltivare relazioni, a porsi minimi obiettivi per non mollare psicologicamente, sennò si precipita nel degrado di se stessi. Lo vedi, non ho vestiti firmati, ma riesco a tenermi in ordine.

E allora se dovessi chiederti un regalo, caro Babbo, per Milano domanderei meno microviolenza e meno macroarroganza. Sulla 90 vedi gente malandata che si accapiglia per un niente, e dall’altro sedile ti squadra il sciur perbene disprezzandoti con lo sguardo nella convinzione che tu, cioè io, sia quello che sono oggi, il reietto.

Per il mondo non ce la faccio a chiedere la pace, lo so che dovrei, sarà scritto in tutte o quasi le lettere che ti spediscono. Lo so che israeliani e palestinesi si stanno massacrando, ricevo una valanga di newsletter sul telefonino che è il mio ancoraggio al mondo e quando per due volte me l’hanno fregato mi sono sentito perso. Ma è un tema troppo lontano. Sì, mi piacerebbe che la pace fosse davvero per tutti, ma io anzitutto devo pensare a fare pace con il mio domani. E allora per me, Babbo, non voglio la luna, è troppo lontana. Mi basterebbero due cose: una casettina, ma proprio ina ina, un punto fermo dove possa dormire sicuro e caldo, e stare da solo se voglio stare da solo e invitare un amico se voglio invitare un amico. Certo, Milano ha prezzi folli, però io chiedo un angoletto. Perché la cosa che mi fa più male è quando incrocio uno per strada che si mette la mano in tasca, estrae un mazzo di chiavi, ne infila una nella toppa e apre il portone. E perché io no?

E poi, amico Babbo, avrei ancora voglia di lavorare, quindi per ora ringrazio il cielo di avere Scarp, ecco l’altra faccenda di cui volevo parlarti, che mi occupa metà della settimana, qualche volta la vendita va bene, altre meno, ma vuol dire avere un impegno e uno stimolo, e qualche gruzzolo in tasca per alcune notti in ostello o per la pizza quando, due-tre volte l’anno incontro i miei figli che non sanno di avere un padre di strada.

Avevo detto due cose, Babbo, ma ce ne sarebbe una terza. Ho sempre costruito modellini, con qualsiasi materiale, aerei,vascelli, l’ultimo una Ferrari in scala 1:8, cento fascicoli, ci ho messo due anni, è stata un’impresa avvincente, paziente, metodica. Sarebbe sì un bel regalo di Natale: ma torniamo al problema del posticino dove costruirlo e poi lasciarlo, il modellino. Alla fine, caro Babbo, permettimi una domanda irriverente. A te, che non so se è davvero così, ma ti disegnano così, con una cascata di peli bianchi lunga il quadruplo della mia, ti hanno mai detto barbone? A me in faccia no, ma sono sicuro che il sciurun della 90 dentro di lui mi apostrofa così. Magari se vieni a Milano a Natale ti fai un giro con me, sul notturno. E spargi per le strade di questa città la polverina fine, svolazzante e scintillante di un po’ di fraternità. Allora ti aspetto. Tuo Franco.

 
 
 

Malessere

In questi tempi, 2023, i disturbi psichici sono un malessere che si manifesta in fasce d’età sempre più giovani e vulnerabili. «Questa sofferenza, oggi così diffusa, ci ha impegnati anche in un “Progetto giovani”, una sorta di laboratorio permanente, che vuole andare oltre la cura, nella ricerca di nuovi traguardi. In particolare con interventi di prevenzione che aiutino persone giovani in situazioni personali e familiari disturbate o che vivono relazioni difficili a scuola e sul lavoro, per cui è prioritario intervenire fin dal primo momento della manifestazione del disagio ed evitare che arrivino in ospedale con patologie troppo serie, difficilmente guaribili».

Ci sono patologie che in passato non si era in grado di diagnosticare. Ci si occupava solo delle patologie più gravi, per le quali la persona veniva poi isolata o vissuta come pericolosa. Ma sono pure aumentati depressione e disturbi d’ansia, anche per fattori legati al contesto: 100 anni fa l’età media era molto bassa, con elevata mortalità infantile, malnutrizione, assenza di antibiotici: oggi viviamo in una società complessa e in veloce evoluzione che ci sottopone di più al sovraccarico mentale, chiedendoci performance sempre maggiori. Sono cambiati gli stili di vita, alcuni fattori come l’uso e l’abuso di stupefacenti, specie in un’età in cui il cervello è in formazione, concorrono ad abbassare l’età d’esordio di disturbi che si sarebbero manifestati più tardi o non si sarebbero manifestati.

In tema di salute mentale gli investimenti non sono proporzionati alle necessità. I nostri servizi sono nati con la chiusura degli ospedali psichiatrici, pensati per curare soprattutto le psicosi degli schizofrenici e i casi di grave bipolarità, che però oggi rappresentano solo un quarto delle patologie psichiatriche, benché assorbano nei servizi la maggior parte delle energie. Ora abbiamo molte più forme ansiose e depressive, disturbi di personalità, dipendenze, problematiche connesse all’avanzare dell’età media.

Ci vorrebbe più prevenzione primaria che lavori sui problemi sociali che possono facilitare l’insorgenza di un disturbo psichico: sui disagi della famiglia e dell’infanzia, sul post partum e sulla gravidanza, sull’abuso di sostanze. E poi sarebbe importantissimo intercettare presto i disturbi, per poter agire con maggiore efficacia. E invece la fascia dell’adolescenza è la più scoperta.

Chi ha disponibilità prende la via del privato o del privato accreditato, ma il rischio è che chi non può non si curi. Sa quante volte mi sono sentita chiedere: “Ma non sarebbe meglio riaprire i manicomi?”. È una cosa senza senso, dettata dalla disperazione. Per questo dico che bisogna agire presto: prima si lavora, meglio si convince la persona a curarsi. Quando le malattie vanno avanti è tutto più difficile, anche per le famiglie.

 
 
 

Paura della cultura

2024, FC n. 10 del 10 marzo

Contro la ‘ndrangheta armati del Vangelo

Auto incendiate, minacce, un proiettile al vescovo, addirittura candeggina nel vino della Messa. Al clima d’intimazione la comunità dei fedeli risponde senza paura con una marcia silenziosa.

Atti intimidatori non eclatanti ma numerosi, investono non solo la Chiesa, ma il mondo della sanità, della scuola. Non si riconoscono le istituzioni.

«Lo Stato è fortemente, decisamente, presente, molto di più che nei tempi passati. E così speriamo anche la Chiesa, sempre a tutela dei nostri figli. Sono contento che questa nostra povera provincia stia cominciando davvero a percepire le forze dell’ordine che meritano per il sacrificio costante che spendono per noi. Azioni che in forma anonima, vigliacca, delinquenziale stringono questa provincia in quella povertà che non è solo economica, ma culturale. Che rende difficile l’accesso al sistema bibliotecario, ai musei, alle scuole, a tutto ciò che attiene a una possibile crescita. E allora dobbiamo avere il coraggio di venire allo scoperto e di dire il nostro no a tutte le forme di violenza, di mafia o di altre cose che gli assomigliano. Reagiremo con forza, pregando per questi fratelli che stanno portando lacrime e disperazione». E dalla preghiera riparte tutta la comunità. Con la fiaccolata silenziosa che ha riempito, sabato 2 marzo 2024, le strade di Cessaniti, il piccolo comune in provincia di Vibo che ha visto l’intimidazione di 2 suoi sacerdoti, del commissario prefettizio, di esponenti della società civile, per non sentirci soli, per non farci rubare, ancora, le nostre speranze e i nostri sogni. Per aprire gli occhi, con la nostra luce, a chi si ostina a non voler vedere. «Non dobbiamo rispondere all’odio con l’odio. Non dobbiamo farci scoraggiare da questo linguaggio di violenza», dice monsignor Nostro.

«Anche io ne so qualcosa», racconta la presidente dell’associazione culturale «a me hanno fatto trovare una lettera in campagna. Andiamo tutti i giorni, io, mia madre o mio marito per governare gli animali. Quando ho visto cosa mi avevano scritto non ci potevo credere. Insulti, minacce, mi avvertivano di non candidarmi alle prossime elezioni, di non scrivere, di tapparmi la bocca. Eppure non ho mai avuto intenzione di mettermi in politica. Con la Crisalide animiamo il territorio, facciamo cultura. Io scrivo poesie, non avrei mai immaginato di poter dare fastidio».

I bambini di San Luca e quelli di Gioia Tauro leggono le poesie di Corrado Alvaro. Suonano la fisarmonica intonando i canti dedicati alla Madonna della Montagna. Parlano in dialetto, in italiano, in inglese. Incantano il pubblico con il flauto e il pianoforte. Tanti progetti che coinvolgono famiglie e studenti. Una scuola per generare una alleanza educativa con i minori in cui sono proprio loro, i più piccoli, i protagonisti.

Stanno diffondendo questi atti di intimidazione, per creare tensioni e paura per riaccreditarsi sul territorio, ma gli inquirenti gli daranno vita breve. E anche grazie a maestre bravissime, a insegnanti che credono nella forza rivoluzionaria della cultura, cominciano a intravvedere un futuro diverso. Lo mettono in scena con i cortometraggi che realizzano. Annunciando il Vangelo, denunci automaticamente un modo di fare sbagliato. Praticare il Bene e l’Amore diventa un ostacolo un altro tipo di mentalità fatto di sopraffazioni e violenza: piccoli passi per rimettere al centro della vita di ciascuno Cristo e la fede. si tratta di stare accanto alle persone perché non vengano sfruttate per vili interessi. Occorre costruire opportunità, cultura, lavoro. Pensate davvero che se si ha una possibilità di lavoro onesto la gente preferisca delinquere? Nessuno sogna di diventare manovalanza della criminalità. La cultura del bello, il contrasto al degrado, all’abbandono, i progetti sociali che danno dignità alle persone. È ovvio che questo dà fastidio e ci sono persone che ci contrastano. Un tessuto sociale nuovo. Forse è proprio questo che dà fastidio a una certa mentalità. Quel che è certo è che il territorio sta cambiando. C’è una nuova generazione che sta prendendo in mano la società. Dobbiamo dare coraggio, riconoscimento e merito a chi si impegna. Le forze dell’ordine, i magistrati hanno ripulito grandemente il territorio e oggi c’è una speranza nuova. Dobbiamo coltivarla per non tornare a far sentire tutti dei brutti anatroccoli, condannati senza possibilità di riscatto.

 
 
 

Prima Gmb

Post n°3990 pubblicato il 12 Marzo 2024 da namy0000
 

2024, FC n. 10 del 10 marzo

Siate costruttori di pace

Il Papa ai bambini in vista della loro Prima Giornata Mondiale che si svolgerà a Roma il 25 e 26 maggio 2024

Il Papa esorta a non dimenticare chi di voi, ancora così piccolo, già si trova a lottare contro malattie e difficoltà, all’ospedale o a casa, chi è vittima della Guerra e della violenza, chi soffre la fame e la sete, chi vive in strada, chi è costretto a fare il soldato o a fuggire come profugo, separato dai suoi genitori, chi non può andare a scuola, chi è vittima di bande criminali, della droga o di alter forme di schiavitù, degli abusi. Insomma, tutti quei bambini a cui ancora oggi con crudeltà viene rubata l’infanzia.

Ascoltateli, anzi ascoltiamoli, perché nella loro sofferenza ci parlano della realtà, con gli occhi purificati dale lacrime e con quell desiderio tenace di bene che nasce nel cuore di chi ha veramente visto quanto è brutto il male.

Alla prima Giornata mondiale dedicata ai bambini saranno presenti anche Gigi Buffon, Marco Impagliazzo, president della Comunità di Sant’Egidio, Aldo Cagnoli, vicecoordinatore della Giornata mondiale dei bambini, Stella Cervogni, responsabile delegazioni estere della Gmb, Marco Mezzaroma, president di Sport e Salute, padre Enzo Fortunato, coordinator della Giornata, ha reso noto che sono arrivate già circa 58 mila adesioni da oltre 60 Paesi del mondo. Ci sono delegazioni anche da Paesi in Guerra come Afghanistan, Etiopia, Eritrea, Ucraina, Mozambico ma anche da Gaza e Israele, ha sottolineato il religioso, e si prevede di arrivare a oltre 100 mila presenze a Roma.

La Giornata dal tema Ecco io faccio nuove tutte le cose sarà accompagnata dall’inno ufficiale composto da don Marco Frisina dal titolo La novità del mondo.

Un appuntamento che papa Francesco ha volute grandemente, come scrive nel messaggio, per sottolineare quanto sia importante ciascun bambino. «Ci ricordate che siamo tutti figli e fratelli, e che nessuno può esistere senza qualcuno che lo mette al mondo, nè crescere senza avere altri a cui donare amore e da cui ricevere amore», dice papa Francesco. E affida loro il compito di pregare, il segreto per essere felici, e di farlo con il Padre nostro pensando alle parole che Gesù ci ha insegnato, perché Gesù ci chiama e ci vuole protagonisti con Lui di questa Giornata mondiale, costruttori di un mondo nuovo, più umano, giusto e pacifico.

 
 
 
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