Creato da namy0000 il 04/04/2010

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A San Francisco

“A San Francisco, il cuore della Silicon Valley sede di giganti tecnologici come Google, Facebook, Uber e Airbnb, accanto un’élite di persone ricchissime, colte, sportive, che alloggiano in megaville, convive una massa di altri esseri umani che svolge lavori sottopagati e precari, che spesso una casa non ce l’ha neppure più e dorme in auto. Da una parte, manager ingegneri e programmatori, gli Homo Premium, come li definisce nel titolo del suo saggio Massimo Gaggi, editorialista del Corriere della Sera; dall’altra gli esclusi dall’enorme ricchezza da loro prodotta.

La tesi del suo libro è che a San Francisco si replicherà su larga scala: se non ci saranno correttivi, il progresso tecnologico acuirà le già drammatiche disuguaglianze sociali esistenti: ‹‹Anche gli studiosi più ottimisti concordano con quest’analisi: le tecnologie tendono a concentrare il reddito nelle mani di pochi››.

Nel libro lei dice che i lavori del futuro saranno sempre più basati sull’idea di essere “imprenditori di sé stessi”. Dovremo cioè imparare a essere sempre più flessibili, a cambiare a seconda di ciò che il mercato richiede. Con quali conseguenze?

‹‹Questo già avviene in America con la cosiddetta Gig economy che coinvolge ormai circa 10 milioni di persone e che si sta diffondendo anche in Europa. Sono lavori molto precari e con un basso livello di retribuzione, come la consegna dei cibi a domicilio, che possono andare bene a uno studente, di certo non a chi deve provvedere a una famiglia. Anche perché non si ha nessun controllo sul giro di affari. Uber, l’azienda che tramite una app fornisce un servizio di trasporto su auto, alternativo al taxi, mettendo in contatto passeggeri e autisti, da un giorno all’altro per far fronte alla concorrenza, ha deciso di dimezzare le tariffe. I clienti sono stati molto contenti, gli autisti molto meno, perché hanno visto di colpo dimezzati i loro introiti››.

I “tecno-ottimisti” sostengono che al posto dei lavori fatti dai robot ne nasceranno altri legati a settori come l’ambiente e la salute…

‹‹Sì, ma si tratterà di mestieri credo marginali. Kai-Fu Lee, uno scienziato che ha lavorato a lungo per Microsoft, Google e Apple, sostiene che una possibile risposta alla distruzione dei lavori cognitivi prodotta dall’intelligenza artificiale, sarà retribuire quelle attività che oggi rientrano nella categoria del volontariato e che richiedono una qualità che i robot non possono replicare: l’empatia. Dall’accompagnare gli anziani dal medico, al servire i pasti alle mense dei poveri. Lavori che sarebbero pagati dallo Stato o da enti filantropici. Ma sarebbero comunque solo degli ammortizzatori di una caduta dell’occupazione altrimenti ancora più devastante››.

È questo il motivo per cui figure dei giganti digitali come il capo di Facebook Mark Zuckerberg si sono detti favorevoli all’introduzione di forme di reddito per chi non lavora? Dare un po’ di soldi per sterilizzare il conflitto sociale e mantenere così lo status quo, cioè la concentrazione della ricchezza nelle mani dei pochi homo premium…

‹‹Gli esperimenti che si stanno facendo in America vanno proprio in questa direzione. Le imprese sostengono interventi pubblici in salari di sussistenza e in miglioramenti dell’istruzione per disinnescare un conflitto sociale che altrimenti potrebbe deflagare, portando all’ordine del giorno ciò che temono di più: un intervento pubblico per regolamentare la loro attività, rompendo la condizione di monopolio in cui molte operano››.

Quali indirizzi di studi sono più congeniali a questi scenari?

‹‹Le figure più richieste sono quelle legate all’ingegneria e all’informatica. Però non bisogna essere perentori. Nel saggio L’algoritmo definitivo Pedro Domingos dice che l’automazione cancellerà prima il suo lavoro, il programmatore di computer, che quello di filosofo o di storico. Già ora aziende come Amazon e Uber assumono filosofi e giuristi per contenere gli eccessi di cultura ingegneristica che possono danneggiare la loro immagine››.

Nel libro racconta che in America anche nella selezione del personale le macchine hanno già sostituito in gran parte gli esseri umani. Per cui può capitare che un candidato valido venga scartato perché nella sua pagina Facebook c’è una foto che lo ritrae in una sbronza di gioventù…

‹‹Sì, i dati personali sono un bene prezioso, per cui bisogna stare molto attenti a ciò che si pubblica sul Web. Ma la cosa che mi impressiona di più è che tu non saprai mai perché sei stato scartato, perché la decisione è stata presa da un algoritmo. E nessuna azienda ti verrà mai a spiegare come funziona. Proprio come fanno Facebook o Google, ce evidenziano alcuni contenuti anziché altri secondo una logica che ci è sconosciuta››” (Intervista a Massimo Gaggi, editorialista del Corriere della Sera, FC n. 31 del 5 agosto 2018).

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