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La libertà e il rispetto

2021, Avvenire 13 luglio

Grande e dura sfida per questo tempo. La libertà e il rispetto

La sfida appassionante, ma ardua, di interpretare le trasformazioni veloci che si accavallano in questo passaggio d’epoca sta impegnando molte intelligenze e la parte dell’opinione pubblica più avvertita.

Una sfida che spesso ci manda in confusione perché i paradigmi abituali che ci aiutavano a orientarci nella realtà sembrano non funzionare più: ad esempio, il paradigma sociopolitico destra-sinistra si rivela sempre più spesso una matrice concettuale isterilita. In questi ultimi tempi, sembra prevalere per la verità il binomio progressisticonservatori, ma anche in questo caso si resta piuttosto insoddisfatti. Per esempio nell’incandescente dibattito sul disegno di legge Zan non sempre quanti si dicono preoccupati per l’ipotesi di una restrizione della libertà di affermare che la famiglia è composta da un uomo e una donna o che l’«identità di genere» non può essere usata per 'cancellare' il corpo delle donne (e degli uomini) sono disposti a vedersi poi etichettare come conservatori.

Dunque appare sempre più evidente che ricorrere a una costellazione valoriale nota e classificata (come nel caso di destra-sinistra o di progressisticonservatori) non serve a comprendere di volta in volta qual è la posta in gioco.

Prendiamo, ad esempio, la libertà d’espressione: molti e giustamente la ritengono un diritto inalienabile, costituzionalmente definito e radicato nelle grandi Carte della civiltà umana (la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo dell’Onu del 1948). Altri (una minoranza?) ritengono che pur essendo un diritto fondamentale ci sono circostanze in cui essa viene a confliggere con altri diritti, di uguale rango e importanza o comunque di forte rilevanza sociale. Facciamo il caso del diritto del minore a una crescita equilibrata e sana (Convenzione internazionale dei diritti dell’infanzia dell’Onu del 1989); o l’esempio della sacralità delle fedi religiose da rispettare sempre e comunque (tema fondativo per l’Unione Europea, e per alcune religioni, come sappiamo, rilevantissimo) o ancora altri. Più in particolare, nel caso della tutela dei minori da influenze che possono turbarne il delicato equilibrio, si parla anzi di «superiore interesse del minore», come a dire che laddove esso confligga con altri importanti e riconosciuti diritti, esso deve prevalere. Cosa che naturalmente non accade non avendo i minori stessi peso rilevante nell’agone del consenso politico e non bastando la forza della società civile impegnata a favore dei minori rispetto a interessi economici imponenti.

Si vanno profilando, dunque, sullo scenario della convivenza civile a livello planetario alcune grandi antinomie; e forse una delle più rilevanti è proprio quella rappresentata dalla libertà d’espressione (di matrice più eterogenea di quanto comunemente si sia disposti a riconoscere) contrapposta al diritto alla tutela di specifiche sensibilità: dei minori, di appartenenti a uno specifico credo, di omosessuali, transgender e via di seguito. Ci sarebbero da citare anche le donne, ma ormai il loro spirito di sopportazione è talmente cresciuto da ridursi di fatto a una débâcle totale, ed è diventato cedimento di fatto a una concezione e una rappresentazione nell’industria culturale di massa occidentale che le mortifica e le offende (se non fosse che da altre culture vengono concezioni, per motivi opposti, degradanti). Dunque libertà d’espressione da una parte, limitazione della libertà per tutelare determinati soggetti dall’altra, un’antinomia forte, che dà carne e sangue a quella forzata convivenza ereditata da tutti alla nascita e che quotidianamente ci porta a limitare la nostra libertà quando lede quella degli altri.

Ebbene, se non si fa uno sforzo d’onestà intellettuale, se non si cerca di respirare a pieni polmoni e ossigenarci la mente non se ne viene a capo, e non riusciremo a comprendere in maniera fertile, generativa i nuovi fenomeni. Qualcuno potrebbe derubricare tale antinomìa e sostenere che, dopotutto, si sta parlando di 'politicamente corretto'. Ma quest’ultima è una definizione all’acqua di rose, depotenziata, un po’ zuccherosa che copre in realtà uno scontro formidabile destinato a ingigantire nella società del Terzo millennio, che ci mette tutti insieme (troppo stretti per risolvere la questione ignorandoci) sullo stesso scenario. È in fondo l’esito culturale della globalizzazione.

Il punto non è 'essere politicamente corretti' ma far convivere e interagire concezioni, idee, sensibilità che urtandosi fanno scintille, si minacciano e si corrodono reciprocamente, promettono di annientarsi. La torsione tra libertà e tutela non è un tema da talk show sornione, è un confronto aspro e profondo. Per scioglierlo di volta in volta ci vorrà tanta onestà, tanta apertura mentale, tanta pazienza. Soprattutto un riconoscersi sinceramente 'fratelli tutti'.

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