Un mondo nuovo

La vita? Molto più grande di un campo da gioco

2024, FC n. 34 del 25 agosto

La vita? Molto più grande di un campo da gioco.

Il famoso tennista Roger Federer, già leggenda in quello sport, è stato di recente insignito da un college americano di una laurea honoris causa in lettere e nel suo discorso ai giovani ha trasmesso loro la gioia di vivere oltre il proprio campo da gioco, perché “la vita è più grande di un campo da gioco”: «La verità è che qualunque sia il gioco che giocherai nella vita, a volte perderai… Ho capito molto presto che volevo servire altre persone in altri Paesi, così ho iniziato una fondazione per dare potere ai bambini attraverso l’istruzione, così abbiamo raggiunto finora 3 milioni di bambini africani privi di istruzione e formato 55 mila docenti… Tutti avete così tanto da dare e spero che troverete i vostri modi unici per fare la differenza».

Ci chiediamo spesso dove si è bloccato il meccanismo educativo e motivazionale di tanti giovani e meno giovani, per cui la suggestione di Federer, ovvero la ristrettezza del campo da gioco in cui ci troviamo di fronte alla grandezza del mondo, forse coglie nel segno di quella visione troppo piccola e immiserita di valori e di sogni da sortire persone scontente, ingabbiate e infelici, anche se protette. In fuga dai casi complicati della vita, fuori dal campo protetto, non solo diminuisce il disagio, ma aumenta, e indebolisce anche le capacità di reazione. Ce l’aveva già detto don Lorenzo Milani in una frase citata anche da papa Francesco durante le recenti Settimane sociali di Trieste: «Ho capito che il problema degli altri è anche il mio, sortirne fuori insieme alla politica, sortirne da soli è l’avarizia». E qui entra in campo la cultura e l’educazione, siamo terz’ultimi come italiani per lettura di libri in Europa, televisione e social non ci schiodano quasi mai dall’effimero e dal banale, vanno perciò rilanciati progetti fuori dal campo da gioco individuale, in cui ci stiamo inaridendo e mettendo gli uni contro gli altri, e bisogna investire risorse economiche e umane per ridare sapore e gioia di vivere oltre le sbarre di un vivere senza senso e senza spinte ideali. Penso che le nuove generazioni ne sarebbero felici, che il clima sociale sarebbe più respirabile e coeso, che tutto ciò, come ha detto il famoso tennista, può fare davvero la differenza a partire da ciascuno di noi, senza esclusioni e ognuno a suo modo – Silvano M.

Caro Silvano , le parole di Federer potrebbero sembrare a prima vista quelle di un privilegiato. La cosa che colpisce è che nella vita quel campione non si è fatto assorbire solo dal campo da gioco, ma ha saputo guardare oltre. Questo è commendevole. Non tutti i campioni ne sono capaci. Guardare “oltre” serve per vivere in pienezza il proprio tempo, ma è molto utile anche per uscire dalle proprie crisi personali.

Mi è capitato a volte di consigliare a dei giovani un po’ in crisi di fare esperienza di solidarietà in qualche zona disagiata. È la strategia pedagogica di padre Georg Sporschill, un gesuita da decenni impegnato con i più poveri in Romani, che accoglie da sempre ragazzi e ragazze che vengono dai Paesi più ricchi dell’Europa occidentale. Spesso annoiati di fare le “solite” cose, di dover diventare “qualcuno”, distratti dalle valanghe di vacuità da cui si fanno bombardare (soprattutto sui social) questi giovani recuperano miracolosamente la voglia di vivere quando vengono responsabilizzati sul terreno (che diventa il loro nuovo “campo di gioco”) con bambini sfortunati, fuggiti alla miseria, alla droga e all’abbandono, che vengono loro affidati per qualche ora al giorno, ad esempio per fare i compiti o per giocare. Accade proprio quello che diceva don Milani: il problema di quel bambino diventa anche il “mio” problema e, per questo, divengo un soggetto politico, un cittadino consapevole e responsabile di tutti. La cultura, come dici tu, fa il resto, ma va resa cosa pratica, proprio come insegnava il maestro di Barbiana.

Molti giovani sembrano più attratti dal divertissement, dalla distrazione. E questo non è certo un fenomeno solo di oggi. Qualche settimana fa mi è accaduto di partecipare in un paese vicino a Como a una “serata” di Nomadelfia, uno spettacolo viaggiante in cui viene portata in modo artistico, giovane (decine i loro ragazzi e bambini sul palco tra balli e narrazioni sulla vita del prete “scomodo” don Zeno Saltini) e appassionante la testimonianza di quella comunità fondata dal prete originario di Carpi, uno dei grandi profeti del ‘900. La piazza era piena, ma mancavano i giovani, assiepati a centinaia nei tanti bar e pub del paese. Peccato, dalla sua viva voce avrebbero ascoltato una parola di stimolo e di denuncia, pronunciata molti anni fa a Cervinia, riguardo al senso della giustizia: «Dobbiamo lottare perché non ci sia più nemmeno un povero sulla Terra. E se nel mondo dovesse rimanere anche un solo povero, egli ci condannerà».

Il suo destino è il nostro destino. E se questo non sarà, l’ingiustizia regnerà nel mondo e alla fine verrà a bussare ineluttibilmente alla nostra porta.