Messaggi del 13/03/2017
Post n°2091 pubblicato il 13 Marzo 2017 da namy0000
“‹‹Voi dite sui vecchi le stesse cose che dicevamo noi da ragazzi. È giusto. Ma un giorno altri ragazzi diranno lo stesso di voi››. Questa osservazione di papa san Giovanni XXIII, nella sua semplicità, segnala un dato storico costante, il superamento critico che le generazioni producono nel loro succedersi. Questo è verificabile anche ai nostri giorni, ma con un tasso ben più alto di tensioni. Infatti, la cosiddetta rivoluzione digitale sta creando un modello umano profondamente innovativo così da dar origine ai “nativi digitali”, bambini, adolescenti e giovani con una modalità inedita di comunicazione e quindi di esistenza.
Sulla scia del celebre motto del filosofo Cartesio, Cogito, ergo sum, ‹‹penso, quindi esisto››, che imparavamo a scuola, si è coniato un curioso Digito, ergo sum, esisto sono in connessione informatica con il mondo. Un nostro ragazzo, che sta 5 ore al giorno al computer, comunica in modo diverso rispetto a noi delle precedenti generazioni che ci incontriamo gli occhi negli occhi, discutiamo in modo diretto, intuiamo i retro-pensieri di chi abbiamo di fronte, ci scriviamo lettere manoscritte articolate. Ora domina, invece, il dialogo freddo della chat-line ove l’altro è sostanzialmente un’icona che può essere contraffatta a proprio uso e gusto, e il linguaggio è semplificato, spesso affidato ai 140 caratteri del tweet o ai segni ridotti (emoticon) del messaggio del cellulare.... (Gianfranco Ravasi, FC n. 48 del 27 nov. 2016). |
Post n°2090 pubblicato il 13 Marzo 2017 da namy0000
“Sono la mamma di una tredicenne. A ogni consiglio di classe ci viene detto che i nostri figli non studiano e che non sono motivati e impegnati nello studio. Mia figlia mi dà risposte provocatorie del tipo: ‹‹Cosa mi importa della storia e della geografia o di conoscere le formule di matematica? La vita è un’altra cosa››. Come si fa a dare motivazione a una figlia così svogliata? Luisa. Cara Luisa, tanti genitori si fanno (e mi fanno) la stessa domanda che poni tu. I loro figli, così come la tua, sembrano disinteressati e demotivati nei confronti delle materie scolastiche e dello studio e sostenerli nella ricerca del successo scolastico si rivela un’impresa titanica. Penso che il primo punto per la motivazione allo studio sia correlato alla capacità dei docenti di appassionare verso i contenuti delle proprie discipline, animando le lezioni, attualizzandone i contenuti, proponendo gli obiettivi formativi con metodologie e strumenti didattici capaci di tenere alta l’attenzione e l’interesse dei ragazzi. Vorrei però sottolineare che l’attenzione e la motivazione dei preadolescenti è una competenza ancora molto fragile e di straordinaria volatilità. I circuiti neuronali preposti alle funzioni dello studio astratto e di nozioni cognitive, pur avendo elevate potenzialità, sono ancora immaturi, facilmente distraibili e devono essere allenati per sostenere tali compiti di apprendimento. In questo senso, la preadolescenza risulta essere un’età fondamentale per insegnare l’importanza di fare fatica quando si studia e di tollerare la frustrazione e la noia che i compiti cognitivi di memorizzazione e astrazione spesso implicano. Insomma, è una “scocciatura” inevitabile che permetterà poi ai ragazzi, nelle scuole superiori, di poter affrontare materie complesse e carichi di lavoro più intensi. Credo che oggi la “Generazione Touch” si alleni a fare tante cose insieme. Studiacchiando due minuti, poi guardano i messaggi sui social, poi si spostano su un video YouTube e in questo esse superficialmente “multitasking” imparano poco o niente. È frequente sentire dire dai genitori: ‹‹Non capisco perché va male a scuola, visto che sta tutto il pomeriggio chiuso in camera››. In quella camera, cari mamme e papà, spesso fanno di tutto tranne che rimanere concentrati sui propri doveri scolastici. Consiglio la lettura di “Generazione Touch” di G. Chapman (Hoepli). Più in generale, direi ai genitori di fare un patto con i figli: al pomeriggio, per 90-120 minuti (ovvero il tempo dello studio) il cellulare dovrebbe essere tenuto spento e in una stanza differente da quella in cui si studia” (Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta. Lettera pubblicata da FC n. 11 del 12 marzo 2017) |
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