Messaggi del 15/05/2017
‹‹Io credo che ogni essere umano risponda, in primo luogo, al padre e alla madre. però deve capire le domande che i suoi genitori gli hanno consegnato. Quali sono i talenti, le sensibilità, i carismi che loro, mettendolo al mondo, gli hanno affidato. Si tratta di un lavoro doloroso che può durare tutta la vita e talvolta resta incompiuto. (...) Da ragazzo ero introverso, asociale. Non parlavo con nessuno. Mi sceglievo da solo gli scrittori da leggere. Ecco perché oggi, quando vedo Romoletto seduto davanti a me, con la testa nascosta dentro il cappuccio e lo sguardo spento, mi viene il groppo in gola. Allora mi avvicino a lui con delicatezza, sapendo che posso pungermi. (...) Mio padre era un figlio illegittimo, e mia madre durante la guerra sfuggì alla deportazione dopo che suo padre era stato fucilato dai nazisti. Io sono diventato scrittore e insegnante anche per trovare le parole che i miei genitori non riuscirono a dire a sé stessi, prima ancora che a me e a mio fratello. È una forma di risarcimento per interposta persona. In La città dei ragazzi racconto la storia di un viaggio che ho fatto in Marocco per riaccompagnare a casa Omar e Faris, due studenti arabi. Cercavo di scoprire la sorgente del fiume d’umanità che continua a sfociare verso di noi. Ma soprattutto volevo salutare mio padre, scomparso da qualche anno. Nel testo creo un dialogo immaginario fra me e lui, cercando di capire le cose che non ci siamo mai detti. Il tema centrale del romanzo è quello della paternità. Penso a Mustafa, che riesce a superare i traumi della famiglia mancante chiedendomi consigli d’ogni tipo. Ma penso anche a Santino, il quale mi attacca per ricostruire la sagoma del padre che lo ha tradito. Un figlio, biologico o acquisito, ti porta sempre in un luogo sconosciuto. Educare significa ferirsi. Solo diventando “padri dei nostri padri” si diventa adulti. La scuola dell’italiano agli stranieri, un progetto che condivido con mia moglie, si chiama Penny Wirton. È stata fondata nel 2006 da me e mia moglie, Anna Luce Lenzi, entrambi laureati su questo scrittore: ci conoscemmo grazie a lui. Abbiamo scritto un manuale e coinvolto centinaia di persone in tutt’Italia. Senza registri. Senza voti. Senza soldi. Non contando sui risultati immediati. Ora questa nostra città dei ragazzi si sta trasformando anche nel sogno di un’altra scuola, in un rapporto uno-a-uno fra insegnante e allievo. Il tentativo è di offrire un’occasione di riscatto agli adolescenti difficili, recuperando la loro capacità di intrecciare rapporti con coetanei stranieri›› (Eraldo Affinati, insegnante e scrittore, FC n. 35-2015). |
Post n°2189 pubblicato il 15 Maggio 2017 da namy0000
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