Creato da namy0000 il 04/04/2010

Un mondo nuovo

Come creare un mondo nuovo

 

Messaggi del 27/11/2017

Le barriere

Post n°2433 pubblicato il 27 Novembre 2017 da namy0000
 

“Bisogna abolire i confini africani?

Le barriere tra i paesi africani hanno soffocato la tradizionale libertà di circolazione che favoriva il progresso economico e culturale.

Gestire la mobilità delle persone potrebbe essere il problema più importante che il mondo dovrà affrontare nella prima metà del ventunesimo secolo.

La tendenza generale è quella di privare della libertà di movimento il maggior numero di persone possibile o di sottoporre questo diritto a condizioni così dure da rendere oggettivamente impossibile la mobilità. Dove il diritto di movimento è garantito, si è fatto di tutto per rendere più incerto e precario il diritto a restare in un posto. In questo regime segregato della mobilità globale l’Africa è penalizzata due volte, all’esterno e all’interno. Oggi non c’è praticamente nessun paese al mondo che non respinga i migranti provenienti dall’Africa. Al tempo stesso, con le sue centinaia di confini interni, che rendono quasi impossibile spostarsi da un paese all’altro, l’Africa è intrappolata nella corsia più lenta e somiglia sempre di più a un’enorme prigione a cielo aperto.

All’interno del continente, gli stati africani postcoloniali non sono riusciti a formulare chiaramente un quadro legislativo e iniziative politiche comuni per la gestione dei confini, l’aggiornamento dei registri civili, la liberalizzazione dei visti o il trattamento dei cittadini che risiedono legalmente in un altro stato. La fine del dominio coloniale non ha inaugurato una nuova era che ha esteso la libertà di circolazione. I confini coloniali sono diventati intangibili e non si è vista alcuna spinta verso l’integrazione regionale. Con l’eccezione della Comunità economica dell’Africa occidentale, il diritto a spostarsi all’interno e attraverso i confini nazionali e regionali è ancora un sogno. In quest’epoca ad alta velocità, chi ha la pelle di un certo colore non riesce a spostarsi con facilità, e il continente è paradossalmente intrappolato in un movimento al rallentatore.

Le cose non sono andate sempre così. L’Africa pre-coloniale non era certo un mondo senza confini. Dove esistevano, però, erano sempre porosi e permeabili. Come conferma la storia delle rotte commerciali a lunga distanza, la circolazione era fondamentale nella produzione di espressioni culturali, politiche, economiche e sociali. La mobilità, il più importante veicolo di trasformazione e cambiamento, era il principio che guidava la delimitazione e l’organizzazione dello spazio e dei territori. Reti, flussi e incroci erano molto più importanti dei confini. Era di fondamentale importanza il fatto che i flussi incrociassero altri flussi.

I confini politici definivano alcune persone come gradite e altre come straniere o ultime arrivate. La ricchezza demografica, però, ha sempre superato quella materiale, e c’erano forme di appartenenza per tutti. Costruire alleanze attraverso il commercio, i legami matrimoniali o la religione e integrare i nuovi arrivati, i profughi e i richiedenti asilo in sistemi di governo preesistenti era la norma. La forma statale non era altro che una delle tante forme che il governo delle persone poteva assumere.

La divisione dei territori per mezzo di confini politici è un’invenzione coloniale. Istituendo un rapporto conflittuale tra la circolazione delle persone e l’organizzazione politica dello spazio, il governo coloniale inaugurò una nuova fase nella storia della mobilità del continente africano. adottando il modello statocentrico, con nazioni delimitate dal punto di vista territoriale da frontiere chiuse e ben custodite, gli stati africani post-coloniali hanno rinnegato antiche tradizioni che avevano da sempre rappresentato il motore dinamico del cambiamento nel continente.

Diventare una vasta area all’interno della quale c’è libertà di movimento è di sicuro la sfida più grande che l’Africa dovrà affrontare nel ventunesimo secolo. Il futuro del continente non dipende dalle politiche migratorie restrittive e dalla militarizzazione dei confini. L’Africa deve aprirsi a sé stessa, dev’essere trasformata in un vasto spazio di libera circolazione. È l’unico modo per diventare centro di sé stessa in un mondo multipolare” (Achile Mbembe, Mail & Guardian, Sudafrica, Internazionale n. 1231 del 17 nov. 2017).
“…L’avversione per le frontiere non può essere sottovalutata, ma l’intervento di Mbembe, per quanto interessante, è vittima di una rappresentazione astorica. Le frontiere sono processi che maturano nel tempo e dipendono da molti fattori. La proposta di Mbembe non è nuova, visto che fu discussa ampiamente negli anni in cui i paesi africani riconquistarono l’indipendenza. Quel profumo di unità panafricana, però, scomparve quando le lotte politiche cominciarono a concentrarsi sui territori delineati durante la colonizzazione. Il processo si concluse con l’adozione dell’intangibilità delle frontiere nel 1963, sancita dalla carta dell’Organizzazione dell’unità africana.

Mbembe sbaglia quando afferma che “dividere i territori con frontiere politiche è un’invenzione coloniale”. Le frontiere precoloniali erano strutturate da rapporti di forza interni ed esterni e chiamavano in causa questioni politiche e geopolitiche. I colonizzatori non divisero i territori di regni o imperi, ma si appoggiarono su frontiere precoloniali o su fratture politiche. In cambio, imposero in Africa la frontiera lineare che inquadra lo stato nazione in modo artificiale e ha contribuito a far diventare una cosa concreta la mappa geopolitica africana. Crearono territori di sfruttamento dove furono messe insieme popolazioni che non avevano necessariamente la vocazione a convivere o a diventare stati indipendenti secondo quanto stabilito dai colonizzatori. D’altro canto, la prima opposizione al modo in cui erano stati divisi i territori nacque all’interno delle amministrazioni coloniali, nel periodo tra le due guerre mondiali, quando le potenze coloniali non riuscivano a impedire che le popolazioni si spostassero per sfuggire alla riscossione delle imposte o al reclutamento forzato. Le premesse del discorso sull’artificialità delle frontiere furono gettate  in quel periodo. Il geografo Michel Foucher ha dimostrato che l’opposizione tra frontiera naturale e frontiera artificiale si basa su concetti-ostacolo che impediscono di approfondire la storia delle frontiere e i dibattiti che hanno portato alla loro creazione. I conflitti esplosi dopo le indipendenze, d’altronde, sono sorti all’interno degli stati, non tra gli stati.

Mbembe sembra rimpiangere l’epoca precoloniale, quando le frontiere africane erano porose e permeabili, a differenza di oggi. Eppure questi aggettivi continuano a essere usati per definire le frontiere. Il controllo e la sorveglianza dei confini, tanto più se coinvolgono due o addirittura più paesi, continuano a essere inefficaci, poiché gli stati temono che controlli severi facciano scoppiare un incidente diplomatico. È uno dei motivi per cui queste zone sono diventate rifugi per i ribelli.

 

Se è prassi comune denunciare le frontiere ereditate dalla colonizzazione, bisogna però tenere conto del processo di radicamento delle frontiere, che favorisce l’affermazione di un nazionalismo dal basso. Nelle dispute per i terreni agricoli, per esempio, le comunità di frontiera sollecitano spesso l’intervento dei rispettivi governi. In questo modo contribuiscono a consolidare il quadro territoriale dello stato, ma contemporaneamente lo rendono più fragile. In realtà, l’effetto-frontiera perpetua un’economia della sopravvivenza. Questa situazione riflette l’ambivalenza delle frontiere, che sono una barriera ma anche un ponte tra le popolazioni. Governanti e governati consolidano e allo stesso tempo rendono più fragili le basi territoriali, secondo logiche elettorali, politiche o economiche diverse. Mbembe invoca una maggiore mobilità di beni e persone in Africa, ma questa è una questione fortemente politica, e la frontiera è solo uno degli attori della storia” (Caroline Roussy e Kako Nubukpo, Libération, Francia, Internazionale n. 1231 del 17 nov. 2017). 

 
 
 

AREA PERSONALE

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Giugno 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
          1 2
3 4 5 6 7 8 9
10 11 12 13 14 15 16
17 18 19 20 21 22 23
24 25 26 27 28 29 30
 
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 3
 

ULTIME VISITE AL BLOG

namy0000monellaccio19cassetta2lcacremaprefazione09annamatrigianonoctis_imagoacer.250karen_71m12ps12Penna_Magicanonnoinpensione0donmarco.baroncinilisa.dagli_occhi_bluoranginella
 

ULTIMI COMMENTI

Grazie per aver condiviso questa esperienza così intensa e...
Inviato da: Penna_Magica
il 08/02/2024 alle 11:19
 
RIP
Inviato da: cassetta2
il 27/12/2023 alle 17:41
 
Siete pronti ad ascoltare il 26 settembre le dichiarazioni...
Inviato da: cassetta2
il 11/09/2022 alle 12:06
 
C'è chi per stare bene ha bisogno che stiano bene...
Inviato da: cassetta2
il 31/08/2022 alle 18:17
 
Ottimo articolo da leggere sul divano sorseggiando gin...
Inviato da: cassetta2
il 09/05/2022 alle 07:28
 
 

CHI PUò SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963