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Messaggi del 25/12/2017

Assenteisti

Post n°2473 pubblicato il 25 Dicembre 2017 da namy0000
 

2017, Giornalettismo 24 dic.

PARLAMENTARI ASSENTEISTI, LA CLASSIFICA A FINE LEGISLATURA DOMINATA DAL CENTRO-DESTRA

Tra la pausa natalizia e il probabile scioglimento della Camere durante le feste, è arrivato il tempo di fare bilanci sulla legislatura che sta per concludersi. Quali sono stati i parlamentari più assenteisti? L’Espresso ha chiesto i dati a Openparlamento, la piattaforma che monitora tutto il lavoro (e le presenze) di deputati e senatori. Ebbene – come titola il settimanale d’inchiesta – per assenteismo “stravince la destra”.

 

Forza Italia guadagna il primo posto nella classifica dei parlamentari assenteisti sia alla Camera che al Senato. Il deputato azzurro, nonché editore Antonio Angelucci a Montecitorio non si è quasi mai visto: con il 99,59% di assenze, segna un vero e proprio record. Sfiora l’en plein delle assenze anche l’avvocato di Berlusconi, Niccolò Ghedini, che – eletto al Senato – non ha partecipato al voto il 99,24% delle volte. La classifica dei parlamentari assenteisti prosegue al Senato con Denis Verdini: il leader di Ala non si è visto il 91,22% delle volte. Sul podio dei senatori fannulloni anche l’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti, le sue assenze ammontano all’82,55%. Meno noti parlamentari assenteisti finiti sul podio della Camera: argento per il deputato di Forza Italia Marco Martinelli, che non ha partecipato al voto nell’88,89% dei casi. Segue l’ex collega di partito, poi passato ad Alternativa popolare Filippo Piccone, assente all’86,94% delle votazioni. “Con assenza – precisa Openparlamento – si intendono i casi di non partecipazione al voto: sia quello in cui il parlamentare è fisicamente assente (e non in missione) sia quello in cui è presente ma non vota e non partecipa a determinare il numero legale nella votazione”. “Purtroppo – prosegue la piattaforma – attualmente i sistemi di documentazione dei resoconti di Camera e Senato non consentono di distinguere un caso dall’altro. I regolamenti non prevedono la registrazione del motivo dell’assenza al voto del parlamentare. Non si può distinguere, pertanto, l’assenza ingiustificata da quella, ad esempio, per ragioni di salute”. 

 
 
 

L'incarnazione

Post n°2472 pubblicato il 25 Dicembre 2017 da namy0000
 

Buon Natale. In questo dolcissimo giorno inginocchiati davanti alla grotta e arrenditi

Maurizio Patriciello, Avvenire, sabato 23 dicembre 2017

 

L’Incarnazione è la prova che l’uomo non ha prezzo. Non potrà essere comprato o venduto; ingannato o barattato. Vale più di tutto l’universo. Nel bimbo Gesù, Dio annulla le distanze tra cielo e terra

 
 
 

La vita ingoiata dalle slot

Post n°2471 pubblicato il 25 Dicembre 2017 da namy0000
 

Roma. Ciccio chef: la vita ingoiata dalle slot. Poi il Natale. (Pino Ciociola, Avvenire, sabato 23 dicembre 2017).

 

Aveva un'osteria e una famiglia, Francesco. Adesso dorme in Caritas e cucina per i poveri. «Il mio Natale sarà di cambiamento». «Non è vero. Non si va lì per divertirsi e perdere un quarto d’ora. Lì si perdono i soldi, si perde la vita. Si perde tutto. Tutto». Aveva un’osteria, Francesco, considerata fra i primi cinque o sei ristoranti di Benevento. E non ha mai giocato. Poi i dissapori con la moglie, le difficoltà in casa e comincia a rifugiarsi nelle sale giochi. Ci passa ore. La sera, se si sente giù, chiude il ristorante e va a giocarsi l’incasso di giornata alle slot machine. A «passarci più ore possibili». La realtà è li fuori, lui preferisce restare dentro. Se ne rende conto, è diventata dipendenza, non riesce più a farne a meno. Va via di casa, «come un vigliacco», deve cedere l’osteria, perde tutto. «Arriva l’epilogo», spiega. Arriva il conto da saldare alla realtà. È nel baratro. Finisce in Caritas «grazie a don Nicola (De Blasio, il direttore, ndr)», che anni prima lo aveva anche sposato. Da qualche mese dorme qui e qui, nella mensa per i poveri, cucina: «Provo qualcosa che non si può descrivere ­- dice - ­, qualcosa che ti fa capire tante cose. E allora ti impegni a far uscire un piatto, anche il più semplice possibile, per far si che si siede a tavola con i disagi che ha possa avere sensazioni veramente belle». Qui lo chiamano “Ciccio chef”. Pensa a chi è com'era lui, com'è stato lui. Vorrebbe poter spiegarlo, dirlo: «Non fate gli errori che ho fatto io. Il gioco porta solo disastri, può essere qualcosa di letale da cui non si riesce poi a tornare indietro». Le lacrime gli rigano il volto, ma ce la farà: «Adesso mi tocca vincere davvero questa partita».

 
 
 

Il miracolo di Leo

Post n°2470 pubblicato il 25 Dicembre 2017 da namy0000
 

Leonardo Morghen è morto a 10 anni per una malattia rarissima. I medici dagli Usa: "Non lo dimenticheremo". La mamma: "Pensava sempre agli altri. Ora darà un tetto ai genitori dei piccoli ricoverati"

 

Leonardo era diverso da tutti i bambini. Tanto diverso da essere unico al mondo. «La sua non era una malattia rara, era il solo caso conosciuto», anzi sconosciuto. Così al decimo compleanno, il 17 febbraio di due anni fa, è salito al cielo senza una diagnosi, ma con i dolori di cento malattie. «Io sono felice anche se sono diverso – racconta Leo nel breve video che si è girato da solo e ha postato su Youtube –, per me non è un problema essere diverso...». Poi inquadra il pancino forato da tubi e sondini, «io sono così, mi vedete?». Infine il vero obiettivo del messaggio: «Alle persone che sono come me, o che hanno altri problemi, dico: non smettete di combattere, resistete. Il mio nome è Leonardo Morghen, e spero che tutti voi ce la farete a resistere. Un bacio». 

Un caso misterioso

«Leo era sempre felice, nonostante la morfina non bastasse più a calmare il male viveva così, pensando a come poter fare del bene agli altri», racconta la mamma Susanna Berlendis, 48 anni, che ci ha dato appuntamento a Treviolo (Bergamo) sotto un alberello di lagestroemia.

Solo tre mesi fa spuntava isolato in un terreno spoglio e deserto, oggi alle sue spalle sorge un grande edificio in legno ecologico, superaccessoriato e autosostenibile, dotato delle tecnologie più moderne: «È la Casa di Leo, ospiterà le famiglie dei bambini ricoverati con malattie gravi qui al vicino ospedale "San Giovanni XXIII" di Bergamo. La lagestroemia inizia per elle come Leo e ha splendidi fiori viola, il suo colore preferito, l’avevamo piantata per avere intanto un simbolo sul terreno», come i coloni che piantano una bandiera e da lì nascerà un nuovo sogno.

Il sogno di Leo comincia il 3 febbraio del 2005, quando viene al mondo a sette mesi e già conosce il suo primo ospedale, intubato in terapia intensiva. È subito chiaro che qualcosa non va: «Aveva un pancione come i bimbi in Africa, scoprimmo che non assimilava il cibo, non digeriva assolutamente nulla», spiega la madre. Da lì la sua odissea, lunga dieci anni ma senza un ritorno, attraverso gli ospedali di tutta Italia e d'Europa alla ricerca di uno specialista che capisse o di un precedente che desse speranza, ma niente, Leo restava unico al mondo. 

"Guerriero e rompiscatole"

Eppure cresceva bello come il sole e sano come un torello, apparentemente, nutrito prima col sondino naso-gastrico, poi con la Peg (una sonda che entra direttamente nell’apparato digerente), infine con la pompa parenterale che lo alimentava 24 ore al giorno e che lui si portava dietro come la cosa più naturale del mondo. «Mio marito Michele cercava via via lavori più remunerati, perché le cure erano costosissime e la burocrazia folle. L’Asl non ammetteva che Leo andasse alla materna per via della pompa 24 ore nello zaino, noi volevamo che crescesse tra i bambini». Visite, analisi, esami intanto scartavano una per una le diagnosi sospette (fibrosi cistica, ossa di cristallo, tumori rari, patologie del midollo), mentre i sintomi aumentavano e variavano impazziti, «osteoporosi elevatissima, colite retto-ulcerosa, termoregolazione anomala, passava in pochi minuti dai 40 di febbre ai 35... Soffriva tanto ma era vitalissimo, gareggiava nella scherma, suonava il violino, un trascinatore incredibile», sorride Susanna.

«Un vero rompiscatole», corregge don Andrea Pedretti, 39 anni, oggi parroco di Roncola e Costa Imagna (Bergamo), allora vicario in oratorio a Mozzo, il paese dove Leo frequentava la materna. Anche lui travolto da quel bambino felice: «Nel 2010, quando è andato negli Stati Uniti con la mamma, l’oratorio si è stretto attorno al padre rimasto qui con l’altro fratellino. Siamo andati anche negli Usa a trovarli e dal "raccogliamo quattro soldi per aiutarli", dato che lì è tutto a pagamento, siamo arrivati a 70mila euro».

Un vortice di bene

Nasceva quindi la onlus "Eos la stella del mattino", che iniziò a sostenere le famiglie dei bambini ricoverati a Bergamo da tutta Italia, mentre Leo negli Stati Uniti riceveva la solidarietà delle famiglie americane. Era un fermento di reciprocità, un contagio di bene inarrestabile che nel 2015, alla morte di Leo, anziché spegnersi diventò il progetto della Casa: «Quando un bambino ha una malattia grave, i genitori mancano per mesi dal lavoro – spiega Susanna –, a Roma come a Milano li abbiamo visti con i nostri occhi dormire anche in macchina pur di stargli vicino, perché dallo Stato non arrivano aiuti. In America invece vicino a ogni ospedale pubblico sorgono le house, case di accoglienza geniali costruite solo grazie a donazioni, spesso offerte dalla Mc Donald’s. Leo è stato ricoverato 4 anni al National Wide Children’s Hospital di Columbus, nell’Ohio, e mai un giorno ci siamo sentiti soli, sempre ospitati nella stessa confortevole suite: ti cambia la vita».

Il miracolo di Leonardo

Presto a Treviolo succederà lo stesso, con i tanti viaggi della speranza che dal Sud Italia portano alla pediatria di Bergamo i bambini in cerca di cure. «La Casa accoglierà i papà durante il ricovero dei bimbi, quando le mamme dormono in reparto con i figli, e dopo le dimissioni ospiterà l'intera famiglia nei lunghi mesi dei controlli». (Lucia Bellaspiga, Avvenire, domenica 24 dicembre 2017)

 

 
 
 

Auguri a tutti

Post n°2469 pubblicato il 25 Dicembre 2017 da namy0000
 

Ieri sera, a casa di due amiche: una giovane in carrozzina e la sua mamma malferma, simpatica di 86 anni e la badante, io e mio marito abbiamo comprato 5 pizze e le abbiamo mangiate insieme in allegria. Questo per me è Natale! Auguri a tutti. 

 
 
 

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