VERO O FALSO?
Condizionamenti sociali e autenticità. Illusioni. Le maschere allo specchio. Correre verso la moralità comune o verso se stessi?
Ma chi siamo realmente?
Vi siete mai chiesti se davvero la vostra vita vi ha portato lungo il cammino ad essere realmente quello che volevate essere?
Io credo che tutti noi, almeno in parte, abbiamo sacrificato sull'altare della "moralità comune", per vergogna e paura di essere giudicati ed abbandonati, la nostra vera autenticità, i nostri desideri più pofondi, la vitalità interiore più vera.
Chi o che cosa hanno potuto fare tutto ciò?
Il nostro giudice interiore, che influenzato da tutto ciò che ci circonda (la cultura, la religione, il gruppo a cui apparteniamo, la nostra famiglia,..) ci condanna e reprime ogni volta che proviamo a solcare rotte non tracciate e già percorse dai più.
Una collezione di tante maschere, gaudenti e tristi, lussuriose e sante, dionisiache e apollinee, incorrutibili e dissolute, vicine una all'altra, da indossare ad ogni buona occasione!!
Ma davvero il mondo, i valori e il nostro Io sono tutti in bianco e nero? Il bene ed il male, il giusto e lo sbagliato?
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Post n°24 pubblicato il 13 Ottobre 2007 da socrateinerba
i condizionamenti religiosi Per chi non crede, individuare nell’ambito religioso il più classico dei condizionamenti è opera assai facile. Si potrebbe sostenere che fin dalla nascita siamo privati della libertà di aderire ad un credo, di seguire il proprio cammino interiore se siamo subito condotti a diventare cristiani, musulmani, ebrei, induisti, buddhisti o altro ancora…. Opera più ardua è per chi, come me, crede e poggia saldamente su Dio la sua esistenza, individuare in tanti condizionamenti religiosi e provenienti da una distorta interpretazione della fede, la causa della formazione di stereotipi, sensi di colpa, fino a tante nevrosi e malattie.. Apparire a se stessi e agli altri come credente è davvero semplice ed evita tanti percorsi interiori ardui e difficili da intraprendere. Pensare che esista un dio posto al di fuori di se stessi, un dio "giudicante" a cui ricorrere ogni volta che i propri comportamenti non sono conformi alle norme “preconfezionate” impartite, che benedice e perdona, è il modo di credere dei più, di coloro che si fermano alla superficie di una fede da comprare alla messa alla domenica. Il senso di colpa Riterrei che uno dei bagagli più pesanti che si porta con sé questo tipo di fede, che scandisce le scelte, gli orientamenti, le prospettive è il senso di colpa. L’incogruenza profonda generata da una immagine ideale di sé (socialmente desiderabile integerrima, impeccabile, sempre all'altezza della situazione) e l'immagine reale che ciascuno possiede della propria persona può generare profonde spaccature interiori. Questo succede a chi pretende molto da sé, a chi mantiene un atteggiamento di autocritica e di rigida credenza a una serie di precetti “a cui adeguarsi per essere felici”. http://www.iconas.it/Psico%20Religione/Psicoreligione.htm Il capro espiatorio Davanti alla colpa, infatti, noi operiamo delle difese ideologiche e comportamentali che sono un raffigurare perenne del "capro espiatorio".. Attribuiamo fuori di noi qualcosa che è dentro di noi perché pensiamo di essere incapaci di portarne il peso. Non sono gli altri che mi fanno "venire i sensi di colpa" ma sono io piuttosto che davanti ad alcune sollecitazioni esterne faccio memoria di qualcosa che non va e, questo non posso e non voglio accettarlo. Da qui nasce la rabbia, la contestazione, i dissensi, giù giù fino alle lotte contro la vita, i comportamenti sociali errati, ecc. http://www.geagea.com/11indi/11_16.htm
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