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Viandante sul mare di nebbia

Post n°85 pubblicato il 13 Luglio 2011 da Distinta_Intrigante

“Viandante sul mare di nebbia” può essere considerato il manifesto del movimento romantico; in esso, infatti, sono riassunti i punti cardine del Romanticismo quali la tendenza al sublime e la percezione di una natura potente ed incontrastata.


La posizione centrale del dipinto è occupata da un uomo, viandante solitario, che si staglia in tutta la sua minuta misura contro il paesaggio che ha di fronte.
Ad un primo impatto, ho avuto l’impressione che quest’uomo, arrivato sino in cima alle rocce, si sia improvvisamente trovato di fronte alla verità, la verità che si riesce a cogliere solo un attimo prima della fine, che ci lascia senza fiato e che tuttavia non ci svela completamente il mistero che la avvolge.


Le rocce sembrano rappresentare il punto culminante di un lungo percorso compiuto dal viandante, che ora si erge contro quel “soffocante” paesaggio e sembra essere rimasto quasi a metà del suo atto, sorpreso da tanta bellezza.

La limitatezza dell’uomo ci è manifesta grazie a due elementi: il mistero della natura e il sublime della stessa.
Il paesaggio innanzi all’uomo è assalito da una nebbia che proviene dal basso.
Essa sembra quasi essere un vapore che la terra sprigiona dal suo grembo e tutto ciò rievoca l’atmosfera primordiale dell’universo.
La nebbia, inoltre, è l’elemento fondamentale del dipinto, è la peculiarità che rende l’opera “romantica”.
Essa, infatti, può essere paragonata alla siepe dell’ “Infinito” di Leopardi, costituisce un ostacolo alla vista e copre ogni vana speranza dell’uomo di arrivare dall’altra parte della scogliera; per contro, però, questo fa sì che l’uomo pur con un tale impedimento, possa dare sfogo all’immaginazione e trovare un’attenuante ad una vita inappagante.
Anche la posizione di spalle dell’uomo può essere ritenuta un elemento, oltre che innovativo, legato all’alone di mistero di fronte al quale si trova il viandante.
Essendo di spalle, infatti, l’uomo dà la sensazione di voler celare il suo vero essere e a noi, non potendo osservare il volto, non è concesso cogliere l’espressione dipinta sul viso e percepire così l’uomo in tutta la sua nudità di fronte ad una tale grandezza.
E’ proprio questa tragica grandezza ed incomprensibilità che fa trasparire il sublime della natura; sublime che già Kant aveva tratta in filosofia come ciò che è informe e che implica la rappresentazione dell’illimitato, ciò che attrae l’uomo suscitando in lui un profondo sentimento di stima e meraviglia, ciò che commuove nella sua quieta contemplazione.
Ciò che inoltre si può notare è l’eroica solitudine dell’uomo: nessun accenno di vegetazione, dalla nebbia emergono soltanto delle nere rocce che esprimono un senso di ostilità ed inospitalità.
Il sentimento che quest’opera mi comunica è di angoscia ed inquietudine sia grazie alla nebbia che invade il paesaggio, sia per la sconfinatezza della vista, infinito paragonabile allo stesso Dio a cui l’uomo tende e che non può tuttavia essere sondato con mezzi umani.

Quanti di voi si identificano nel viandante?

Dedicato a Friedrich

 
 
 
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