Ringrazio Laboratorio Politico-Costituente delle Idee per aver accettato una mia proposta di riflessione sulle riforme istituzionali ed elettorali in vista delle elezioni europee del maggio del prossimo anno. Dalla sua costituzione faccio parte di Laboratorio Politico* pur non essendo come molti altri membro del PD: la decisione di costituirlo, motivò la mia decisione di lasciare i DS al Congresso di Firenze dell’aprile 2007 Resto tuttavia convinto che senza il PD, i suoi iscritti ed elettori, non ci sia alcuna possibilità né teorica, né fattuale di costituire un’alternativa democratica e progressista al centro e alla destra, tantomeno che una sinistra europea si possa costruire contro il PD, invece di recuperalo ad una prospettiva di fronte democratico, laico e progressista, che abbia la sua corrispondenza in un gruppo parlamentare europeo vincolato maggioritariamente al PSE.
La congiuntura politica istituzionale è condizionata dai problemi non risolti. Con le sentenze n. 15 e 16 del 2008 del 23/01/2012 (l’udienza pubblica nella quale ho discusso l’ammissibilità dei referendum Guzzetta, opponendomi si era tenuta il 13/12/2011), la nostra Corte Costituzionale, non pronta proceduralmente ad accogliere le obiezioni sul premio di maggioranza che i quesiti referendari avrebbero accentuato con il divieto di coalizioni, aveva lanciato un forte monito al Parlamento e alle forze politiche di modificare il premio di maggioranza prevedendo una soglia minima in voti o seggi. L’invito, reiterato con la sentenza n. 13 del 2012, è rimasto inascoltato al pari degli appelli del Capo dello Stato. Si è votato, invece, con quella legge di dubbia costituzionalità nel 2008 e nel 2013, confidando in quella giurisprudenza, consolidata delle SS.UU. di Cassazione e del Consiglio di Stato sulla carenza assoluta di giurisdizione nei confronti delle operazioni elettorali, grazie ad un’abnorme interpretazione dell’art. 66 della Costituzione., Le Camere elette, anche con legge di dubbia, anzi addirittura manifesta incostituzionalità, sono arbitre di giudicare sui ricorsi contro le operazioni elettorali.Il risultato pratico è che una legge incostituzionale che fosse votata da una maggioranza artificiale, grazie ad un premio di maggioranza, che fosse promulgata da un Presidente eletto dalla stessa maggioranza non avrebbe un giudice nemmeno per le operazioni elettorali preparatorie, benché il Parlamento con la norma di delegazione dell’art.44, c. 2 lett. d) l.n. 69/2009 avesse previsto lo stesso giudice per le operazioni elettorali di Comuni, Province, Regioni eDelegazione italiana nel Parlamento Europeo, anche per le operazioni elettorali preparatorie di Camera e Senato. Il codice del processo aministrativo non l’ha previsto, con dubbi che ciò sia avvenuto con violazione dell’art. 76 Cost..Lo stesso decreto di convocazione dei comizi elettorali sarebbe atto inimpugnabile, TAR Lazio Sez.IIbis n. 1855/2008 e CdS, sez.IV, n.1053/2008, quindi anche se emanato ln violazione del termine di 70 giorni dallo scioglimento delle Camere. Eppure la Corte Costituzionale aveva fatto una richiesta minimale di fissare una soglia di accesso, che ben poteva coincidere con il 25% della fascistissima legge Acerbo. Il mancato adeguamento della legge elettorale non dipendeva dalla soglia di accesso o dalla difficoltà di rinunciare al premio di maggioranza, ma probabilmente dalle liste bloccate, che sono un bene irrinunciabile per i gruppi dirigenti o per i padroni di partiti e/o liste. Un parlamento di nominati, e la cui ripresentazione dipende da un gruppo ristretto di persone, è un organo più docile di chi debba rispondere ai propri elettori. La docilità e la prevedibilità dei loro comportamenti, salvo che quando entrano in gioco, altri fenomeni come la corruzione o semplicemente il desiderio di non perdere il posto e i connessi vantaggi, consentono di assicurare la stabilità e quindi la governabilità, che è la chiave di lettura delle scelte compiute in materia elettorale. Non si è tenuto conto che in una democrazia rappresentativa, che resta, a mio avviso, la miglior forma di governo, che può essere integrata e completata, ma non sostituita, da istituti di partecipazione popolare e democrazia diretta, è il dibattito pubblico che deve precedere le deliberazioni, l’essenza della democrazia, come ci insegna NadiaUrbinati, più dei sistemi elettorali, aggiungo io. Si spiega così che scelte come la modifica degli artt. 81, 97, 117 e 117 Cost. con una maggioranza straripante superiore ai due terzi sia sta presa in condizioni di semi-clandestinità. Stabilità e governabilità spiegano la preferenza per sistemi elettorali maggioritari e bipolarizzanti, come se questo fatto potesse sostituire l’elaborazione di programmi all’altezza dei problemi da risolvere e la capacità di organizzare un blocco politico e sociale egemone, in grado di garantire una maggioranza non solo numerica ed apparente, come quella che deriva dalla combinazione di premi in seggi e soglie di accesso che trasformano minoranze occasionalmente più forti in maggioranze eterogene” Il prof. Onida , che purtroppo non può essere tra noi, ha definito queste scelta: “La fiera dei premi di maggioranza” nel valutare positivamente l’ordinanza del Tar Lombardia, che ha inviato in Corte Costituzionale la L.R. 17/2012 della Lombardia , con norme condivise da altre leggi elettorali regionali. La legge elettorale regionale lombarda può così raggiungere alla Consulta le modifiche introdotte dalla l. 270/2005, la cui discussione è fissata al prossimo 3 dicembre. Il vertice dell’equivoco si è raggiunto coll’errata convinzione che si debba sapere chi ha vinto le elezioni e quindi governerà la sera stessa delle elezioni. E’ una pretesa che non ha riscontro neppure nei sistemi presidenziali: Obama ne è dimostrazione. La situazione non è migliore neppure nei sistemi semipresidenziali: non solo ci sono state 2 coabitazioni in Francia, ma in astratto non è garantito, che il Presidente abbia la maggioranza nelle seguenti elezioni dell’Assemblea Nazional. Persino in Gran Bretagna chi avrebbe governato sarebbe dipeso dalle scelte dei liberali, come in Germania il successo personale della Merkel non le garantisce il Governo finché non firma un contratto di coalizione con un secondo partner, perché nel Bundestag è in minoranza come lo era nel 2005 e negli ultimo scorcio della coalizione con la FDPnel Bundesrat. Per noi che abbiamo gioito per la chiara vittoria di Hollande sia alle presidenziali che alle legislative desta preoccupazione il fatto che a poco meno di un anno e mezzo dal maggio 2012 non sia garantito di poter governare, cioè di poter mantener fede al proprio programma e tutto ciò malgrado una confortevole maggioranza, frutto del sistema maggioritario a doppio turno, che piace a molti, anche nel centro-sinistra. Ebbene senza la disciplina repubblicana il sistema maggioritario a doppio turno non assicurerebbe stabili maggioranze. La cultura politica, che determina i comportamenti, pare non far parte delle riflessioni o del bagaglio di conoscenze ,di chi si occupa da politico o da giurista di leggi elettorali. Il maggioritario di collegio uninominale con ballottaggio eventuale, che ha il consenso di molti, senza disciplina repubblicana, senza la polarizzazione destra-sinistra e la discriminante anti-fascista verso la destra estrema e con, a contrario, forti partiti regionali e vaste porzioni del territorio a forte dominanza clientelare, quando non di influenza elettorale della criminalità organizzata, avrebbe esiti diversi, se non opposti, in un Paese come l’Italia. Lo stesso con un sistema elettorale, come quello tedesco -l’altro grande modello di riferimento -con un sistema tripartito prima Union-SPD e FDP e quadripartito poi con i Verdi- si poteva scommettere che in Italia non avremo avuti Cancellieri democristiani o socialdemocratici ma liberali o verdi, finché DC e PCI non fossero stati pronti a praticare larghe intese o una sorta di Große Koalition grazie al Compromesso Storico. Nei paesi scandinavi, quando tramontò il periodo delle maggioranze assolute dei socialdemocratici furono possibili stabili governi di minoranza perché i partiti a sinistra dei socialdemocratici, mai avrebbero unito i loro voti a quelli dei partiti borghesi per sfiduciare o mettere in minoranza il governo: questo scrupolo è invece stato assente in Italia per sfiduciare il governo Prodi nell’ottobre 1998 e nel gennaio 2008 il logoramento del Governo ad opera di sue componenti di sinistra della maggioranza aveva preceduto la sfiducia formale. Vogliamo pensare ai paradossi della governabilità e del bipolarismo, che avrebbero dovuto essere favoriti da leggi elettorali con premio di maggioranza, si sono avute legislature a fine anticipate dopo le elezioni del 2006 e senza la crisi economica e l’emergenza dopo quelle del 2008 e la stessa legislatura del 2013 non è destinata a durare fino al 2018, anzi sarebbe già terminata come la precedente se si fosse riformata la legge elettorale. Nel dibattito attuale preoccupa, che invece di trarre lezione da quanto accaduto si pensi di accentuare l’artificialità di maggioranze con l’introduzione di un premio di maggioranza nazionale anche al Senato, malgrado l’art. 57 Cost., quando la differenza di possibili maggioranze politiche tra Camera e Senato non dipende dal premio di maggioranza nazionale per la prima e regionale per il secondo, ma dalle diverse soglie di accesso e di deroghe per le liste coalizzate, che contro ogni nozione minima di matematica, sono più elevate per il Senato anche fino al doppio, benché abbia la metà dei componenti della Camera. Questo fatto impedisce che ci sia le stessa offerta politica alla Camera e al Senato.
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