Creato da giglio.alfredo il 31/03/2013
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COMMENTO A CURA DI ALFREDO GIGLIO

Post n°91 pubblicato il 21 Aprile 2013 da giglio.alfredo
Foto di giglio.alfredo

 

 

 

 

 

 

 

COMMENTO a due liriche

di Marina Liberati

 

 

Con grande piacere continuo nei commenti delle poesie di Marina Liberati, che sono quasi tutte improntate al dolore, alla solitudine e al silenzio, che della solitudine è germano: poesie che salgono dal profondo dell’anima, per rappresentare l’amarezza di un vivere triste e inconcludente, di cui la Poetessa si sente vittima incolpevole, quasi violentata da un destino crudele, che la priva dell’amore e di tutte le gioie della vita.

 

L’OMBRA DEL SILENZIO

 

In questa breve lirica, scritta di getto, viene rappresentata, come fosse una scena da palcoscenico, la personificazione del silenzio, descritto in modo incisivo, quasi a volercelo far toccare con mano, con parole che lo rendono vivo e quasi tangibile e che rimane impresso nella fantasia, come un bassorilievo di pregiata fattura.

Dice la Poetessa che, trovandosi affacciata alla finestra, ha avuto modo di vedere passare dinanzi ai suoi occhi, il silenzio, che le appare come un’ombra scura, senza volto, senza anima e senza sentimenti.

Il silenzio infatti non ha voce, non può avere dei sentimenti e nemmeno un’anima: esso è compagno della solitudine e si avverte specie quando l’anima è deserta,quando il cuore non palpita e non sente il calore dell’amore.

Ed è il silenzio, continua la Poetessa, che la corteggia, la circuisce, come fosse una persona viva, e, tutte le notti l’assale e la mortifica e la prostra, tanto che lei si sente come violentata, da questa sua condizione di infelicità, dalla quale vorrebbe liberarsi.

La poesia è semplice, ma di grande intensità, e la descrizione appare sempre dolce, proprio a volere sottolineare quello stile poetico che a Marina Liberati appartiene, che nasce da un’anima sensibile e delicata, che conferisce alla poesia una sua dolcezza, pure nella sua brevità.

 

 

IO VIVO

 

Anche in questa lirica, Marina Liberati, continua nella rappresentazione del silenzio ancestrale, un silenzio cosmico che va oltre l’infinito, come se esso pervadesse ed avvolgesse, nelle sue spire, il mondo intero come a soffocarlo, ed in questo silenzio immenso, lei mette a nudo la sua anima di donna, violentata da quel dolore che le fa apparire la vita, vuota di valori, triste e inconcludente, perché da essa non riceve quegli stimoli, che la farebbero gioire e la spingerebbero alla conquista di traguardi, sempre più ambiti ed appaganti.

Ma nonostante questa vita deludente, la Poetessa continua a vivere, a trascinare la sua esistenza tanto grama, che già ora, le sembra di ricordare il domani, come giorno mai vissuto, che si presenterà con lo stesso silenzio  di oggi, senza palpiti e senza un solo momento di felicità.

 Alfredo Giglio

 
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