Luci rosse, soffuse.
L’odore acre dell’erba
sembrava quasi trascendere
la psichedelia di vapori etilici sospesi a mezz’aria…
Pareti spesse a cui non appoggiarsi
ammantate di bianco polistirolo:
la piacevole quanto inutile illusione
che ad insonorizzarle
bastassero quei grigi cartoni di uova:
centinaia, migliaia
a coprire una volta troppo maestosa…
Un materasso all’ingresso;
un divano in un angolo voleva quasi ispirare accoglienza…
Amplificatori e fili elettrici ovunque.
Un Fbt valvolare
è ben più che una traccia degli anni 60:
è poesia per una chitarra mai del tutto accordata…
La Luna, sospesa tra fili di stelle,
copriva una notte di suoni di un pallido velo
su cui eran dipinte di nero
emozioni, piaceri e canzoni.
Io ero lì.
In fondo alla stanza.
La pelle nuda sfiorava
una bandiera su cui campeggiavano Kurt Cobain
ed una scritta:
“Forgive Me”.
Un sottile lembo in tessuto
a separare la pelle da quel muro coperto di carta
Io ero lì,
seduto innanzi alla mia batteria:
al rullante con la pelle ben tesa
che spesso finiva per strisciar sulle gambe;
tamburi, piatti, meccanica e grancassa:
fragori nella mente
divenivano suono, melodia,
carezza per il cuore..
Quella carezza che molti lì fuori
avrebbero apostrofato con un solo nome: Rumore.
Legno liscio, levigato
scorreva tra le mani, i calli, i pensieri, le dita..
( Piccole schegge ti affondavano dentro – DOLORE)
Bacchette
che mio padre avrebbe lasciato durassero anni
divenivano il “medium” – la mia arma -
con cui lasciar cadere come bicchieri nel vuoto
cristalli di note
che volevano esser rabbia e poesia.
Perché il Grunge era questo:
era poesia della rabbia,
melodia per i violenti ed i violentati
e per chi fingeva di esserlo;
era lucida follia
per chi non aveva ancora vent’anni
e per chi nel cuore continuava a non averli…
Ho notato che su Cobain e i Nirvana
oggi ci scrivono una montagna di saggi.
Ricordo mia sorella sfogliare le pagine
di un loro libro che io stesso qualche anno prima
avevo letto e comprato.
Le chiesi di riporlo,
presi un cd con in copertina
un bellissimo bambino col pisellino di fuori
che nuota in una piscina
attratto da una banconota attaccata ad un filo…
“Ascoltalo, piccola. E’ tuo.
C’è più Grunge nei 3 accordi
di Smells like Teen Spirit
che in un’intera collana di saggi”…
Io non so se qualcuno
ha davvero avuto la forza e la voglia di leggere
tutto questo assurdo messaggio:
avevo voglia di scrivere dei miei anni nel Grunge,
quando una batteria ed un locale
erano per me vita, piacere, realtà
e sogni adolescenziali…
Volevo spiegare cosa per me è stato il Grunge.
Ma qui le parole non servono…
Se sei arrivato fin qui,
se sei arrivata fin qui,
allunga la mano verso i tuoi cd:
lì “Nevermind” dovrebbe esserci ancora…
Traccia numero uno:
due chitarre che graffiano,
(bastava conoscer tre accordi per poter dire
di saper suonare i Nirvana)
un basso che avvolge,
una batteria
che distrugge, grida, accarezza, sconvolge…
E tra loro si insinua ammantando ogni suono
una voce
che come le onde del mare
sussurra alla sabbia ed urla agli scogli
parole convulse intrise di odio, d’amore,
di gioia, di rabbia e dolore.
Questa è l’Anima del GRUNGE.
Altre parole non servono.
Scorriamo nel tempo la nostra forma
lasciandoci dietro la morte di un ombra.
Ci sono momenti
in cui un dark che non veste di nero
sente il bisogno di voltarsi a guardare…
E tu ci sei sempre.
Grazie, Kurt….