Creato da pensierostraziato il 22/07/2010

Nuvole antiche

Il serpente oltre lo specchio

 

 

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Profugo di Babele, poemetto ebraico abusivo

Post n°4 pubblicato il 24 Luglio 2010 da pensierostraziato
 

Profugo di Babele, guidato da uno stomaco veggente
attraverso il deserto cartesiano, quivi approdò, in un non-mondo,
sotto il regno di una regina disperata, affamato di cenere,
poppante di orologi e di lune adolescenti.
Regina improvvisata, tremebonda, scampata alla morte,
priva di memoria, prostituta post-euclidea, la cui esistenza si ricongiunge
all'infinito ad ogni altra esistenza, cucinò lui e gli diede in pasto se stesso,
e lo trasformò in una iena isterica, ed egli si partorì,
sicché nemmeno colei che partisse ora per Zurigo
potrebbe deliziarlo altrettanto, nemmeno se glottologa edenica
nonché destinataria di epistole ovvero esistenze
connesse da una sintassi invisibile, come un bosco caldo
di confessioni abitato da eremiti fanciulli.
E ugualmente acerbo per lui stato sarebbe il mare della donna altra in sé,
divorziata da se stessa, diseredata ed espulsa dalla Città della Luna.
Né di conforto nutricato l'avrebbe la provvida visita
antelucana d'un marxista notturno, zelante di falci e martelli vellutati,
che, a passo di danza, redenta dal rumore avesse la lotta di classe:
"Cotal fia la vera rivoluzione, onorevoli colleghi, con Marx e Della Casa sotto il braccio,
dall'inferno al galateo, dall'acciaieria vampiresca al luna park sul ciglio del burrone,
dalla miliardaria barbarie laureata all'infanzia, che inganna gli dèi
pregandoli nella lingua cifrata delle nuvole".
Ma non era affatto questo che volevo dire, nulla di tutto questo,
tanto più che dell'autodivorziata vedova di se stessa,
orfana di matrimonio e madre d'angoscia, avrei voluto tacere
sino alla morte. Ma il babelico cuore, tradotto in infinite lingue
seppure analfabeta perverso, giacché loquace,
per quanto nudo d'intenzionalità, residente in un dizionario senza limiti,
godette dell'errore, unico suo sapere e unica sua fede,
fingendo forse più per malignità di schiavo fuggiasco
che per virtuosismo combinatorio.                              
 
 
§ 2
 
Babele è là, all'ombra psichica dei geroglifici,
nell'aula ginnasiale alla deriva nell'infinito, travolgente
democrazia di lapsus in consonanza privi di senso,
ma comunque corpo pieno di città,
se tu non fossi stato uomo ovvero un ospite colpevole.
Per questo il tempio si suicidò: poi le macerie
furono digerite dalla terra e dal cielo, fin quando
ne esplose una primavera fiorita di biciclette rosse entusiaste,
di scolari illuministi, di gelati, di ragazze dall'ampio repertorio,
ed eventualità marxiste, treni in abiti popolari
e dollari nei campi, non granoturco,
e fermentavano poemi anarchici nelle viscere della terra,
e spudorate si celebravano abbuffate in luoghi consacrati
da masse con patente di libero pensatore.
Il tempio si suicidò, perciò nessuna cosa mantenne il suo nome:
la conobbi allora, il primo giorno di scuola dopo la fine del mondo.
 
 
§ 3
 
Piangeva come se si fosse resa conto solo in quel momento di esser nata.
Ma era morta come tutti, e i suoi occhi vedevano il nulla, che avanzava raggrinzito
sotto forma di professore di greco. Sei forse tu il messaggio nella bottiglia?
"No, il messaggio è l'oceano fuori dalla bottiglia,
l'ubriaco imbottigliato, invecchiato, stappato, spumeggia, debutta in società,
sposa un cardinale scomunicato, gioca a golf, muore e risorge per fondare il partito.
Aderiranno solo un poeta a oltranza, che perseguirà lo scopo della morte del lettore,
e un organista drogato, che progetterà un nuovo manicomio razionalista in re bemolle maggiore,
e vorrà crocifiggere Sacco e Vanzetti al diesis di una modulazione".
Ma una ballerina cristologica sedusse anche lui, come ogni utopista-poliziotto fallito,
e lo deportò a Babele.
"Dunque il caso è la vera utopia?", te lo chiedo con ironico odio,
giacché sono un teppista di altolocata famiglia ginevrina.
 
§ 4
 
Merito ne riscuotano le professioniste dell'angoscia,
che spacciano abissi in confezione parrocchiale
sulle bancarelle di Saturno e là, nelle discariche concettuali da salotto,
esaltano l'autogodimento perverso della mente senza mondo.
"Gustate quant'è soave l'intenzione!" motteggiano in coro
le corrotte dai filosofi astronaute fatali, sulla luna in missione pedagogica,
a maieutizzar le pietre orfane di Orfeo.
Meglio perciò limitarsi a verbi all'ottativo, a formule augurali
cosmopolitiche, a confutazioni masochistiche,
a scientifici motti di spirito, ad allusioni vincenti,
ad iniziative ai confini comunali della decenza
[peripezie in viuzze ombrose e periferiche, odissee
e romanzi picareschi, fra il boccaccesco e il pirandelliano, con le più democratiche
fra le donne che fanno poker in questa valle di lapsus francobollati],
meglio, con siffatte femmine, l'autostupro sovvenzionato dalla Regione Lombardia,
o la metamorfosi in formica teorica sul fondo dell'oceano.
Ma per chi vide la torre di Babele contorcersi come una serpe, là è la donna:
un velo sospeso nel vuoto febbrile.
                      
 
§ 5   
 
La donna macella il poeta, che al galoppo del ciclone
sfonda l'orizzonte, educando bombe atomiche all'endecasillabo
e dèi da manicomio. Ma un giorno il poeta verrà,
e canterà per le pietre assolute di Babele,
dove la donna non germoglia e la gramigna romantica eccita il cielo.
Ed egli stuprerà la luna, e tu, donna,
corteggerai il terremoto, tanto grande sarà la tua gelosia!
Ma il poeta va col cinema ambulante
in viaggio sull'anelito melodico dell'asfalto,
accompagnato da cardellini planivolumetrici
e da flauti monodimensionali suonati da farfalle,
affinché un'assorta burocrazia in preghiera nichilista
assista dal palcoscenico alla commedia,
e proverbi popolari lo confortino come un violoncello di saggezza,
e donne a forma di fontana o di vino impensabile
esplodano deviando l'Apollo 11 addosso a Lenin,
convertendolo così a un'illegale divinità;
mentre la luna, dal volto arduo come la retorica,
con le sue fontane impossibili aggrega concetti al canto dei dissimulati deserti,
in cui la Chiesa Eterna affonda inghiottita da un organo di nebbie cesellate.
Ma un giorno ritorneremo io e te all'ombra di tutte le ombre,
al tepore del nulla come due cipressi greci in rima,
e un dio comparato suonerà mentalmente
il pianoforte del tempo, alla fine di questa eternità,
nel primo e unico Giorno, in cui splenderà
una vela nell'oceano che ondeggia nel nulla,
laddove la nave di Babele approderà,
eidos di nave ulteriore.

 
 
 
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