ambaradam

Se fossi un uccello sarei un albatro.
Una procellaria, un uccello della tempesta.
Un uccello forte, estremamente forte, capace di combattere qualsiasi evento naturale e qualsiasi intemperia, grazie alla sua grande stazza e alle sue forti ali.
Un uccello forte, ma solo se è in cielo, se è in movimento, se è nel suo contesto naturale.
Altrove, non sa vivere, non sa combattere.
Altrove, non è lui.
A prescindere dalle tempeste, un uccello senza senso.
A prescindere dalle tempeste, un essere senza forza.
A prescindere dalla tempesta, un oggetto di derisione.

"Spesso, per divertirsi, gli uomini d'equipaggio
Catturano degli albatri, grandi uccelli dei mari,
Che seguono, indolenti compagni di vïaggio,
Il vascello che va sopra gli abissi amari.
E li hanno appena posti sul ponte della nave
Che, inetti e vergognosi, questi re dell'azzurro
Pietosamente calano le grandi ali bianche,
Come dei remi inerti, accanto ai loro fianchi.
Com'è goffo e maldestro, l'alato viaggiatore!
Lui, prima così bello, com'è comico e brutto!
Qualcuno, con la pipa, gli solletica il becco,
L'altro, arrancando, mima l'infermo che volava
Il Poeta assomiglia al principe dei nembi
Che abita la tempesta e ride dell'arciere;
Ma esule sulla terra, al centro degli scherni,
Per le ali di gigante non riesce a camminare".

Esule dalla tempesta, su questa terra, tra le persone, neanche io so camminare.
E allora mi maschero e fingo per sembrare meno goffa
E allora mi conformo e mi confondo per sembrare meno brutta.
E allora mi schermo (dietro qualsiasi artificio) per sembrare meno comica.

Non sono un poeta, eppure come lui, sento la mia emarginazione, la mia esclusione, il mio essere altro. Sento che ciò che mi fa forte, che mi fa bella, che mi fa me-stessa è quella stessa cosa che agli occhi degli altri mi fa goffa, comica e brutta.
Sento che la mia forza è per gli altri la mia debolezza.

Spaesata.
Senza tempesta, senza cielo, senza volo, sono totalmente spaesata.
Se non fossi un uccello sarei un "pesce fuor d'acqua".