Creato da anais148 il 18/04/2007

*Orizzonti*

...in continua definizione! Si parte sempre da dove si vuole arrivare...

 

 

*Ricorrenze*

Post n°1135 pubblicato il 10 Novembre 2011 da anais148


"Niente di brutto può accadere da Tiffany..."

 
 
 

*Ed è di nuovo lunedì*

Post n°1134 pubblicato il 17 Ottobre 2011 da anais148

 
 
 

*Carnage*

Post n°1133 pubblicato il 14 Ottobre 2011 da anais148

In un misurato appartamento di Brooklyn due coppie provano a risolvere uno smisurato accidente. Zachary e Ethan, i loro figli adolescenti, si sono confrontati incivilmente nel parco. Due incisivi rotti dopo, i rispettivi genitori si incontrano per appianare i conflitti adolescenziali e riconciliarne gli animi. Ricevuti con le migliori intenzioni dai coniugi Longstreet, genitori della parte lesa, i Cowan, legale col vizio del BlackBerry lui, broker finanziario debole di stomaco lei, corrispondono proponimenti e gentilezza. Almeno fino a quando la nausea della signora Cowan non viene rigettata sui preziosi libri d'arte della signora Longstreet, scrittrice di un solo libro, attivista politica di troppe cause e consorte imbarazzata di un grossista di maniglie e sciacquoni. L'imprevisto ‘dare di stomaco' sbriglia le rispettive nature, sospendendo maschere e buone maniere, innescando un'esilarante carneficina dialettica.
Non è la prima volta che Roman Polanski ‘costringe' e isola i suoi protagonisti a bordo di una barca, dentro un castello, oltre il ghetto di Cracovia, sopra un'isola (in)accessibile. Da sempre nella filmografia del regista polacco la separazione è necessaria per mettere ordine e avviare un' ‘inchiesta'. Accomodati tre premi Oscar (Kate Winslet, Jodie Foster, Christoph Waltz) e un candidato eterno non protagonista (John C. Reilly) in un appartamento di Brooklyn, ambientazione dichiarata dalla prima inquadratura e trattenuta da due alberi che dietro le fronde rivelano lo skyline ‘alterato' di Manhattan, Polanski denuncia ancora una volta il riferimento al (suo) maestro inglese. In particolare un capolavoro di Hitchcock palpita sotto la superficie, un omaggio che dopo molte risate lascia un ‘nodo alla gola'. Trattenuto in un'unica location e svolto in tempo reale, Carnage è ‘scenograficamente' prossimo al Rope hitchcockiano che, girato a Los Angeles, apriva le finestre del suo appartamento su una Manhattan in scala, ricreata attraverso un ciclorama di quattrocento metri quadrati e illuminato da un'abbondanza di lampadine e insegne al neon. Il richiamo non si limita allo spazio esterno, ma ancora e di più a quella maniera unica di tradurre un'idea in un movimento, in movimenti invisibili quanto mirabili di macchina. Versione cinematografica della piéce teatrale di Yasmina Reza, co-sceneggiatrice con Polanski, Carnage coniuga il piacere della forma al valore della storia, una storia che ancora una volta suggerisce l'illusione della trasparenza. La maschera linda dei quattro protagonisti insinua presto un malessere sordo, un orrore che c'è e si vede. Così progressivamente le tempeste dialettiche restituiscono alla superficie i ‘corpi' nascosti nei bauli dalla stessa vanità e gratuità degli studenti hitchcockiani.
Polanski, naturalizzato francese ma apolide per vocazione, satura l'inquadratura di uomini e donne che si sentono ostinatamente migliori dell'ambiente che li circonda, che rimandano a se stessi come gli specchi dell'appartamento, ubicato fuori dalla finzione a Parigi e dimostrazione della condizione di “perseguitato” di Polanski. In cattività, congiuntamente ai suoi coniugi (in)stabili e (ir)ragionevoli, il regista ribadisce l'impraticabilità di introdurre un ordine nella realtà perché basta un conato di bile, un cellulare annegato, un libro imbrattato, una borsetta rovesciata a disperdere equilibrio e ‘democrazia'. Città immaginaria e ferocemente reale, New York apre e chiude il dramma da camera di Polanski, che spacca e fruga, ‘percorrendo' con lo sguardo personaggi già ipocriti e corrotti, strumenti di ferocia intrappolati in un cul de sac. In barba al politicamente corretto, l'irriducibile e non riconciliato Polanski ha cominciato a saldare i conti con l'American Dream. Un sogno che non c'è più e forse è solo la più grande menzogna mai tramandata.

 
 
 

*Ex - Amici come prima*

Post n°1132 pubblicato il 14 Ottobre 2011 da anais148

Diverse storie si rincorrono con il tema comune del tradimento e dell’abbandono. Un politico italiano arrivato al parlamento europeo inizia una relazione platonica con una donna che poi scopre essere il primo ministro di un paese Baltico, un architetto romano si innamora senza saperlo dell’avvocato che cura il divorzio della moglie, un marito appena sposato incontra nuovamente una fiamma del passato mai sopita, un uomo lasciato si finge psichiatra perchè innamorato di una paziente e infine un ragazzo rincorre le ragazze appena mollate perchè sono più facili da conquistare.
Arrivati alla 52esima pellicola della loro carriera i fratelli Vanzina per la prima volta girano il sequel di un film non loro. Questo Ex: amici come prima, segue infatti quell’altro Ex del 2009 firmato Fausto Brizzi, senza però ereditarne nulla. Un sequel spirituale o forse sarebbe meglio dire solo di marketing, perchè davvero le due opere non condividono niente: non hanno storie in comune, nè stile, nè prospettiva e lo dimostra la partecipazione di Alessandro Gassman (unico attore presente in entrambi i film) in un ruolo privo di qualsiasi connessione con quello interpretato sotto la gestione Brizzi.
I Vanzina fanno commedie brillanti sul tradimento e la difficoltà di convivenza dei sessi da ben prima di Fausto Brizzi (semmai è questo che imita i primi) e così non si adattano al format ma girano un loro classico film, lasciando che sia lo stile a prevalere sulle esigenze produttive. Il risultato quindi è in linea con la produzione più recente dei due fratelli ( Ti presento un amico, La vita è una cosa meravigliosa) film dalla messa in scena meno curata e più sciatta rispetto al passato e fondati su intrecci dal sapore ottimista e positivo, che non mettono in scena i loro consueti mostri ma attenuano conflitti e spigolosità.
Sognano Frank Capra, Renè Clair e l’empireo delle commedie sofisticate, in equilibrio tra tradizione e modernità, in grado di parlare d’attualità ricorrendo ad espedienti classici ma raggiungono lo sketch da varietà televisivo. La scansione delle scene, come sempre nei loro film, somiglia più a gag ordinate intorno ad un canovaccio che un film composto di momenti comici e anche le stesse gag sono in linea di massima rielaborazioni di una comicità nota.
Gli ex dei Vanzina sono quindi più ordinari, meno patinati e più borghesi, nel senso classico del termine, rispetto a quelli di Brizzi, e soprattutto più politici. Con un segmento esplicitamente dedicato all’intreccio da relazioni sessuali e politica i Vanzina prendono una posizione inusuale per il nostro cinema. La critica ad una politica sgarbata e volgare, fatta di relazioni sessuali che hanno la priorità sui doveri è tanto chiara quanto educata, reazionari con garbo i due fratelli si posizionano come alfieri di una destra d’altri tempi (se mai è esistita), piena d’ordine e dignità ma lo fanno con il minimo della potenza narrativa.

 
 
 

*La pelle che abito*

Post n°1131 pubblicato il 12 Ottobre 2011 da anais148

Il chirurgo estetico Robert Ledgard ha perso la moglie in un incidente d'auto che l'ha completamente carbonizzata. Da allora, ha messo tutto il suo impegno di scienziato per costruire una pelle sostitutiva, leggermente più resistente di quella umana e perfettamente compatibile. Perfezionata l'invenzione, Robert ha avuto bisogno di una cavia e non ha esitato a sequestrare il ragazzo che ha tentato di stuprargli la figlia, a privarlo dell'organo più esteso del suo corpo e ad obbligarlo a (soprav)vivere in un'altra pelle, che non gli appartiene.
Quando il film si apre su una bella ragazza con un'attillatissima tutina color carne, che fa yoga come fosse una ballerina di Pina Bausch e crea sculture ispirate a quelle di Louise Bourgeois, ci appare immediatamente chiaro dove ci troviamo: di fronte ad un Pedro Almodovar al cento per cento, tutt'altro che transgenico, piuttosto ormai manierista. Il resto del film si occuperà di confermare senza sosta questa prima impressione.
La scrittura, come in quasi tutti gli ultimi titoli del regista, è anche qui un meccanismo perfetto, rotondo, nel quale i dialoghi servono spesso ad alleggerire una trama ritagliata con chirurgica perizia, come fosse fatta di pezzi di un puzzle (Gli abbracci spezzati) o di lembi di pelle da far combaciare senza che si noti la cicatrice. Battute come “Mi chiamo Vera. Vera Cruz”, solleticano la risata in pubblici diversi e stratificati, strizzando l'occhio tanto ad un'epoca (gli anni Cinquanta) e ad un cinema di genere fatto di continui colpi di scena, quanto, fuori dallo schermo, alla rinuncia dell'attrice feticcio di Almodovar, Penelope, che era stata pensata per il ruolo finito poi in sorte a Elena Anaya (e la mancanza della Cruz qui non si sente, poiché la sua “seconda pelle” se la cava benissimo). A livello estetico, accade esattamente la stessa cosa: dentro un impianto visivo algido ed elegante, irrompe -volutamente grottesco- un uomo vestito da tigre. Almodovar, dunque, rifà se stesso: insieme kitsch e affascinante, artista matur(at)o ed énfant prodige birichino. E poi telecamere nascoste, primi piani congelanti, scambi di sesso ma non di identità, madri con segreti mai confessati, figli/fratelli ignari l'uno dell'altro.
Il mito di Frankenstein -espressione da sempre della paura nei confronti dei progressi della tecnologia e della scienza, e mito gotico per eccellenza-, più che oggetto di un'indagine o di una riflessione sembra servire ad Almodovar come un semplice contenitore, un involucro funzionale e intonato nel colore, resistente e compatibile con la celebrazione di sé e del proprio gusto.

 
 
 

*10.10*

Post n°1130 pubblicato il 10 Ottobre 2011 da anais148

 

Potrei essere triste perché:

vengo spesso giudicata per le passioni e i sogni che ho

un sogno, in particolare, fa fatica a realizzarsi

nonostante mi stia impegnando tanto, ho spesso risultati altalenanti

a Correggio, sabato scorso, non ho incontrato LUI

l’aver tentato ostinatamente una seconda volta, non mi ha permesso comunque di poter frequentare quel corso in eventi (con project work l’organizzazione del Giffoni Film Festival) a cui tenevo tanto

quando parlo dei miei desideri, mio mamma spesso mi liquida con un “non sei adatta per questa o quella cosa”

Ma

voglio pensare che,
se è proprio vero che nulla accade per caso,
allora forse succederà qualcosa di talmente tanto bello
da farmi scordare la malinconia di quest’ultimo week-end...
voglio, devo essere positiva!

 
 
 

*Stand-by*

Post n°1129 pubblicato il 07 Ottobre 2011 da anais148

Ci sono giorni in cui ti senti bloccata in meccanismi che non capisci, giorni in cui – per quanto tu faccia – ti sembra sempre di non fare abbastanza. È strano come mi imbatta sempre in qualcuno che, nonostante tutto, non perde occasione per sottolineare quello che non ho ancora fatto e non quello che ho già fatto: critiche che di costruttivo sembrano aver ben poco e che minano il mio entusiasmo, innescando un meccanismo difensivo che proprio giusto non è. Perché è brutto da dire e ancor di più da pensare, ma in certe situazioni (in primis il lavoro) sono sola e non posso contare su nessuno, ma proprio nessuno che mi  “difenda”. E allora che fare se non stringere i denti, rimboccarsi ancor di più le maniche e andare avanti? La vita non è sempre una discesa mi han ripetuto più volte...ok, ma io finora ho visto solo salite.

 
 
 

*E' tutto scritto ed è qui dentro*

Post n°1128 pubblicato il 06 Ottobre 2011 da anais148

Ed è giovedì. L’ultimo – a quanto pare – di sole e d’azzurro. I meteorologi oramai ce l’hanno detto in tutte le salse che da domani le temperature si abbasseranno, facendoci respirare atmosfere decisamente più autunnali. Peccato! Mi ero così ben abituata alla dolce sensazione dei finestrini abbassati, al tepore della pausa pranzo...speriamo non inizino subito le nebbie, perché mi potrei anche deprimere in tempi decisamente rapidi. Sono stati comunque giorni molto produttivi quelli appena trascorsi: complice un periodo di relativa tranquillità lavorativa, mi sono finalmente dedicata a ciò che avevo in sospeso da un po’ e devo dire che sistemare, vedere le cose come (per me) devono essere, mi regala sempre una piacevole energia oltre alla consapevolezza che forse un po’ (tanto) maniaca lo sono...come se il mettere ordine riuscisse a dare un equilibrio tutto suo alla mia vita. Ma di solo ordine non si può vivere: ecco allora che a entusiasmarmi ci sono pure le note positive, due in particolare. La notizia di una nuova inaspettata gravidanza per una blog amica che in passato ha faticato non poco a realizzare il suo sogno di maternità mi ha non solo reso felice, ma anche fatto capire che “tutto arriva per chi sa aspettare”. Mi accorgo di ripetere spesso questa frase, quasi come un mantra, ma più passa il tempo e più mi rendo conto di come nulla accada per caso, di come tutto abbia un suo senso, anche se a volte facciamo fatica a comprenderlo. La mia rivincita sul consulente rognoso è stata invece più di una nota positiva. Oramai tra me e lui è guerra dichiarata, a volte mi pare pure di essere tornata ai tempi delle medie, con lui che controlla se faccio bene il mio lavoro e che si va a lamentare con il mio superiore per qualsiasi mia replica. Premettendo che continuo a pensare che il suo lavoro non mi sia di alcun supporto, ho deciso comunque di dimostrargli che forse sono ben altro delle sue convinzioni. Ecco allora che questa mattina ho sfoggiato uno dei miei migliori sorrisi, una proverbiale pazienza e l’ho (sue parole testuali) stupito, tant’è che si è sentito in dovere di riferire al mio superiore che sono "oggi stata bravissima". Tra un po’ penso farò i miei compiti su un quaderno, gli regalerò una penna rossa, in modo da far vedere pure a mia mamma i miei progressi. Senza contare che la limitata qui presente gli ha dimostrato di avere appreso appieno la funzione “cerca.vert” di Excel. Ma cos’è che in tutta questa storia mi rende particolarmente felice? Il sapere che minimo per due settimane non lo rivedrò. La notizia mi riempie di benessere!

 
 
 

*Fai buon viaggio, se puoi*

Post n°1127 pubblicato il 06 Ottobre 2011 da anais148

 


Essere l'uomo più ricco al cimitero non mi interessa.
Andare a letto la notte sapendo
che abbiamo fatto qualcosa di meraviglioso,
quello mi interessa.

Steve Jobs

 
 
 

*Le parole degli altri*

Post n°1126 pubblicato il 05 Ottobre 2011 da anais148


Le donne si "accontentano" e,
di compromesso in compromesso,
perdono se stesse,
pensano di non avere diritti.
Abbiamo confuso l'amore con il bisogno.
Avevamo grandi sogni e diciamo "Non posso".
Ma non abbiamo solo il diritto,
abbiamo anche il dovere di essere felici,
di non accontentarci,
anche se in una relazione,
qualunque relazione,
si media, si rinuncia.


ANITA CAPRIOLI

 
 
 

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