Creato da Superfragilistic il 30/07/2008

Sonoviva

Un blog di denuncia, osservazione e critica possibilmente costruttiva

 

 

« 19 Maggio 2012 - BRINDIS...MISERIA »

SUBITO SOLDI PUBBLICI AI TERREMOTATI DELL'EMILIA

           

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Erano tutti tranquilli, sebbene fossero scesi in strada, gli abitanti di Parma quando, una mattina dello scorso Gennaio, la terra aveva tremato. Solo io piangevo ed ero in preda ad una crisi di terrore e loro mi consolarono; mi sentivo un po' ridicola ma il ricordo del terremoto dell'Irpinia, che aveva sconvolto la vita seminando morte in un'area tanto vasta della Campania, era ancora vivo in me. Loro mi rassicuravano dicendo che lì il pericolo terremoto non esiste, mai successo che ci siano stati danni e poi le case ben costruite non avrebbero dato alcun problema. Così, quando si è ripetuto dopo pochi giorni, non mi sono neanche alzata dal divano su cui ero seduta ed ho semplicemente aspettato che finisse.

Ma la notte del 20 maggio, quando mi sono svegliata ed ho sentito quel rumore assordante che solo il terremoto è capace di produrre, così indefinito e pauroso, unito al violento dondolare del letto in cui mi trovavo fino a poco prima sprofondata in un profondo sonno, la sensazione è stata di totale impotenza, rassegnazione, calma agitata. Ero in un appartamento in una vecchia palazzina e non nella moderna casa in cui mi trovavo a gennaio, e non avevo la minima idea della resistenza delle sue strutture. Sentivo gli inquilini, in massima parte immigrati di varie nazionalità di per sé molto rumorosi in condizioni normali, scendere ed affannarsi per le scale, trascinando con sé i bambini strappati al sonno. Non erano parmigiani così come io non lo ero  e, come me, non avevano idea di cosa potesse aspettarli. Affrontavano così le scale, luogo notoriamente tra i più pericolosi in caso di movimento tellurico, per stazionare poi sotto il portone, nell'altro luogo di grande pericolosità, proprio a tiro per eventuali crolli di parti delicate come i cornicioni.

'Anche questa volta non è accaduto nulla', mi dicevo, rassicurata dalla prima esperienza di gennaio. Avevo sentito quindi la terra tremare ancora debolmente ed avevo atteso con ansia il momento in cui mi sarei allontanata da lì per andare verso la stazione dove avrei preso il treno per tornare al sud, a casa mia. Uscita da casa e giunta alla stazione mi ero subito resa conto che la situazione era ben diversa dalla calma o inquieta tranquillità delle altre volte: i treni erano nel caos, le linee chiuse per accertamenti di danni; arrivavano notizie di crolli e di morti sotto strutture industriali, capannoni come ce ne sono tanti sul nostro territorio. Riuscivo a trovare un treno che andasse verso Bologna e per tutto il viaggio mi guardavo intorno per scoprire il pur minimo segno di turbamento nella quiete che normalmente ammanta quelle campagne, quella pianura dove operose braccia di gente di ogni Paese del mondo, lavorano con dignità e competenza e con l'orgoglio di chi sa che il suo lavoro produrrà un percorso virtuoso verso un prodotto finito pronto a raggiungere ogni parte del Globo.

Ci credono gli emiliani e per questo hanno dato anche la possibilità a tanti e tanti stranieri di fare di quella Regione la loro seconda Patria; lì risiedono vivendo in case e non in tuguri, e lavorando con contratti che fanno sì che la loro vita sia spesa con dignità. Abituata al mezzogiorno dove è costume trattare con superiorità gli stranieri, rivolgendosi loro con il tu, maltrattandoli e facendoli sentire degli estranei con zero diritti, ho visto in questi mesi vissuti da quelle parti, la diversità fatta di rispetto, di cortesia e di inserimento nel ciclo produttivo e nel sociale di quella regione. 

A Bologna era un delirio: la stazione era strapiena di passeggerei che non trovavano più il proprio treno e dall'altroparlante usciva la voce ininterrotta di chi annunciava, uno dopo l'altro, i ritardi ed il destino delle varie tratte ferroviarie. Tanto, tantissimo personale, riconoscibile dalle divise e dai cartellini, dava aiuto ed assistenza all'esercito di utenti e tutto pareva andare verso una soluzione. Caos calmo fatto di cura delle persone con amore e professionalità. Poi, con il passare dei minuti, la soluzione ed il ritorno alla quasi normalità.

Mi chiedevo dove fosse finita quella sicurezza degli emiliani circa l'intoccabilità delle sue popolazioni dalla furia del terremoto e, purtroppo, non è passato molto prima che si verificasse quella scossa che ha segnato così profondamente la vita di quella gente, colpendola soprattutto in quello che più fieramente rivendicano ossia la capacità di rimboccarsi le maniche e lavorare. Avevano ripreso dopo i controlli alle strutture che, prive di accorgimenti antisismici in quanto non considerato territorio simico fino al 2003, tali misure non erano obbligatorie. Dunque agibili lo erano ma non antisismici e quindi che fare? si doveva riprendere e non si poteva certo aspettare oltre; erano anche gli operai a chiederlo, timorosi di perdere quel lavoro che aveva consentito loro di entrare a far parte di quella comunità.  La scossa di due giorni fa ha tolto loro la speranza ed è stata la causa di molti lutti per morti verificatesi proprio in quei capannoni dove, in alcuni casi, si era appena tornati a lavorare. Interi centri storici caduti, chiese e monumenti distrutti, il fermo della produzione e della vita  ancora una volta e proprio quando sembrava che tutto stesse tornando alla normalità.

Ora che i morti sono stati tutti trovati e che la giostra mediatica ha potuto  rappresentarne ll funereo spettacolo, resta lo sgomento di un popolo  desideroso, più che di trovare colpevoli di colpe non commesse - è una colpa dichiarare agibile un capannone non progettato per il rischio sismico o è reato averlo costruito, prima del 2003, senza aver applicato norme che non erano indicate quali obbligatorie in un'area da sempre considerata a bassissimo rischio? - di riprendere in qualche modo la produzione di quei beni ad alta specializzaizione, come quelli biomedicali, prima che altri settori ed altri Paesi si sostituiscano al nostro in tale produzione. Cosa avverrebbe se accadesse questo? un'economia sarebbe affossata per sempre ed un'altra ne sarebbe avvantaggiata. Perché questo non avvenga è necessario fare in fretta, molto in fretta, perché i mercati premono, le  risorse scarseggiano e l'approvviggionamento  deve essere garantito a breve termine. Gli imprenditori non esitano a chiedere allo Stato di fare la sua parte perché da soli non potranno farcela: non è elemosina quella che chiedono ma investimento nel lavoro del popolo emiliano fermato da una causa esterna assolutamente imprevedibile, almeno per come si può prevedere un terremoto la cui ciclicità si fonda sui precedenti storici qui così lontani nel tempo da essere assolutamente trascurati. 

In questo senso mi sento di condividere con voi l'appello di Avaaz  al nostro Parlamento affiinché destini i soldi stanziati per i partiti alle imprese in difficoltà a causa del terremoto subito; non sarà un'elemosina ma un investimento produttivo che non possiamo omettere di fare perché, nel caso quell'economia dovesse soccombere, sarebbe l'ultima Italia produttiva a soccombere e con essa la parte buona deeell'Italia in rovina. 


 
 
 
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