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L'angolo di Jane

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L'ANGOLO DI JANE

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Questo spazio è dedicato a recensioni di libri e film, ai miei racconti,  a riflessioni personali di varia natura e soprattutto a Jane Austen, una delle mie scrittrici preferite.

Sono una stella del firmamento
che osserva il mondo, disprezza il mondo
e si consuma nella propria luce.
Sono il mare che di notte si infuria,
il mare che si lamenta, pesante di vittime
che ad antichi peccati, nuovi ne accumula.
Sono bandito dal vostro mondo
cresciuto nell'orgoglio e dall'orgoglio tradito,
sono il re senza terra.
Sono la passione muta
in casa senza camino, in guerra senza spada
e ammalato sono della propria forza.

(Hermann Hesse)

 


 

 

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Paradisi perduti - Ursula K. Le Guin

Post n°1057 pubblicato il 08 Maggio 2013 da bluewillow
 

Titolo: Paradisi Perduti Titolo originale: Paradises Lost Autrice: Ursula K. Le Guin Traduzione: Salvatore Proietti Casa editrice: Delos Books pag: 142

La Discovery è una astronave generazionale inviata dalla Terra per esplorare un nuovo pianeta abitabile, Shindychew. Il viaggio verso la destinazione richiede circa 200 anni, quindi a giungere alla meta non saranno coloro che sono partiti, ma la sesta generazione, un gruppo di uomini e donne che non hanno mai visto un vero cielo, camminato sull'erba o osservato uno spazio più grande di quello delimitato dalle pareti di una astronave.
Ursula K. Le Guin sceglie di far inziare “Paradisi Perduti” dal racconto delle vite di due amici appartenenti alla quarta generazione, una ragazza ed un ragazzo, a partire dalla loro infanzia fino all'età adulta, Hsing e Nova Luis, due individui cioè completamente distaccati sia dal mondo di partenza, la Terra che non hanno mai conosciuto, che da quello di destinazione, un pianeta sul quale forse non metteranno mai piede, se non quando piuttosto anziani.
Come sarebbe la vita per persone destinate a nascere e morire nello spazio, in un piccolo mondo isolato dal resto dell'umanità, da cui riceve solo sporadici messaggi, col tempo sempre più incomprensibili?
E' questo il tema di “Paradisi Perduti”, una interessante riflessione, quasi filosofica, sulla natura dell'esistenza umana e sulla necessità di dare un senso più ampio al proprio destino.
Le Guin immagina che coloro che hanno inviato la Discovery nello spazio sentano di aver in qualche modo condannato le quattromila persone dell'equipaggio ad una esistenza di privazione e sofferenza. Al contrario, invece, a partire dalle generazioni interamente spaziali, queste credono che il loro mondo chiuso sia in realtà una specie di paradiso rispetto ad un mondo esterno, dove esistono povertà, guerre, malattie e fame, assenti invece nel asettico e controllato spazio della Discovery.
All'interno della nave nasce addirittura una specie di religione, la Beatitudine, che sostiene che il vero obiettivo non sia il pianeta da raggiungere, ma il viaggio stesso, quella vita così perfetta da essere libera dalle afflizioni di una vita esterna, nate evidentemente da una specie di peccato.
Quando però il viaggio della Discovery sembra dover finire prima del tempo, le varie fazioni all'interno della nave dovranno giungere ad una mediazione e scegliere se proseguire sulla via del paradiso artificiale della nave o scegliere la lotta con la natura,
In “Paradisi Perduti” Ursula K. Le Guin rielabora un tema molto caro alla fantascienza tradizionale, quello del viaggio nello spazio attraverso una astronave generazionale, offrendo una interpretazione dettagliata e realistica di come diventerebbe la vita sociale e personale degli individui in un sistema in cui  è impossibile avere riservatezza e in cui decisioni come avere figli o il lavoro da svolgere si ripercuotono sulla vita di un intero gruppo.
La riflessione più interessante è sicuramente quella sulla religione della Beatitudine, oscurantista e antiscientifica, che sembra avere più di un riferimento a situazione tutt'altro che spaziali, ma anzi piuttosto terrestri.
Molto acuto anche il modo in cui Le Guin immagina che il linguaggio perda progressivamente significato per persone che non possono avere esperienza diretta delle cose che le parole descrivono: cos'è una nuvola se non l'hai mai vista? Ed un cane, non potrebbe essere qualunque essere che sembri dimostrare predilezione per l'uomo, persino un insetto?
Una umanità che non ha mai avuto sete, non ha mai provato la fame, non ha mai sentito il soffio del vento sulla pelle potrà davvero pensare che l'immenso spazio di un pianeta sia preferibile al chiuso di una astronave? Non proverà forse vertigine e smarrimento a contemplare uno spazio che prosegue fino all'orizzonte?
Sono tutti temi molto interessanti e ottimamente svolti in “Paradisi perduti”, un romanzo breve, o un racconto lungo, dipende da come lo si vuol considerare, apparso per la prima volta sull'antologia “The Birthday of the World” nel 2002.
Ursula K. Le Guin è nota soprattutto per la sua saga fantasy più famosa “I racconti di Terramare”, conosciuta anche come saga di Earthsea, da cui  Goro Miyazaki ha ricavato un bellissimo anime, ma in realtà Le Guin è da sempre anche una prolifica e importante scrittrice di fantascienza.
“Paradisi perduti” è forse solo troppo breve, probabilmente ridotto per entrare nello spazio di una antologia, infatti alcuni passaggi verso la fine del volume sembrano in parte compressi e avrebbero forse richiesto uno svolgimento più ampio, ma nel complesso si tratta di un ottimo racconto che come la fantascienza di qualità lascia non solo con la sensazione di aver letto una bella storia, ma con tante interessanti questioni su cui riflettere anche dopo che la lettura è terminata.
Da Paradises Lost, il titolo originale di Paradisi Perduti, è stato tratto anche un musical con le musice di Stephen Andrew Taylor, ne potete vedere un assaggio qui:

 



Qui un'altra interessante recensione a Paradisi Perduti su "Il sogno del drago"

 

 

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