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"PIU' DEL CLAMORE DEGLI INGIUSTI TEMO IL SILENZIO DEGLI ONESTI"

 

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EPIGRAFE TOMBALE DI UN CAPUT PENIS

Post n°634 pubblicato il 17 Aprile 2011 da bargalla

 


Marito infedele, padre spergiuro e presidente puttaniere, sedicente statista d’infima tacca, affarista spregiudicato, impunito imputato, miserabile patentato involgarito da una ricchezza ostentata con spudorata arroganza, scese in campo per cancellare l’Uguaglianza e finì per trasformare un’aula sordida e grigia in un miserevole bivacco per i suoi manipoli.

Politico degenere, cambiò al banco dei pegni dei diritti negati la res publica in res privata e sulla piazza dei loschi affari  incassò conflittuali interessi da usuraio senza che alcuno gli chiedesse il redde rationem.
Satrapo affetto da satiriasi senile, s’infognò nel suo delirio di onnipotenza, commissionò pluriamae leges ad personam et pro domo sua ad una torma di squallidi e zelanti manutengoli che ebbero perfino l’ardire di accreditare la menzogna sol perché così volle il loro signore e padrone il quale non a caso amava circondarsi di servi, mezzani, cortigiane e puttane.

Gretto riformista, ipocrita ed egoista, prevaricò il Bene Pubblico, distrusse lo Stato di Diritto e la Pubblica Istruzione, da saccente analfabeta promosse la privata ignoranza e dall’alto della sua inindagabile ricchezza fece del meretricio la sua ragion d’essere dando a tutto e a tutti il prezzo della corruzione.

Novello eversore, infettò i gangli vitali dello Stato intaccando il sistema costituzionale, instaurò la dittatura della maggioranza abusando di un potere usurpato in forza di un porcellum che lo rese ancora più porco di tutti in quella fattoria degli animali dove il regime mediatico esalò i suoi mefitici afrori con estremo sollazzo di certe vacche che affollarono notissimi lupanari dove gli allupati castroni, forse presaghi dell’imminente sciagura, si unirono al coro funesto delle prefiche troie intonando quell’inno scolpito sul marmo dell’umana insipienza il cui suono ancora riecheggia sull’erettile cippo tombale che fu:
Eri glande, glande, glande; come te eri glande solamente tu!”      


 

 
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IN FORMA DI LETTERA APERTA

Post n°632 pubblicato il 01 Marzo 2011 da bargalla

     


Mi chiedo cos'altro deve ancora succedere prima che certi eminenti burattinai recidano i fili che li legano ai loro onorevoli burattini concedendo a molti di loro perfino il beneficio di strappare il copione concordato e di recitare ad libitum non prima di aver indossato quella maschera che si chiana ipocrisia il cui etimo ben evidenzia un interesse di facciata che rende tutti loro così simili ai sepolcri imbiancati di evangelica memoria.
Conosco molto bene il modus operandi del clericalume imperante e so quanta e quale influenza eserciti sul fariseume trionfante, non dovrei stupirmi più di tanto per tale nefasto ascendente, eppure fatico a rassegnarmi all'idea di una chiesa non più ecclesia, ma cupola, camarilla, centro di potere e comitato d'affari. Quel che di marcio accade, avviene col beneplacito dei pupari in...tonacati, falsi e corrotti tanto quanto certi pupi che, partiti per la tangente, vanno ora per la maggiore o forse si illudono che così sia, si peritano perciò di essere bigotti e accondiscendenti fino alla sciocca piaggeria proprio perché sanno che un provvidenziale colpo di forbici può sempre tagliare quel filo doppio che lega gli uni agli altri in un perverso disegno che la Storia ogni tanto intesse intorno a papi che pensano di essere anche ostetrici e ginecologi (l'aborto terapeutico non esiste, ipse dixit herr ratzinger) e a sedicenti statisti d'infima tacca i quali più che promuovere il Bene Comune e inculcare il senso civico a cittadini ridotti a sudditi, passano il loro tempo a inculare, pardon, a infinocchiare un popolo bue e credulone, a servirsi dello Stato per distruggere la Res Publica, a coltivare i propri sporchi interessi e promuovere quella beata ignoranza grazie alla quale c'è sempre qualcuno che si arroga il diritto di pensare per conto terzi.  

L'attualità italica da qualche tempo è sempre incinta, come la proverbiale mamma dei cretini che invece di abortire eliminando certe notissime tare genetiche connaturate al suo essere un ibrido teocratico coltivato in vitro dall'eversore di turno, partorisce una politica mostruosa ed eversiva certo degna dei vizzi lombi di cotanti padri e delle conseguenti torme di
minus habentes incapaci di discernere il grano dal loglio.  
L'aberrante frutto di una copula contro natura, direbbe il mio vecchio Prof di filosofia pensando al rapporto che in Italia lega indissolubilmente il trono e l'altare, una perversione nata nel momento in cui i preti hanno rubato a Dio quel che era di Dio sottraendo a Cesare perfino il diritto di esercitare il potere temporale senza avere sul collo il fiato mefitico di una gerarchia ecclesiastica deviata che ogni giorno di più si dimostra lontana dall'ideale evangelico e diabolicamente collusa con quanto di peggio possa esprimere una società preda dei peggiori istinti in cui a prevalere sono il falso perbenismo e gli interessi di parte, diventando essa stessa fautrice di una mutazione antropologica e culturale, oltre che religiosa, i cui deleteri effetti sono sotto gli occhi di tutti. 

Mi domando l'origine di tale indulgente complicità e, pur conoscendone la risposta, rifiuto di rispondere quasi che la verità potesse rendermi veramente libero e non più prigioniero di una morale dogmatica che
relega e rimanda nell'escatologia degli ideali traditi, salvo giustificare l'indifendibile comportamento del potente di turno verso il quale hic et nunc si mostra acquiescente e contestualizza la sua immoralità pregustandone il tornaconto ed evitando soprattutto di rivolgersi al novello tetrarca esclamando "Non ti è lecito!"
Era da tanto che volevo scrivervi, reverendi padri delle mie rotanti sfere, e ho evitato finora di farlo nella vana speranza di poter esser ancora fiero di professarmi "cattolico, apostolico e romano".
Ma non sono più niente di tutto questo! Forse è un bene, tuttavia per colpa vostra non vado più in chiesa, per colpa vostra sono diventato figlio della miscredenza e del dubbio, per colpa vostra non mi accosto più ai sacramenti e dubito che potrò farlo ancora, specie al pensiero di essere diventato anche anticlericale; ma non certo ateo, avendo dalla mia un intimo bisogno di Dio che mi porta, come il Poeta, ad affermare: "Ovunque il guardo giro, Immenso Dio ti vedo"! Faccio mio il tormento di Dostoevskji: "Quali terribili sofferenze mi é costata, e mi costa tuttora, questa sete di credere, che tanto più fortemente si fa sentire nella mia anima quanto più forti mi appaiono gli argomenti contrari."

Dovreste solo tremare all'idea che voi, reverendi padri, per quelli come me ormai fate parte, purtroppo a pieno titolo, degli
argomenti contrari. Sputate sentenze, vi rotolate come porci nello sterco del diavolo, volete avere il monopolio sullo spaccio dei valori non negoziabili e intanto lucrate sia sulla nascita che sulla fine della vita dei vostri adepti. Perché è di questo che si tratta: lucro, nient'altro che vile pecunia!
Forse bisognerebbe mettere insieme gli scritti di Guglielmo da Ockham, Caterina da Siena e Martin Lutero per cercare di dar voce ad un disagio interiore, da sempre talmente comune ed evidente nella comunità ecclesiale, mai così lontana dalla gerarchia clericale, dinanzi al quale disagio perfino il cammello di evangelica memoria s'imbizzarrisce rifiutando di attraversare la cruna di un ago che la vostra incoerenza ha allargato a dismisura facendovi ipocriti servi di due padroni.
Mi domando se Dio e mammona possano convivere nei cosiddetti sacri palazzi apostoli, mi chiedo se il giovane ricco possa ancora abbracciare la sua croce e servire quel Prossimo dal quale ogni giorno vi allontana un modus vivendi da sfacciati e ricchi epuloni, in stridente contrasto col dettato evangelico e così complici di un potere temporale da Cristo stesso avversato, fino a indurvi ogni giorno a confondere Dio e Cesare, facendoli vostri sgabelli per usurpare il trono e l'altare, a tradire soprattutto la Buona Novella e a crocifiggere il Lazzaro di sempre raccontandogli la storiella di un Regno dei Cieli ad uso e consumo di un potere falsamente spirituale esercitato raschiando il barile di un depositum fidei del quale i più lungimiranti fra voi iniziano a vedere il fondo.

Forse è bene che tutto questo accada, d'altronde voi siete la più evidente manifestazione di quel
Mysterium iniquitatis di cui Paolo ha scritto (2 Ts 2,7) e sul quale la chiesa col suo insegnamento "dottrinario" (oserei dire) ha sempre taciuto. Proprio perché è nella chiesa che il male s'annida, riconoscerlo sarebbe come schiudere le uova di un serpente covate nel luogo dei falsi trionfi dal "dogma del fallimento del cristianesimo nella storia del mondo" come ebbe a scrivere il compianto Sergio Quinzio.
Dovreste andare a Canossa e, invertendo i ruoli, fare il percorso inverso che ogni giorno vi porta a bussare a denari, reclamando prebende e privilegi, a scendere a compromessi tradendo quel Cristo di cui è impossibile che voi possiate essere degli "alter" essendo voi intimamente tutt'altro e lontanissimi dal Gesù di Nazareth.
Mi chiedo se fra un impegno politico e l'altro, trovate ancora il tempo di recitare il Breviario o il Santo Rosario o, magari di celebrare Messa pensando che in fondo, come scrive Nietzsche, è esistito un solo Cristiano ed è morto sulla Croce. Come potere pensare di essere credibili se i primi ad essere in debito con quel che predicate siete proprio voi che razzolate male? Dovreste riscoprire le origini e la bellezza di un messaggio che la vostra incoerenza ha snaturato fino a renderlo palesemente falso, è la vostra stessa condotta di vita a dimostrarlo poiché "è dal frutto che riconoscerete l'albero".  

Che Dio abbia pietà di voi, che quel Cristo di cui abusate fino a servirvene quasi fosse un'ideologia politica e un prodotto commerciale, possa un giorno chiedervi il redde rationem senza "contestualizzare" il mercimonio che del Suo Nome fate con il ricco epulone di sempre, l'attuale si chiama forse silvio?
Per parte mia non posso che parlar chiaro (vi dice niente la parresia?) e biasimarvi fino al punto da scrivere un post in forma di lettera aperta che forse non leggerete mai. 

 

 
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E VOI PERCHE' GLI AVETE CREDUTO?

Post n°631 pubblicato il 11 Febbraio 2011 da bargalla

                          


Non c'è limite al peggio, verrebbe da dire, eppure c'è chi palesa con penosa soddisfazione una patologica assuefazione all'attuale regressione comportamentale manifestando una sguaiata insofferenza verso ogni tentativo di arrestare una mutazione antropologica e culturale ormai irreversibile.
D'altronde non ci si può attendere altro da una torma di scherani e pennivendoli in servizio permanente effettivo, invasati fino al punto da negare l'evidenza e incapaci perfino di provare vergogna non già per le malefatte del loro signore e padrone, quanto per l'infimo grado raggiunto dal servilismo più spregevole, meritevole solo di essere biasimato e ricacciato nella spazzatura della Storia insieme a certi rifiuti altamente inquinanti che costituiscono un pericolo per ogni sistema democratico.  
Non è più in gioco la morale o l'etica, quanto l'ordinamento democratico e l'esistenza stessa di Principi basilari sui quali trova fondamento uno Stato che, forse proprio perché participio passato del verso essere, è stato, per l'appunto, Patria del Diritto, divenuto nel frattempo patria di un dritto che pensa di poter fare i propri porci comodi, forte di un'indagabile ricchezza, con la pavida acquiescenza di un popolo sempre più bue, incapace di alzare la testa, sempre più ammansito e obnubilato da un regime mediatico che vorrebbe apparire perfino democratico e liberale, salvo manifestare il suo vero volto dispotico allorquando la corruzione evidenzia l'avanzato stato di decomposizione di certi sepolcri imbiancati che hanno fatto dell'ipocrisia la loro ragion d'essere. Qualche anima bella trova anche il tempo di meravigliarsi per questo stato di cose, dimenticando che ciò accade proprio perché il fariseume imperante è il braccio armato del clericalume trionfante, uno sciagurato disposto che, tanto per rimestare nella melma in cui sguazzano sovrani i vari caimani, rende gli uni pedofili e gli altri puttanieri. Un'immagine tutt'altro che metaforica di una realtà che solo i furbi patentati e gli orbi prezzolati fingono di non vedere.

E questi trovano anche il tempo di sputare sentenze, di giustificare o di coprire col silenzio complicità e responsabilità che li accomunano, stretti da un
pactum sceleris degno più di un'associazione a delinquere che di una società di uomini liberi e forti che dovrebbe avere ben altre regole di civile convivenza. Non è più tempo di indignarsi restandosene al chiuso delle proprie torri eburnee, bisogna reagire manifestando il proprio dissenso, riempiendo democraticamente le piazze, così come ci stanno insegnando i Popoli di un Mediterraneo in fiamme, stanchi di assistere impotenti al perpetuarsi del malaffare codificato ad uso e consumo di oligarchie, di cricche e potentati, così come peraltro accade in Italia dove la disonestà intellettuale e fattuale issata sul pennone più alto garrisce giuliva e impunita al vento del potere più arrogante e fescennino.
Non è più questione di pruderie o di boudoir, di violazione della privacy o dell'infatuazione di moralisti da strapazzo folgorati sulla via del falso perbenismo nel bordello-italia, quanto della consumazione di reati che, seppure "contestualizzati" dalla solita morale bacchettona clerico-fascista, e ridotti al rango di peccati, sono pur sempre il segno più evidente di un degrado della società che straripa col suo paludato putridume come certe fogne ingorgate dall'immondizia istituzionale sfociando nel mare magnum del conformismo dei bigotti dalla doppia morale.

Il vero scandalo non è dato da un satrapo che si circonda di odalische, prosseneti, ninfe e paraninfe, il vero problema è che gli Italiani (o sarebbe meglio dire gli italioti? Mai crasi sarebbe più indicata, giacché bisognerebbe essere degli idioti per dar credito ad un ciarlatano) trovano le vicende private di un sedicente statista più interessanti delle tremende accuse che lo riguardano: falso in bilancio, evasione fiscale, corruzione, concussione, per tacere di altre ben più gravi e seppure tutte da provare.
Un riccastro sfondato, statista per caso, nonno di cinque nipoti, che va dietro alle ragazzine, costituisce di per sé un pericolo pubblico, anche per l'immagine che suscita e per l'insegnamento (sic) che, forse  inconsapevolmente, offre vellicando gli istinti più bassi e pecorecci della società più maschilista e misogina.
Ma è ancora più pericoloso e deleterio un presidente puttaniere che si considera al di sopra della Legge reclamando un'impunità che suona già di condanna giacché se fosse innocente accetterebbe come tutti i comuni mortali di finire sul banco degli imputati e poi, come di certo a quelli come lui accadrebbe, di finire nelle patrie galere invece che nei palazzi del potere cercando ignobilmente il modo di sottrarsi alla Legge commissionando à la carte quel mostruoso corpus giuridico costituito dalle leges ad personam.    

Non c'è più spazio per la pavida rassegnazione, bisogna reagire ponendo fine ad una commedia divenuta farsa proprio perché è necessario evitare che diventi tragedia così come vorrebbe un sedicente statista che ha legato il suo miserrimo destino a quello, nobilissimo, di una Nazione intera che non merita di essere rappresentata da siffatta teppaglia. A meno che non si voglia ancora dar credito ad un imbonitore che per salvare se stesso, calpesta ogni Principio e uccide l'Uguaglianza confidando nella corriva benevolenza della sua corte di miracolati, pervicacemente stretti intorno a lui nella salvaguardia di inconfessabili interessi per difendere i quali si cancella la divisione dei Poteri, si abusa dell'esecutivo per piegare il legislativo e rendere inoffensivo il giudiziario. Fa una certa pena vedere "ordinari" professori universitari e legulei cavillosi piegati al rango di servi che hanno dimenticato Platone, Giustiniano e Montesquieu; eppure tutto questo accade in Italia, paese-bue per antonomasia e antica convenzione geografica, dove sembra ancora echeggiare l'interrogativo di sempre: "
E voi perché mi avete creduto?"

Mi è capitata fra le mani una pagina del diario di Benedetto Croce, datata 2 dicembre 1943, la riporto con qualche piccola variazione proprio perché a distanza di anni ripropone un antico dilemma: il pagar dazio ad un fascismo perenne che periodicamente riemerge dal passato proprio quando la deriva autoritaria di certi mandriani è tale da ammansire fino all'impotenza la sovranità bovina di un popolo credulone, incapace di affrancarsi dal giogo di un regime mediatico per spegnere il quale è forse illusorio pensare che basta prendere in mano il telecomando (forse l'unico strumento democratico rimasto) per rompere gli stazzi e cambiare canale senza avere poi la forza d'animo di rispondere a quell'interrogativo:
"E voi perché mi avete creduto?"   

"
Anche a me sovente sale dal petto un impeto contro di lui al pensiero della rovina a cui ha portato l'Italia e della corruttela profonda che lascia nella vita pubblica (...) Ma pure talvolta rifletto che ben potrà darsi il caso che gli storici revisionisti un giorno forse troveranno anche il modo d'esaltarlo. Perciò mentalmente m'indirizzo a loro, colà, in quel futuro mondo che sarà il loro, per avvertirli che lascino stare, che resistano alla seduzione delle tesi paradossali e ingegnose e "brillanti", perché l'uomo, nella sua realtà, era di corta intelligenza, correlativa alla sua radicale deficienza di sensibilità morale, ignorante, di quell'ignoranza sostanziale, che è nel non intendere e non conoscere gli elementari rapporti della vita umana e civile; incapace di autocritica al pari che di scrupoli di coscienza, vanitosissimo, privo di ogni gusto in ogni sua parola o gesto, sempre tra il pacchiano e l'arrogante. Chiamato a rispondere del danno e dell'onta in cui ha gettato l'Italia, con le sue parole e la sua azione e con tutte le sue arti di sopraffazione e di corruzione, potrebbe rispondere agli italiani come quello sciagurato capopopolo di Firenze, di cui ci parla Giovanni Villani, il quale così rispose ai suoi compagni di esilio che gli rinfacciavano di averli condotti al disastro di Montaperti: "E voi perché mi avete creduto?".  

 
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QUO USQUE TANDEM ABUTERE PATIENTIA NOSTRA?

Post n°630 pubblicato il 16 Gennaio 2011 da bargalla




Fino a quando, Catilina, intendi dunque abusare della nostra pazienza?
Per quanto tempo ancora dovremo sopportare la tua invereconda richiesta d'impunità?
Fino a che punto si spingerà la tua irrefrenabile sfrontatezza?
Non ti turbano il presidio notturno del Palatino, la sete di Giustizia e di Legalità, l'angoscia del popolo, le proteste di tutti i cittadini onesti, e neppure la somma funzione di questo consesso, da te sovente vilipeso, né ti inquieta il degrado del Senato mutato in foro boario dalla tua sordida ambizione, né ti angoscia l'adirata espressione degli ultimi boni viri rimasti che, noncuranti dei malvezzi tuoi, incarnano imperterriti lo spirito immortale dei Padri Costituenti?
E come potresti ravvederti? Insofferente come sei al rispetto della Legge, ti manca perfino il senso dello Stato, di quello Stato di cui pure ti servi per darti una parvenza d'improbabile dignità.
Non ti accorgi che le tue malefatte sono ormai di pubblico dominio?
Non ti rendi conto che il tuo complotto è ostacolato dal fatto che tutti qui ormai ne sono a conoscenza?
Credi forse che qualcuno di noi ignori che cosa hai fatto la notte scorsa e quella precedente, in quale bordello sei stato, quali congiurati hai convocato, quali leggi ad personam hai commissionato e preteso e quali sciagurate decisioni hai preso?
O tempora! O mores! Il Senato è al corrente delle tue trame e delle tue corruttele, il Supremo Magistrato conosce le tue macchinazioni: eppure lui continua a vivere. A vivere?
Non solo, ma addirittura viene in Senato, finge un interesse di facciata palesando un'ignavia corriva e mortale per le sorti del Bene Comune.
Quanto a noi, uomini di grande coraggio, siamo convinti di fare abbastanza per lo Stato, svelando i furiosi tentativi eversivi di costui, tesi a infrangere la Legge e a sovvertire, pro domo sua, le regole dell'ordinamento democratico.

Avresti meritato d'esser già messo in condizione di non nuocere a nessuno, Catilina, men che meno allo Stato; su di te avrebbe dovuto riversarsi quella sventura che da lungo tempo incombe purtroppo su noi tutti.
Eppure contro di te, Catilina, un decreto del Senato severo ed energico lo possediamo: lo Stato non è privo della saggezza e della capacità di decisione del collegio senatorio; siamo noi consoli e rappresentanti del popolo, lo riconosco davanti a tutti, siamo noi a esser venuti meno al nostro dovere.
Infatti, abbiamo a disposizione un senatus consultum de re publica defendenda la cui efficacia  è ben nota a tutti, eppure non vi ricorriamo, lo lasciamo inapplicato e ben chiuso nella pavida coscienza, come una spada nel fodero.
In base a tale determinazione, Catilina, avresti dovuto ricevere senza indugio l'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Invece ti comporti e detti legge non per moderare la tua arroganza, ma per rafforzarla. Ma, quando ormai non si troverà più nessun uomo, tanto ingiusto, tanto corrotto, tanto simile a te, sarai allora chiamato a rispondere dei tuoi crimini. Finché ci sarà un solo servo che oserà difenderti, vivrai, ma vivrai come stai vivendo ora, assediato dalla tua scorta (e dalle tue escort - n.d.t) in modo che tu non possa ordire più oscure trame contro lo Stato.
Molti occhi e molte orecchie ti osserveranno e ti ascolteranno, senza che tu te ne accorga, come hanno fanno finora, così da costituire inoppugnabili fonti di prova allorquando sarai condotto con l'ignominia che meriti sul banco degli imputati.

O dei immortali! Che gente siamo? In quale nazione abitiamo, che governo abbiamo mai?
Qui, proprio qui in mezzo a noi, o senatori, in quest'assemblea, la più sacra e la più autorevole della terra, sono seduti quelli che tramano la fine della Res Publica, la distruzione di ogni principio di Libertà, Uguaglianza e Giustizia, perfino la morte stessa della Democrazia.
Che cosa c'è, Catilina, che ti possa trattenere ancora in questa nazione, nella quale non vi è nessuno, tranne la cricca dei tuoi scellerati complici, che non ti tema, che non ti abbia da sempre in odio?
Quale marchio di immoralità non bolla la tua vita privata?
Quale abuso di potere non rivela l'illegalità del tuo pubblico agire?
Quali azioni disonorevoli non macchiano la tua fama? Da quale dissolutezza rifuggirono mai i tuoi occhi, da quale delitto le tue mani, da quale esecrando scandalo la tua persona?
Quale pessimo ottimato, quale adolescente e meretrice, dopo averle irretite con gli allettamenti della tua corruzione, non hai spronato al delitto, al tradimento o alla passione più sfrenata? Che dire di più?
Quando, poco tempo fa, con la separazione della tua seconda moglie hai trasformato il talamo nuziale in alcova, non hai forse sommato alla protervia del libertino vanesio l'insolenza del satiro impenitente?
Fingo d'ignorare l'origine delle tue inindagabili ricchezze: ti accorgerai alle prossime Idi di marzo della minaccia che incombe sul tuo impero; ma è meglio non soffermarsi più di tanto sull'obbrobrio della tua vita privata, pur se quella ogni giorno intacca il Bene dello Stato e aggredisce la vita e la salvezza di tutti noi. Ma dimmi che vita è ora la tua? Ormai io ti rivolgo la parola non mosso dall'odio, come dovrei, ma dalla misericordia che tu peraltro non meriti.
Tu, nonostante riconosca, per la conoscenza che hai dei tuoi crimini, che perfino l'odio è giustificato e dovuto a te da tempo, esiti tuttavia ad allontanarti dagli occhi e dalla presenza di quelli cui ferisci la mente e l'anima.

Ora a odiarti e temerti è la Patria intera, madre comune di tutti noi, convinta che tu non accarezzi altro progetto che non sia la tua salvezza e la sua distruzione, poiché non rispetti l'autorità, denigri le Istituzioni, non accetti le sentenze; ma, forse, più di tutto dovrai finalmente iniziare a temere la forza vindice e pertinace del suo Popolo che come brace arde sotto la cenere del malcontento, pronta a divampare veemente al primo alito di vento.
Vista la situazione, Catilina, poiché non sei in grado di comportarti con decoro e dignità, perché non vai in esilio e affidi la tua vita, benché meritevole di soggiornare nelle patrie galere, a quella forma di fuga che è la dorata solitudine in qualche paradiso fiscale sparso nel tuo parco mondo?
Ma perché sprecare ancora fiato? Con la speranza forse che qualcosa ti pieghi, che prima o poi tu ti corregga e faccia ammenda delle tue scelleratezze, che tu giunga finalmente alla decisione di abbandonare il suolo patrio?
Ma non si deve pretendere che tu sia spinto dai tuoi vizi a temere le pene sancite dalla Legge, che ti sacrifichi per la difficile situazione in cui versa a cagion tua lo Stato intero. Infatti, Catilina, non sei certo il tipo che la vergogna trattiene dal compiere un'azione infamante o la paura dall'affrontare una contesa o la ragione dal commettere una follia.
Vattene insieme alla schiera impudente dei tuoi fidi scherani, raccogli i tuoi servi e le tue puttane, raccatta i cittadini peggiori e allontanati per favore dai migliori!
Vattene insomma una buona volta per tutte, là dove già in precedenza ti trascinava la tua sfrenata e insana mania, poiché ciò non ti provoca rimorso alcuno, ma una sorta di sconvolgente voluttà: per tale follia ti ha generato la natura, ti ha allenato la volontà, ti ha protetto il destino.

Hai scelto di dividere la tua sorte con quella di una masnada di mascalzoni, un'accozzaglia di uomini inetti e perduti, dediti come te al meretricio, non solo traditi dal Fato, ma anche privi di qualsivoglia aspirazione non segnata dall'olezzante afrore della pecunia.
Con loro chissà che felicità potrai sperimentare, quali gioie ti faranno esultare, quale immenso diletto ti inonderà quando ti accorgerai che in un così numeroso gruppo di manutengoli e leccaculo non ne ascolterai uno e non ne potrai vedere un altro che sia perbene.
A questo genere di vita erano indirizzate le tue fatiche, di cui si favoleggia: dormivi fuori dal tuo letto non solo per progettare un adulterio ma anche per commettere un delitto, vegliavi non solo per insidiare il sonno dei mariti ma anche i beni di cittadini onesti.
Mai in questa Nazione chi si è messo contro lo Stato ha potuto conservare i diritti civili.
Tuttavia, se pure non può mancare il timore di incorrere nel biasimo dei benpensanti, si può forse temere di più quello proveniente dall'aver operato con severo vigore oppure quello attirato da una malvagia indolenza? Quando l'Italia sarà sconvolta dalla ribellione, le città devastate, gli edifici dati alle fiamme, forse solo allora tutti verranno travolti dall'incendio del biasimo e si riavranno dal loro torpore.

Già da parecchio tempo, o senatori, ci troviamo in questo insidioso pericolo della congiura di Stato ordita dai suoi maggiorenti e giova a ben poco rammentare che il culmine di tutti i delitti, del furore antico e del dispotismo recente è stato raggiunto proprio nel corso degli ultimi tre lustri a causa di chi ha frodato il popolo di Roma e la gens italica abusando oltremodo del potere usurpato con l'inganno.
Se dunque di tutta questa banda di masnadieri viene eliminato soltanto il capo, forse ci illuderemo di esserci liberati dalla preoccupazione e dal terrore, ma per brevissimo tempo, giacché il pericolo perdurerà rimanendo chiuso nel profondo, nelle vene, nei gangli vitali e nelle viscere dello Stato.
Come spesso accade a chi è gravemente ammalato e, in preda all'arsura della febbre, beve dell'acqua fredda provando momentaneo sollievo e non comprende che in seguito le sue condizioni peggioreranno, così questo morbo che ora affligge la Repubblica, seppure alleviato dalla subitanea condanna di costui, si aggraverà se rimarranno impuniti i suoi complici, quelli che tuttora ne celebrano i fasti e le gesta.

Con la somma salvezza dello Stato, o Catilina, con la rovinosa distruzione tua e di quelli che si sono uniti a te in ogni delitto e nefandezza, piega il capo e il ginocchio al volere della Giustizia.

Tu, Giove, il cui culto è stato stabilito in questo luogo da Romolo con gli stessi auspici con cui è stata fondata Roma, tieni lontano costui e i suoi sodali dai tuoi templi e dalle Istituzioni, dalle case e dalle mura delle città italiche, dalla vita e dai beni di tutti i cittadini; e questi uomini, avversi ai buoni, nemici della Patria, predatori dell'Italia, uniti da un patto delittuoso e da una nefasta amicizia, puniscili vivi e morti con eterni supplizi.   


Passi scelti (liberamente tradotti e interpretati) tratti dalla Prima Orazione contro  Catilina, pronunciata in Senato da Marco Tullio Cicerone l'8 novembre 63 a. C.   

 
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ANCHE NOI CREDEVAMO

Post n°629 pubblicato il 02 Gennaio 2011 da bargalla

 

                            


Per un po' di tempo ho scelto di estraniarmi da tutto e da tutti e di fare del disinteresse un comodo alibi per rifiutare una realtà che non riesco a modificare, mi dibatto fra determinismo e casualità cercando una risposta che giustifichi perfino la mia ritrosia ad accettare l'ineluttabile sia pure suffragato da un Destino che, anche nei rapporti umani, mi ha lasciato in balia dei miei fantasmi. Ho preferito volgere lo sguardo altrove sperando di riuscire ad abituarmi al peggio, mi son rifugiato fra le pagine dei miei cari classici seguendo le rotte dell'Anonimo del Sublime, una sorta di esercizi di stile che periodicamente mi portano a solcare le onde di un impegno culturale mai del tutto soddisfatto e rimasto, ahimè, fra le secche di un passato in cui volentieri i miei pensieri s'incagliano e indugiano cercando nelle affioranti emozioni un motivo in più per continuare a navigare. La seducente memoria di noi mi indurrebbe a parlare di te, ma non temere, non lo farò, anche se i lontani bagliori di un faro mi portano ugualmente a ricordare l'alba di un nuovo anno, di là da venire, atteso ai piedi di quel faro e i chicchi di un melograno rimasti come rubini ad arrossare un tramonto pennellato a tinte fosche su giorni sempre uguali. Tu sai quanto appagante sia per me la memoria, così come per te l'oblio, perciò piuttosto che spargere sale su ferite ancora sanguinanti evito di gettare l'ancora fra le pieghe della mente e riprendo a scrivere di tutto e di niente su questo blog, forse perché sollecitato da un'attualità, peraltro scientemente rifiutata, che per certi versi imporrebbe ben più di un'arida riflessione, ben più di un vano parlarsi addosso, tuttavia sono qui a scrivere ancora una volta sull'acqua stagnante delle illusioni perdute e degli ideali accesi dai giovanili ardori rimasti sotto la cenere del disincanto.

Lo faccio quasi per tacitare una coscienza stanca di illanguidirsi nell'ignavia dell'accomodante conformismo alimentato dall'egotismo più selvaggio che annulla e appiattisce ogni desiderio rendendo vano perfino il sogno di un'utopia giacché se alla parola non segue l'azione ogni buona intenzione è destinata a insterilirsi generando rassegnazione e, peggio, servilismo.

E' inutile elencare tutto ciò che non va, basta guardare con occhi distratti una realtà resa viepiù falsa e virtuale da chi ha tutto l'interesse a esiliare il libero pensiero confinandolo negli steccati del falso perbenismo, per rendersi conto che la conseguente somma algebrica delle aspettative legate al Bene Comune è fortemente negativa laddove questa deve fare i conti con gli interessi di una sparuta minoranza che usa e abusa del potere usurpato con l'inganno per consolidare una rendita di posizione da cui dettar legge con la protervia di chi ha fondato sull'arroganza del capitale la sua ragion d'essere.
Sento vaneggiare di interesse generale, ma a prevalere è sempre il particulare: l'interesse personale e privato di chi bada bene a coltivare solo il proprio orticello, fregandosene di quello altrui, rimasto incolto e infestato dalla mala pianta di una politica corrotta, autoreferenziale, lontana anni luce dalle aspettative di un popolo preso prima a pretesto e poi a calci in culo da una classe cosiddetta dirigente, inetta e spregiudicata, avvezza solo a consolidare gli interessi di bottega, di lobby, sette e camarille che, tanto per dire, cavalcano il malcontento sociale opportunamente aizzato, sfruttano i bisogni della povera gente e, magari anche Dio, per rendere ancora più bue e beota un popolo italiota mai così tosato e munto come l'attuale, incapace di redimersi motu proprio, di incazzarsi solennemente, liberandosi di sua sponte dal giogo di un'oppressione dei cuori e della mente il cui combinato disposto produce le peggiori illegalità sulle quali per carità di Patria e cristiana pietas preferisco stendere il classico velo pietoso.
Ma ciò non mi esime dal palesare lo sdegno di chi vive con profondo disagio la propria condizione di "cittadino" ridotto, suo malgrado, a "suddito" incapace di rassegnarsi a uno Stato di cose, un sultanato popolato da omuncoli, cortigiani, puttane e servi fidelizzati a questo capo-bastone o a quel leader carismatico, a questa cupola o a quella setta, a questo papa o a quel cardinale.

Mi provoca ancora un certo ribrezzo, il pensare ad aula sordida e grigia divenuta foro boario, lupanare e bivacco di manipoli, dove un titolato
cavalier servente, degno esponente di cotanta teppaglia istituzionale al termine del suo agiografico panegirico volto ad esaltare le res gestae di satrapo, se ne esce con uno svenevole slogan propagandistico ("se non ci fosse bisognerebbe inventarlo") che la dice lunga sull'infimo grado raggiunto da siffatta vile gentaglia che ardisce dettar legge confidando unicamente sull'ignoranza palesata e su quella programmata.
Si vantano di aver riformato l'università, una ciliegina sulla torta di un'istruzione non a caso privata dell'aggettivo che più la qualificava, è destinata a diventare scuola borghese, di classe e di elite.
I plebei e i servi della gleba che votano per i patrizi devono iniziare a farsene una ragione: il figlio dell'operaio non sarà mai dottore, ma soprattutto non sarà mai uguale al figlio del professionista.
Ipse dixit
berlusconi silvio la sera del 3 aprile 2006. Bisogna dargli atto: sta mantenendo le promesse!  
Alla fine di ogni anno di solito si fanno consuntivi, si stilano classifiche, si pubblicano focus e dossier, si fanno auspici per quello appena iniziato e ci si accorge ben presto che tutto resterà miseramente uguale; a meno che un moto delle coscienze non stravolga e rivoluzioni dal basso un sistema avvitato su se stesso che, tanto per restare nell'ex bel paese, giustifica le vessazioni, permette  le violenze, anche le più subdole, e perpetua le ingiustizie.

In un recente rapporto si legge che il 10% delle famiglie italiane possiede il 50% della ricchezza nazionale e già questo dato dovrebbe far riflettere quel 90% su cui grava il peso di tale disparità e più ancora dovrebbe far pensare il dato secondo cui il 50% delle famiglie italiane possiede (si fa per dire) il 10% della ricchezza nazionale. Non si tratta di essere comunisti fino al punto di pensare (sbagliando) che la proprietà sia un furto; bisognerebbe però chiedersi l'origine di certe
inindagabili ricchezze e di come si è giunti a privare gli altri del modo di stare tutti meglio. Serve a ben poco riportare questi dati se poi non si fa nulla per ridistribuire il reddito, magari con le tasse, o per rimuovere quegli ostacoli che, di fatto, bloccano la mobilità sociale in un Paese mal governato da una cricca di sporchi oligarchi autocratici, in cui i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Un Paese dove si tagliano i servizi pubblici, la sanità, l'istruzione e la ricerca e si spendono 15 miliardi di euro per acquistare 131 cacciabombardieri progettati per imbarcare anche testate nucleari. Magari torneranno utili per la prossima guerra, magari "santa" dichiarata tale dopo l'invito rivolto da herr ratzinger ai governanti baciapile per difendere i cristiani dalle persecuzioni.
A questo punto altre gerarchie di altre religioni potrebbero fare lo stesso e scatenare l'Armageddon finale!
Il fondamentalismo di ogni credo è da condannare a priori, ognuno dovrebbe esser libero di credere nel proprio Dio senza esser costretto a farlo dai laccioli di religioni fondate da uomini per la maggior gloria di altri uomini. Dio non c'entra niente con la chiesa dei papi, così come Egli si guarda bene dal frequentare qualsivoglia altra religione o tempio di culto in cui si celebra unicamente l'ipocrisia clericale.  
E così in una spirale di violenza senza fine anche le religioni si confermano strumenti di potere e di terrore, il fanatismo di chi proclama il proprio dio migliore di altri aspetta solo momenti come questi per ripetere, ad esempio, quanto già fecero i cristiani dei vescovi Cirillo e Teofilo in quella stessa Alessandria d'Egitto dove non solo bruciarono i templi e la biblioteca più grande del mondo antico ma uccisero e smembrarono  Ipazia ("astro incontaminato della sapiente cultura") la prima martire offerta alla Scienza e al Libero Pensiero dall'oscurantista chiesa dei papi.
Forse ci vorrebbero un nuovo Umanesimo e un altro Risorgimento! 


 
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