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"PIU' DEL CLAMORE DEGLI INGIUSTI TEMO IL SILENZIO DEGLI ONESTI"

 

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LA COERENZA NON ABITA IN VATICANO

Post n°608 pubblicato il 13 Marzo 2010 da bargalla

 


La più turpe delle nefandezze, il crimine più odioso: la si definisca come si vuole, ma non si troverà nessun aggettivo che, per quanto appropriato, possa qualificare la pedofilia; a maggior ragione se a macchiarsi di un simile misfatto è l’orrenda pretaglia, un branco di lupi travestiti da agnelli, i quali con l’ipocrisia propria del clericalume imperante violano il sinite parvulos ad me venire, violentano con l’inganno l’innocenza in ogni tempo e luogo essendo loro l’esempio vivente più aberrante di una perversione che concupisce e uccide l’anima.
Ho letto le farneticanti affermazioni di tale lombardi, megafono papale, secondo cui la pedofilia non è solo di pertinenza pretesca come se il mal comune mezzo gaudio attutisse la portata delle loro specifiche responsabilità aggravate dal ruolo educativo che indegnamente svolgono in seno alla società.

Un misto di rabbia e di soddisfazione mi pervade, le “rivelazioni” di questi giorni non mi stupiscono più di tanto, anche perché conosco perfettamente l’ambiente in cui si consumano tali reati, definiti peccati mortali contro la morale, quasi a rendere meno grave la portata di un crimine verso il quale, invece dell’assoluzione dopo il rito ritrito della confessione, bisognerebbe infliggere sine glossa quanto prevede il Vangelo (si legga Matteo 18,6). Altro che perdonismo! Né mi sorprende l’inflessibilità (falsa) di una gerarchia che, sfiorata dal sospetto e intaccata in quel che ha di più caro, il patrimonio, finge di correre ai ripari giacché in altri tempi si è resa complice dei carnefici avallando col silenzio certificato da documenti “curiali” il compiersi di tali abusi che gridano vendetta agli occhi di un Dio forse mai così felice come nel momento attuale in cui l’ennesima religione fatta da uomini per la vanagloria di altri uomini, si manifesta in tutta la sua intrinseca falsità.

Ritorna alla mente il rivelarsi del mysterium iniquitatis di Paolo di Tarso e la profonda riflessione che a tal proposito fece l’indimenticato Sergio Quinzio, un teologo cancellato dalla ortodossia papista.   
Non c’è solo la pedofilia della pretaglia, c’è anche il vitello d’oro della finanza catto-vaticana, con tutto quello sterco del diavolo accumulato nei forzieri dai servi di due padroni dimentichi del detto che nessuno può servirli entrambi, ammenoché non abbiano nel frattempo scelto, come sembra, di consacrarsi a quel mammona che, essendo colpito in quanto ha di più caro, si danna l’anima pur di arginare l’ondata di rivelazioni sui casi di violenza sessuale anche perché c’è sempre qualche bel milione di euro da scucire per risarcire le vittime. E non sia mai che anche nella vecchia Europa si debba assistere al mesto pellegrinaggio di prelati ed economi diocesani che portano i libri in Tribunale!

Mi consola tanto apprendere che anche fra i gerarchi catto-vaticani circola l’idea che “la chiesa cammina verso la sua fine…La massa di fedeli la sente lontana e assente dai problemi del quotidiano, preoccupata solo di proteggere il proprio potere.”
Il “non prevalebunt” per una chiesa arroccata su posizioni arcaiche ha l’effetto di una formula magica che nulla può dinanzi ad una inarrestabile scossa tellurica specie se letto alla luce delle varie crociate contro la modernità, della commistione fra religione e politica praticata dai farisei di ogni latitudine, per finire alle sanguinose guerre di potere combattute in seno ad una curia sempre più simile ad un nido di serpenti: il conseguente tsunami giudiziario provocato dagli abusi sessuali è l’ultima goccia che trabocca dal vaso erompendo dagli argini d’oltretevere e travolgendo la chiesa dei papi.       

Non passa giorno che non vengano alla luce nuovi casi di pedofilia, il buio oltre l’altare (per citare il titolo di un libro dedicato all’argomento) si squarcerà anche in Italia e forse qualcuno finalmente si chiederà se quel benedetto sedici che ora abbaia alla luna contro i preti pedofili non sia lo stesso “prefetto” poco perfetto (e coerente) dell’ex santa inquisizione che in tempi recenti scrisse un’epistola ai prelati catto-vaticani dal titolo “de delictis gravioribus” rispolverando il famigerato “crimen sollicitationis”con cui avocava al supremo tribunale ecclesiastico la trattazione di determinati delitti e imponeva il silenzio, pena la scomunica ipso facto non solo ai reverendi carnefici, ai loro complici omertosi, ma anche alle stesse vittime degli abusi sessuali dei preti pedofili. Vittime e carnefici sullo stesso piano!
Gli orchi vestiti da preti venivano trasferiti di diocesi in diocesi e, col beneplacito dei loro maggiorenti, continuavano tranquillamente a sbranare le loro inconsapevoli prede.  
Non solo, i colpevoli erano paradossalmente considerati proprio le vittime che “tentavano” i carnefici. Tipico di chi cresce e inculca a chi malauguratamente si mette nelle loro grinfie un’educazione sessuofobica e misogina.  
Fa specie leggere in calce a quel documento la firma di herr ratzinger, in arte benedetto sedici, e quella di un certo tarcisio bertone all’epoca segretario del pastore tedesco e ora plenipotenziario catto-vaticano. 

  
   

                            



 
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