Creato da Maddalena_e_oltre il 30/04/2013
C'è una forza misteriosa nelle cose esteriori [...]. Un attore, per immedesimarsi perfettamente nello spirito del personaggio da rappresentare, deve indossarne il costume.*
 

 

piogge

Post n°71 pubblicato il 19 Febbraio 2014 da Maddalena_e_oltre



Oggi vorrei il tocco delicato di gocce di pioggia estive, quelle tenui che non ci si crede, quelle che poi sbuca l'arcobaleno dietro a nuvole fuggitive. Acqua trasparente che lavi gli occhi, se non il mondo, che addolcisca la sete e bagni la terra, portando profumo di bosco nell'aria. Vorrei il verde tenero dell'erba nuova e le promesse dei primi fiori di ciliegio, persino il ronzio di insetti, operosi o noiosi, in un'atmosfera magnanima che tutto perdonerebbe. Vedrei l'umidità vagolare in vapore, alzandosi dall'asfalto su strade lunghe come desideri, su cui viaggeranno veloci sogni di mete lontane.
Oggi vorrei la pulizia e l'ordine di qualcosa che comincia, nuovo, e rassicurante, antico. Vorrei la frenesia e l'allegria del caos gioiosamente anarchico di una nascita, di una primavera che sconvolga il mondo e lo riempia di stupore.

 

 
 
 

B.

Post n°70 pubblicato il 11 Febbraio 2014 da Maddalena_e_oltre

 

Ti ho sognata piccola bimba scura. Ho sognato i tuoi occhi neri e il tuo sorriso bianco. Ti ho sognata lontana ormai. Ho sognato la tua stanchezza. Dicono che solo chi impara, sopravvive, solo chi sa difendersi.
Ti ho sognata in un limbo, sospesa sopra te stessa. Ho sognato la tua lucidità ormai inerme e muta. Ho sognato le tue dita blu abbandonate lungo il fianco.
Dicono che i viaggi inizino molto prima della partenza, ancora prima dell'intenzione o della sorpresa.
Ti ho sognata tra i fiori. Erano bianchi. Margherite non pretenziose. L'erba fluttuava come le alghe della laguna. E noi dal ponte spiavamo l'acqua scura, sfera insondabile del nostro futuro.
Ti ho sognata giovane donna scura. Viaggiavi leggera, unico bagaglio le preghiere appresso di voci indistinte. Ho sognato le tue parole, quelle di cui ridere, semplici sciocchezze preziose.

Ho sognato che in quell'altrove mi parlavi e si danzava ed erano onde e mare e sole.
Era libertà come spuma giocosa e lieve, era evasione dopo il carcere, era ribellione senza nuovo ferire. Erano capelli al vento e cestini sospesi in bilico su ruote veloci.
Siamo ancora là, sai? In quella corsa che continua in ogni istante senza mai fermarsi, perchè non ci importava la meta. E poi forse arriveremo pure, col fiato corto, e sarà bello uguale e ci potremo riposare e di nuovo parlare e danzare tra onde e mare e sole.

 

 
 
 

folaghe

Post n°69 pubblicato il 03 Febbraio 2014 da Maddalena_e_oltre


Anatre in volo. Questo è l'unico scenario possibile. L'unica letteratura in cui le parole scritte abbiano la piacevole piega di una poesia lirica. Anatre che si alzano leggiadre dalla superficie dell'acqua. Un battito d'ali narciso e il fremito passa nell'aria.
O parleremo della puttana di Kafka, che vende per cinque dollari la visione del frutto ancora rosso tra le sue gambe. Scriviamo pure di vendemmie o di letarghi o di dolci risvegli a primavera. La neve cancella ogni orma, ogni traccia e la terra brava, assorbe ogni segno sotto la coperta pudica della bianca signora.
Lasciamo pure stare la notte al sonno. Crediamo pure che vi sia spazio al sogno.
Io chiudo la mia ultima ribellione nel labirinto del fauno. Là, con la testa spaccata, avrò il mio riposo, sulla coltre molle del muschio.

Allora seguirò di nuovo il volo delle anatre. Saprò della loro migrazione e di lidi caldi e di cuccioli implumi. E sarà di nuovo poesia e sarà di nuovo sguazzare allegro nel fango. Sarà fango. Sarà argilla di nuovo plasmabile. Saranno di nuovo anatre in volo, ma forse avranno una nuova rotta.

 

 
 
 

preghiera

Post n°68 pubblicato il 29 Gennaio 2014 da Maddalena_e_oltre

 





 

Portami via ti prego da queste immagini di fili spinati e volti emaciati. Portami via da quegli sguardi vuoti di speranze e pieni di orrore. Portami via da queste infanzie torturate e assassinate. Portami via dal sangue e dal dolore. Portami via dalle parole che gridano inutili a un cielo disabitato e muto. Non so vedere oltre in questi giorni bianchi e grigi. Sono rimasta impigliata in una giostra che ha dimenticato le cose belle. Non so trovare l'uscita, non so trovare parole che abbiano senso, che abbiano leggerezza. Non so trovare altro che valga la pena di essere detto.
Portami via da qui. Fammi dimenticare, almeno per un po'.
Portami via.

 

 
 
 

ombre

Post n°67 pubblicato il 23 Gennaio 2014 da Maddalena_e_oltre



 

Lo senti lo sgocciolio quieto dell'acqua? E' la musica di fondo ai miei giochi solitari.
La vedi quell'ombra opaca sulla tappezzeria? E' la sagoma introversa dell'amico cui leggo i miei diari di viaggio.
Non sono strano come alcuni raccontano e non capisco questo continuo voler ascrivere le cose e le persone sotto un nome "preciso".
In fondo non faccio nulla di male. Eppure li vedo scambiarsi sguardi in tralice quando entrano nella mia stanza e mi sorprendono a conversare amabilmente, attendendo a labbra socchiuse domande e osservazioni acute dall'ombra opaca sulla tapezzeria.
Mia madre la chiama con un certo malcelato disprezzo il "tuo amico immaginario". Come se l'immaginare (questa è la mia scusa per difendere l'amico, relegandolo con la fantasia in un'anonima macchia opaca sulla tappezzeria) fosse un crimine contro i suoi solidi valori borghesi.
D'altronde mia madre è la persona più pratica che si possa trovare. Credo sia troppo persino per mio padre.
A volte li sento discutere sui miei "grilli", così lei li chiama. Mio padre prende, indulgente, le mie difese. Ma questo gli vale inesorabilmente una condanna di somiglianza (non posso che somigliare a lui evidentemente) di fronte alla quale lui tace inerme.

Per non dire di quella smorfiosa di mia sorella. "Fortunatamente una figlia sana" dice mia madre.
A me non sembra che vestire bambole venti volte al giorno sia segno di tanta salute. E poi i pizzicotti che rifila di nascosto alla cameriera quando per sbaglio, pettinandola, le tira i capelli?
Mio padre credo si sia arreso tanto tempo fa e anche quando accenna a difendermi lo fa con stanchezza, quasi con rassegnazione, come già sapesse quanto saranno inutili le sue parole.
Ma io non ci bado. Aspetto che le sfuriate di mia madre passino (non ci credo mica a questa cosa del collegio!) e intanto penso al mio prossimo viaggio e a come lo racconterò al mio amico.


... e intanto viene sera.

 

 
 
 

dubbi

Post n°66 pubblicato il 20 Gennaio 2014 da Maddalena_e_oltre

 

 

Oltre 50 milioni di morti. Ed è già pazzesco non avere un numero, preciso al millimetro, all'arto amputato, come se vita più, vita meno, non facesse poi una gran differenza sul totale. Quando invece ogni vita è un mondo.
Sono gli "oltre 50 milioni di morti" partoriti dalla follia di un uomo, dilagata (e contagiante) entro e fuori i confini di uno stato, di più stati.

Non credo più alla banalità del male, agli educati male, ai cannibali. Tutto è troppo al di là del concepibile. Posso arrivare a "capire" quel che nasce da stupidità e da ignoranza, ma ad altro non arrivo.
Ho guardato fisionomie da fotografie in bianco e nero, eppure non riesco a leggere nei tratti nè negli sguardi opachi, nulla della visione terribile che ha guidato gesti e decisioni. Come se ne fossero ignari, ancora e forse oltre. Enigmatici lineamenti, enigmatica fronte, labbra serrate, sguardi serrati.

E se fosse un meccanismo della Terra? Se fosse la misura colma di braccia materne che più non reggono il peso di figli troppo cresciuti?

C'è un antico poema, frammenti di una saggezza greca perduta, in cui si narra di un pietoso Zeus, che induce il mondo di allora alla guerra più lunga e spossante, quella dell'intera Attica contro la città di Troia. La pietà di Zeus non era per gli eroi che sarebbero morti, da una parte e dall'altra, incolpevoli attori su un palcoscenico ristretto. No. La sua pietà era rivolta alla madre terra, Gea:
"E Zeus vedendola ne ebbe pietà e nella mente acuta concepì di svuotare degli uomini la terra feconda, scatenando la grande contesa della guerra troiana, affinché il peso della morte la svuotasse." (Ciprie)

Ecco. Forse non ci sono uomini che hanno dimeticato di essere uomini. A volte ci sono uomini stupidi o ignoranti o avidi o disperati, ma non mostri terribili. Quelli sono solo il volto di un meccanismo di sopravvivenza del mondo.
Forse siamo sul piatto della bilancia di Gea. In un equilibrio che conta anime perdute e polvere di stelle. Misura tra sangue versato a scurire la terra e fosforo volatile all'aria, passi lievi e lacrime raccolte.

 

 
 
 

dialoghi

Post n°65 pubblicato il 18 Gennaio 2014 da Maddalena_e_oltre

 

Sono rimasta distante da quella porta così tanto tempo. Mi ci sono avvicinata migliaia di volte, in punta di piedi, tra il silenzio dei muri e il respiro veloce. Ogni volta immaginando quel che avrebbe potuto esserci dietro. Quale mondo segreto cui rivolgere desideri e richieste. Ho sempre avuto la chiave in tasca. Che stranezza!
Ne seguivo i contorni con le punte delle dita, immaginando il suo incastrarsi e ruotare nel meccanismo della serratura. Qualche volta l'ho persino appoggiata sul limitare della placca di acciaio fissata al legno. Solo l'indugiare che mi sussurrava il mio poter decidere. Solo l'istante prima di ritrarre la mano e riporla nuovamente nella tasca.

Dev'essere stato un giorno di primavera. Ho giocato scherzosamente con la maniglia. La chiave al sicuro nella mia tasca. Devo averla inconsciamente abbassata. Senza intenzione. Quasi distrattamente. La porta si è aperta. Improvvisamente. Senza rumore. Senza preavviso alla mia incredula sorpresa. (O forse già lo sapevo).

Sono entrata, cauta, attenta. Ho riaccostato delicatamente dietro di me il battente.
E sono rimasta ad occhi chiusi in ascolto. I rumori del mondo esterno giungevano attutiti, ma nitidi. Come filtrati da impurità e accidenti. Non era un rifugio dal mondo, ma un rifugio in cui fare entrare il mondo in un certo modo, più pulito. Una sorta di osservatorio in cui erano previsti una redenzione e un perdono. Una tenerezza dall'alto, depurata da quel disturbo di fondo, sporcato in mezzo alla strada. Un luogo in cui la voce di quel mondo estraneo e invadente, dialogava con quell'io nascosto e timido, segreto.
E non era più il prevaricare di monologhi sordi, ma il dialogo sinfonico di strumenti ben accordati.

Non so quanto tempo sia trascorso, scandito dalla luce fioca dell'abbaino. Sono scesa al rintocco del crepuscolo, il sole battente appena oltre l'orizzonte e le ombre allungate a confondersi con il buio.
Credo sia stato un sogno. In cui tu mi cercavi e mi spiegavi ogni voce, ogni sussurro, ogni sguardo. Ed io quieta e felice cercavo te, le tue mani e il calore semplice della tua pelle.

 

 
 
 

Crolli

Post n°64 pubblicato il 14 Gennaio 2014 da Maddalena_e_oltre

 


L'ha scritta in faccia la sua non italianità, nei pantaloni scampanati sulle gambe magre, nel cappotto fuori moda di un colore e di un'età indefinibili, nello sguardo schivo, mentre attraversa svelto le strisce pedonali davanti alla mia macchina.
Il passo veloce contrasta con i suoi occhi che sembra non abbiano meta.
Come se la sua personale sete, si rivolgesse altrove. Come se avesse rinunciato al benessere di un corpo che ritrova casa.
Mi chiedo cosa mi direbbe se gli chiedessi di narrarmi la sua storia, da dove viene, dove pensa, dove sogna di andare, dove forse è costretto a restare.
Come essenziali sono i suoi occhi neri e la sua pelle olivastra, immagino essenziale la sua terra, geroglifico di rocce e caratteri arsi, dove non c'è posto per pensieri oziosi, dove la vita è dura e ogni giorno conquista. 

Aitzaz Hasan Bangash aveva 14 anni.

http://www.repubblica.it/esteri/2014/01/09/news/pakistan
bambino_eroe_di_14_anni_muore_per_sventare_attentato
kamikaze-75519481/?ref=HREC1-36

In qualche parte del mondo ancora si impara (si deve imparare) a diventare uomini... qui si è dimenticato da molto tempo come insegnarlo. 

 

 
 
 

Immagini

Post n°63 pubblicato il 09 Gennaio 2014 da Maddalena_e_oltre


 

Immagini come bambole abbandonate, nella discarica della memoria, occhi guerci mesti al cielo e membra storpie, per nuovi giochi senza forma nè sostanza, nè ricordi. Immagini che finiscono nell'indifferenziato, senza aura, svuotate e perdute.
Se solo sapessi trovare le parole che avessero il potere di salvarle, quelle impeccabili, quelle fiabesche, quelle musicali, quelle perdonabili...

"La memoria è ricoperta da strati di frantumi d'immagini come un deposito di spazzatura, dove è sempre più difficile che una figura tra le tante riesca ad acquistare rilievo."
(I. Calvino, Lezioni americane)

 

 
 
 

attardamenti

Post n°62 pubblicato il 06 Gennaio 2014 da Maddalena_e_oltre

 

Credo ci sia uno scarto tra il saper immaginare e il dover vivere.
Ci sono persone la cui capacità immaginativa supplisce alla mancanza di realtà. Sono coloro che hanno a disposizione un bagaglio quasi illimitato di immagini fantastiche, forse innate, forse conquistate (forse entrambe le cose). Allora ogni nome sconosciuto si assocerà a qualcosa che nella mente diviene tangibile, così Istanbul dalle moschee dorate al tramonto così la pietra rosata della città santa, così le alte finestre illuminate e il profumo di baguette della Ville Lumière.
Non conoscere, permette il lusso di immaginare (Bernardo Soares spiega gran bene questo "pregio").
Poi ci sono le persone che le cose devono viverle. L'immaginare serve solo a propulsione, con annessa ansia di verifica. Non basta sentire la vita, devono sentirsi vivi e devono sentirsi vivi sempre. Come una sorta di ansia da prestazione. L'intelletto sempre stimolato, l'emozione sempre palpitante, i sensi all'erta. Come se il crogiuolo della malinconia partorisse masse informi, subito esposte, senza che il tempo ne maturasse materia per il cesello. Mi sembra una fuga, sempre incalzata dalla sete. Nuovi mondi, nuovi eventi, nuove persone, nuovo fare... che stanchezza!

Io so che vorrei moltissime cose. Vorrei vederle, vorrei conoscerle, vorrei viverle. Però molto spesso mi appaga immaginarle. Non significa sia un compromesso alla rinuncia, solo un sentire che si esaudisce in se stesso (spesso, appunto).

"Un uomo, se possiede la vera sapienza, può godere l'intero spettacolo del mondo seduto su una sedia, senza saper leggere, senza parlare con nessuno, soltanto con l'uso dei sensi e il fatto che l'anima non sappia essere triste."
(F. Pessoa, Il libro dell'inquietudine)

 

 

 
 
 

Odi et amo

Post n°61 pubblicato il 05 Gennaio 2014 da Maddalena_e_oltre

 

"I nostri angeli custodi sono cupi."
(I. Bachmann)

Affidiamo alle parole il compito di sciogliere i nodi di questa distanza fino a quando la pelle non riempia, muta, ogni senso. A volte sono parole di ribellione, capricciose e distorte, che infliggono pene di mille spilli leggeri. A volte sono sussurri nel buio che evocano carezze e chiudono gli occhi. Altre allargano orizzonti, tracciando rotte nuove e potenti oppure opprimono di condivisione, nella tenerezza per quel mondo che muore.
Sono parole che amo ed odio, sapendo perchè e in che modo accade.
Lo so, lo sento e ne brucio.

 

 
 
 

merry christmas mr. Lawrence

Post n°60 pubblicato il 03 Gennaio 2014 da Maddalena_e_oltre


 

Alto e flessuoso, un giunco, un airone colorato. Non vi sono debolezze cui mostrare il fianco, non vi sono debolezze da raccontare. La pelle è intatta.
E' lealtà la tua natura. Contrariata. Questo procedere avverso te stesso, è l'atto sacrilego, il peccato da scontare. La vergogna occulta da coltivare nella mente e nel cuore, l'onta da espiare quando sai che non vi sarà assoluzione, poichè tu sei inflessibile.
Porta al limite la tua pelle, fuori dai confini conosciuti, dove persino la parola suona straniera. Là dove la vita ha il colore rosso del papavero reciso in un campo trebbiato. Allora potrai riparare. Il tuo filo tenue, per un altro filo tenue e saranno baci su zigomi affilati la tua scelta, l'obolo alla tua natura, il debito saldato.
Ciocca di cenere nel vento.

"Ho lasciato nei campi e nei giardini il grande papavero, il suo polline blu, la sua seta lentamente spiegata."
(Colette, Per un erbario)

 

 
 
 

il soldato e la bambina

Post n°59 pubblicato il 22 Dicembre 2013 da Maddalena_e_oltre

 

 

Mi hai dato le chiavi per decifrare i luoghi della tua anima, per ascoltare le voci che raccontano sommesse le geologie del tuo abisso.
Ti è stata risparmiata l'indifferenza, risultato di certo patire. Ma non è un premio onesto la tua sensibilità. E' un dono bifronte, bellissimo fiore avvelenato. Da imparare è la dose che salva, quella che non uccide.
Mi siedi di fronte e mi parli da lontano, mi spieghi che le persone sono semplici e finite, in una classificazione sistematica che permette di prevederne i gesti.
Chi sparerà e chi ruberà, chi si dimenticherà di se stesso per accudire inutilmente altro.
Poi aggiungi che ogni anima è un universo e che tu puoi essere colui che ammala e colui che cura, colui che uccide e colui che salva, il figlio e il padre, colui che non viene creduto, colui che è folle.
238 gocce da sistemare. Per andare oltre il gelo della morte, nel rifugio dorato della pazzia, dove l'Io veglia, secondino e infermiere.

La nebbia sale dalla valle, sai? Ogni volta non puoi essere sicuro che il mondo esista ancora. Fuori. Se solo tu smettessi di pensarmi o smettessi di amarmi...

Ho le tue chiavi e una serie contata di porte. Il mio gioco (la mia vita) è indagare le combinazioni. Ma ogni notte cambia un cricchetto o una molla, si torce un nottolino e io devo ripartire. Ogni giorno, daccapo. So che durerà per tutti questi miei giorni, che forse non basteranno.
Ma tu intanto non nasconderti dietro le porte chiuse, gioca con me, tenendomi per mano.

 

 
 
 

Australopithecus

Post n°58 pubblicato il 18 Dicembre 2013 da Maddalena_e_oltre

 

Ho visto un'aquila planare, lenta come la canicola che affolla il dopopranzo.

"In principio era la scimmia."* E io vesto i panni dello sciamano, inseguendo ossa tra gli strati della terra, interrogo le orbite vuote di crani dimenticati.
Come augure ebbro, mi appello alla forma delle nubi e risalgo alla natura di piogge lontane, per raccontare la mia verità. Ogni verità è un racconto, che muta passando di bocca in bocca, sfaccettato, cristallino, insondabile.
Sono l'aedo che narra, attraverso le nebbie dei secoli, quel che la mente ha partorito questa notte in sogno, ponte euristico tra  mondi.
Il mio limbo comincia e finisce lungo il filo nervoso della mia spina dorsale.

(* citazione da Il grande racconto dell'evoluzione umana. Giorgio Manzi.)

 

 

 
 
 

sottopelle

Post n°57 pubblicato il 09 Dicembre 2013 da Maddalena_e_oltre

 

Questo abbandono di foglie a terra che chiama a sè ogni ferita.
Salvami da questo letargo che indosso come maschera fasulla ai desideri.
Trattienimi i capelli per cercare la mia bocca. Lasciamoci ubriacare da questo nettare violaceo, liquido approdo da cui salpare.
Conta le mie ossa e conta le stelle, mentre precipito in un altro firmamento.
Ridiamo ebbri, lascia che sudi sangue il fiele, siamo oltre la pelle, invincibili cristalli. Quel che resta lo indosserà ignaro qualche passante, straordinario straniero.
Non saprà nulla, nessun segno, polvere del capolavoro che siamo stati per un attimo.

 

 
 
 

Area personale

 

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