Essenza di vita

Oggi ho rivisto per la 19a volta "Lemony Snicket - Una serie di Sfortunati eventi" un film che per me è un capolavoro del "Decadentismo cinematografico".
Mentre lo guardavo sentivo di comprenderlo sempre di più...il mondo in questo film è completamente buio, triste, insomma molto più "Reale" di quanto venga spesso rappresentato in molti film in cui il finale è sempre e palesemente scontato (I due che si erano lasciati si reincontrano dopo tanti anni e si sposano, il cowboy dopo l'azione eroica cavalca verso il tramonto, il suicida viene salvato all'ultimo momento e si ricostruisce una vita, l'attentato dinamitardo viene sventato all'ultimo istante..." e cose del genere...no, in questo film (forse fin troppo cupo e buio) io mi sono sentito quasi in pace con me stesso...ho potuto assorbire sensazioni ed energie particolari...guardandolo mi sono sentito trasportare in un altro mondo, non fatto soltanto di sorrisi e felicità ma spesso fatto di disgrazie, tribolazioni, fatiche, sofferenze, un mondo in cui per vivere devi "lottare", un mondo in cui le persone spesso si dimostrano "gentili, comprensive e buone" soltanto perchè hanno altri progetti da perseverare, un mondo in cui la vita bisogna "guadagnarsela"escogitando (come nel mondo reale) qualcosa per rimanere "a galla" ogni giorno...
Devo ammetterlo più lo guardo e più a volte vorrei provare a vivere per un piccolo periodo della mia vita nel mondo del film, con i suoi colori cupi, bui e uggiosi, con i suoi suoni ovattati, confusi e quasi striduli, con quell'amalgama di "tecnologia" e "anticaglieria", insomma vorrei sentirmi per un pò di tempo un Baudelaire...devo dirvi la verità, per un periodo della mia vita mi ci sono quasi ritrovato ad esserlo (un periodo nemmeno troppo lontano)...forse è per questo che sento così tanto "vicina" questa pelliccola...potrebbe essere così...chi lo sa...comunque...Nonostante questa possa essere una "favola" per bambini, anche noi possiamo trarre insegnamenti da essa, io per lo meno sono riuscito a trarne..."Non sempre ciò che ci viene propinato è come sembra!"...devo dire la verità, dopo averlo rivisto 19 volte non mi sono ancora stancato, ogni volta che lo guardo mi fa comprendere qualcosa in più della visione precedente...dopotutto il bello di rivedere i film è proprio questo, cercare di scoprire nuove angolazioni, nuovi oggetti, nuove situazioni, che nelle altre proiezioni non si erano riuscite a carpire (certo, un film va visto anche per il puro gusto cinematografico e intrattenitivo...però a volte è bello anche cercare ciò che dicevo prima)...come la volta precedente anche in questo caso ho voluto mettere la trama di questo film (che è tratta da 3 libri di uno scrittore Americano molto famoso) così che se qualcuno non l'avesse mai visto se ne potrà fare un'idea...io comunque l'ho trovato davvero molto bello e lo consiglierei a tutti.

Prologo:
Lemony Snicket è stato smascherato. Nel 1999 uscì negli USA Un infausto inizio, il primo di undici libri (finora) dedicati agli orfani Baudelaire. Lo scrittore si celava dietro questo pseudonimo pare per evitare di essere bersagliato dalle critiche negative ai suoi libri, sovversivi e segnati da un profondo pessimismo. Il successo fu enorme e le storie dei poveri Baudelaire minarono seriamente la predominanza del maghetto Harry Potter. Certo non mancarono le critiche: Lemony Snicket non scrive storie zuccherose, ma piuttosto riprende la crudeltà delle fiabe classiche. La lettura dei capolavori dei fratelli Grimm non è certo priva di conseguenze: provare per credere. Lemony è in realtà Daniel Handler, un ragazzone pasciuto, classe 1970, dallo sguardo triste e perso in un'altra dimensione.


Recensione:
Ispirandosi ai primi tre volumi della serie, Un infausto inizio, La stanza delle serpi e La funesta finestra, Brad Silberling (Moonlight Mile), con sceneggiatura di Robert Gordon, ha girato un film surreale e senza tempo, una fiaba crudele che negli USA ha meritatamente sbancato i botteghini.
La figura in ombra dello scrittore, intento a scrivere, la voce narrante (Jude Law), ci accompagna nelle vicende dei tre fratelli Baudelaire, che vivono con i genitori in una grande villa in una sporca e tetra cittadina. Violet (Emily Browning), quattordici anni, la maggiore, ha lunghi capelli scuri che porta sciolti. É una specie di Archimede Pitagorico: ha il talento per le invenzioni, seguendo il motto "c'è sempre qualcosa". Anche nelle situazioni più estreme "c'è sempre qualcosa" che si può utilizzare per costruire strani marchingegni. Se la vedete raccogliere i capelli con un nastro quello è il segnale: Violet sta creando.
Klaus (Liam Aiken) è un ragazzino di dodici anni chiuso e testardo, con una particolarità: è un divoratore di libri. Trascorre intere giornate nell'immensa biblioteca di casa: non c'è libro che non abbia letto e, ancora più importante, Klaus ricorda ogni cosa.
Sunny (le gemelle Kara e Shelby Hoffman) è una piccolina che si esprime con i classici versi dei neonati, che i fratelli riescono a capire perfettamente. É specializzata nel mordere qualsiasi cosa e aiuta i due fratelli a cavarsi da molti impicci.
La loro vita serena viene sconvolta un giorno a Spiaggia Salmastra, quando il signor Poe (Timothy Spall), l'esecutore testamentario, comunica una notizia terribile: la loro casa è stata distrutta dalle fiamme e i genitori sono morti nell'incendio. "Se vi è successo di perdere una persona molto importante sapete già come ci si sente, e se non vi è mai successo non potete neanche immaginarlo". Da quel giorno i Baudelaire diventano gli orfani Baudelaire e vengono affidati al parente più prossimo, l'arcigno e malvagio conte Olaf (Jim Carrey), che abita in un'orrenda e fatiscente magione. Il conte è un attore pieno di sé, che mira al cospicuo patrimonio dei ragazzi e quindi vuole ucciderli. Ma i Baudelaire gli daranno non poco filo da torcere, fino a essere affidati a un lontano zio, l'erpetologo Montgomery Montgomery (Billy Connolly), detto zio Monty, che si rivelerà un uomo buono e comprensivo, anche se ingenuo; e in seguito alla zia Josephine (Meryl Streep) che vive in un luogo sperduto su Lago Lacrimoso, ossessionata da tutto. Ma Olaf, sotto mentite spoglie, continuerà a insidiare i Baudelaire.
La voce narrante di Lemony Snicket ci invita ripetutamente a lasciare la sala cinematografica: questa è una storia sgradevole, di tre persone sfortunate a cui nulla pare andare bene, non vi sono elfi canterini, non vi è felicità. Anche quando tutto pare risolversi per il meglio, qualcosa giunge a disturbare gli animi.
L'ambientazione rimanda alle storie gotiche dell'Ottocento, così le case, gli abiti dei protagonisti(perfetti i costumi di Collen Atwood che è la costumista preferita da Tim Burton, tanto per farvi capire che tipologia di costumi essi siano); la trama è una summa dei Grimm, di Dickens, Disney e Roald Dahl; il cielo non è mai sereno, ma grigio e nuvoloso, oppure caliginoso e opaco. La dimensione temporale è fittizia: siamo in un Ottocento gotico con frigoriferi, strane automobili accessoriate e fax. I paesaggi sono quanto di più falso non si può: pare di entrare tra le pagine di un libro e di vedere muoversi i personaggi, su accattivanti fondali di cartone in tre dimensioni. Una condizione onirica in cui solo i tre protagonisti paiono reali, con reali problemi. Gli adulti sono assenti, agiscono inconsapevoli della dimensione e dei bisogni infantili, esseri malvagi come Olaf, svagati e immersi nel loro mondo come zio Monty, pavidi ed egoisti come zia Josephine, alla ricerca di un'affermazione personale come il giudice Strauss (Catherine O'Hara), o ciechi e sordi all'evidenza, come il signor Poe o il poliziotto (Cedric the Entertainer). Insomma gli adulti forniscono una carrellata di vizi e mancanze, e paradossalmente è proprio il conte Olaf, il vero malvagio, che risponderà con veemenza all'accusa di essere un mostro: "Voi siete i veri mostri che non avete mai ascoltato e creduto alle loro parole!".
Lemony Snicket, pur sottoponendoli a dure prove, ama i suoi personaggi e ci trasmette un'attenzione e una sensibilità per l'infanzia e l'adolescenza che ce lo fanno immaginare novello Peter Pan. I bambini riescono sempre a cavarsela, anche nelle più orribili situazioni creano la magia: ciò che i tre Baudelaire non perdono mai è la capacità di pensare in positivo, di agire, di procedere senza farsi frenare da alcuna difficoltà, di usare testa e cuore, con quella curiosità istintiva che si rischia di perdere per strada crescendo. Soprattutto i tre hanno chiaro il concetto di essere una famiglia, "uno per tutti, tutti per uno".
Il conte Olaf, cioè il talento incredibile di Jim Carrey, triplica la sua performance, da Olaf all'assistente Stefano (un Italiano), al marinaio Sham. Oltre tre ore per un trucco straordinario e l'illusione è completa: Olaf ripugnante e malefico, che comprende i bambini più di chiunque altro, con quella silhouette che rimarrà a lungo impressa nelle menti.
Buone le prove di Timothy Spall, un austero e confuso signor Poe, a metà tra l'uccellaccio del malaugurio e un salvatore, di Billy Connelly, che rende la pace e la serenità dello zio Monty alla perfezione e di Meryl Streep, la volutamente sopra le righe zia Josephine, tutta tremori e smorfie.
Da non perdere le silhouette in cartone dei titoli di coda: immagini che ci conducono in un'altra epoca.