Messaggi di Settembre 2008

Post N° 61

Post n°61 pubblicato il 01 Settembre 2008 da bioantroponoosfera
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Fede e scienza in Teilhard de Chardin

Nel confronto tra scienza moderna e l'esperienza religiosa non si può ignorare la figura e l'opera di Pierre Teilhard de Chardin. Il suo nome resta immortalato nei testi di paleontologia per le ricerche che portarono alla scoperta del

 Sinantropus, un ominide anteriore all'uomo di Neandertal; ma uno spazio tutto suo Teilhard lo conserva all'interno, o meglio agli inizi, di quel dibattito tra Chiesa e scienza nel '900 che sfocerà nelle posizioni ufficiali del Concilio Vaticano II.

In effetti la sua è stata una vicenda sofferta, segnata negli anni '60 da dure reazioni da parte della rivista «La Civiltà Cattolica» e culminata con un «Monitum» del Sant'Uffizio (1962) dove si accusavano le sue opere di contenere «ambiguità ed errori tali da offendere la dottrina cattolica».

Accuse parzialmente ridimensionate nel 1981, centenario della sua nascita, da una lettera del  Segretario di Stato Casaroli al cardinal Poupard, dove si riconoscono: «il fascino della  personalità», «la ricchezza del pensiero», «un innegabile fervore religioso» del celebre gesuita francese; come pure si osserva che «la varietà degli approcci utilizzati non ha mancato di sollevare difficoltà che motivano giustamente uno studio critico e sereno di quest'opera fuori del comune».

Una posizione personale

Molti biografi non mancano di notare come la sua sia stata una posizione fortemente personale, con soluzioni condizionate talvolta anche da motivi esistenziali.

La concezione mistica della realtà che tanto lo attraeva, come pure quel «bisogno insaziabile di organicità cosmica», sono già testimoniate nell'itinerario formativo del Teilhard giovane, che riservava i suoi favori a due letture come l’  

Ma un po' tutto il clima culturale francese influenzò il suo pensiero; dapprima attraverso la conoscenza diretta di personaggi come Blondel, Le Roy e lo stesso Bergson; poi nel contatto con i fermenti innovativi portati, nel dopoguerra, dai vari Mounier, Marcel, Sartre.

La sua preoccupazione fondamentale, quella di «una sana riconciliazione tra Dio e il Mondo», risente l'eco di un contesto culturale (ed ecclesiale) dove il rapporto fede/mondo giocava un ruolo dominante.

Un altro riferimento da non trascurare per comprendere lo sviluppo successivo delle riflessioni teilhardiane è dato dalla situazione creatasi con l'imporsi delle teorie darwiniste.

La loro divulgazione e un certo uso strumentalmente anticattolico  avevano avuto un impatto negativo sui rapporti tra scienza e fede che tendevano ad essere concepiti in modo dualistico, con un senso di divisione e contrapposizione; a tutto vantaggio della prima, intesa come l'unico modo, per l'uomo moderno, di accostare la natura. Teilhard non sopporta alcuna dicotomia tra le due sfere e costruisce un sistema di pensiero orientato al raggiungimento dell'unità a ogni livello.

Dal punto di vista della ricerca, bisogna anche sottolineare la specificità del suo contributo, evitando di attribuirgli pretese che non erano le sue. Egli infatti «non fu, di mestiere, un teologo», pur se molti suoi scritti presentano un notevole contenuto teologico. Non fu neppure né biologo né zoologo, pur avendo scritto testi come 

Fu anzitutto un geologo e conseguentemente paleontologo; e il suo contributo alla ricerca scientifica avvenne proprio su questo piano: ebbe infatti parte occasionale alla scoperta del Sinantropo ma i suoi studi sulla struttura geologica della zona del ritrovamento si rivelarono decisivi per la datazione del reperto e quindi per la ricostruzione di una più adeguata scala cronologica degli esseri umani.

Evolution creatrice di Bergson e il De imitatione Christi.Il gruppo zoologico umano.

La posizione scientifica

Sul piano scientifico Teilhard opera decisamente all'interno della categoria dell'evoluzione. Anche se, come ha notato V. Cappelletti. il suo evoluzionismo non ha molte consonanze con la cosiddetta «teoria sintetica» con la quale Darwin è stato reinterpretato nel 900. È più lamarckiano, come approccio; più vicino all'immagine di un'evoluzione unidirezionale,

finalistica, orientata, piuttosto che a quella legata alle variazioni casuali dei neodarwiniani. Fuù infatti sostenitore dell'ortogenesi, cioè di un processo evolutivo dotato di un preciso orientamento, di una «freccia evolutiva». In effetti egli ammette che l'evoluzione sia avanzata per tentativi, col contributo delle mutazioni e della selezione naturale; tuttavia è convinto che i due cardini della teoria darwinista non bastino a spiegare l'evidente orientamento. Secondo lui si deve parlare di una «casualità orientata»: espressione un po' paradossale che però potrebbe rappresentare un modo intelligente per lasciare un posto al mistero all'interno delle teorie scientifiche. Secondo F. Facchini, una posizione come quella teilhardiana potrebbe definirsi «finalismo reale», cioè un finalismo «ottenuto per causalità di ordine fisico o biologico ancora sconosciute, che determinano canali preferenziali entro cui agiscono le circostanze accidentali».

Un finalismo quindi più accettabile, in quanto lascia «aperta la questione dei meccanismi degli eventi evolutivi e soprattutto lascia gli interrogativi sulle cause ultime delle leggi fisiche e del processo evolutivo».

C'è solo da aggiungere, a livello scientifico, che una teoria di tipo finalistico può trovare conferme solo nella paleontologia; la quale però è una scienza molto delicata, dove prevale il carattere ipotetico più che quello dimostrativo.

La visione religiosa

Nel ricordo di Henri de Lubac, Teilhard appare come un grande religioso, un credente moltoù solido e un vero figlio della Chiesa Cattolica, entro la quale ha voluto infatti restare sino all'ultimo giorno della sua vita.

Non fu sempre in linea con l'insegnamento del magistero ma è stato sempre fedele ai dogmi, anche a quelli del peccato originale e dell'inferno. A proposito di quest'ultimo, ad esempio, ha trovato il modo di «spiegarlo» come una realtà che «per la sua stessa esistenza aggiunge al cosmo una gravita, un rilievo che, senza di esso non esisterebbero». Tutt'altro quindi che un semplicistico ottimismo di stampo naturalistico.

Come abbiamo sopra accennato, tutto il pensiero teilhardiano è dominato dalla tensione a un'unità cosmica e dalla preoccupazione di arrivare a Dio attraverso il mondo. Un mondo visto come ambiente divino ( Le Milieu Divin è una opera fondamentale), dove quel fenomeno straordinario che è l'uomo ( Le phenomene humain, altra grande opera) lavora per portare tutto  verso il compimento che è il Cristo totale. Si tratta di una visione grandiosa e affascinante, retta, per dirla con Wildiers, sulla tensione dialettica tra il Senso cosmico e il Senso cristico; dove tutta l'evoluzione porta l'universo a convergere verso il punto Omega, cioè Cristo stesso.

I motivi delle perplessità da parte dei teologi sono legati essenzialmente ai criteri di verifica delle sue affermazioni. Che cosa può fondare la cristicità dell'universo e la convergenza a Cristo? Nel pensiero teilhardiano pare quasi che tali realtà siano in qualche modo insite e rintracciabili nella fenomenologia e confermabili con il procedimento scientifico: mentre è solo sul metodo della fede e non sulla fenomenologia né sul metodo sperimentale che può basarsi una verifica  personale delle verità rivelate.

Anche la visione mistica, espressa particolarmente ne  L'Ambiente Divino si muove nella  direzione differente da quella della grande tradizione mistica cristiana. In questa, la natura non è che una delle possibili manifestazioni dello spirito e questo è potenza creatrice incondizionata, in  grado di fermentare qualsiasi sostanza in qualsiasi tempo.

In Teilhard invece sembra esserci una identificazione dello  spirito col divenire delle forme che incontriamo nella storia evolutiva dell'universo; come pure la potenza spirituale della materia è un «fermento che trasforma la natura ma non potrebbe privarsi della materia che la natura le offre». C'è quindi il rischio di qualche equivoco e riaffiora, come dice Cappelletti, un possibile naturalismo: «purificato da scorie edonistiche ma tuttavia consistente, come ogni altro, nell'impostazione del divenire all'essere, del fenomeno all'idea, del contingente all'assoluto».

Al di là di puntualizzazioni come queste (e altre più specifiche se ne potrebbero fare), la figura di Teilhard de Chardin resta per tutti una grande testimonianza di cristiano in azione.

Negli anni '50 le sue posizioni, pur se in modo conflittuale, hanno avuto un ruolo importante per far decantare il pensiero cristiano e favorire, come egli auspicava, «l'abbattimento della barriera che, da quattro secoli, non aveva smesso di salire fra Ragione e Fede».

Oggi siamo in un contesto abbastanza diverso: dominato da un diffuso materialismo ma anche colpito dalla crisi ecologica e pervaso da una rinnovata attenzione per l'ambiente. Di fronte ad esso sta una cristianità minata dal tarlo della secolarizzazione e timida nel proporre tutta la positività del suo annuncio. La testimonianza di Teilhard può aiutare a disegnare un tipo d'uomo credente e totalmente presente nel suo tempo: non uno che « ama la terra per goderne» ma per « renderla più pura » ; non uno che «aderisce al mondo» ma uno che «pre-aderisce a Dio» e con ciò trionfa sul mondo; non uno che ritiene l'uomo capace di «divinizzarsi chiudendosi in sé», sulla scia del misticismo orientale, ma uno che vede il massimo della persona-lizzazione nella adesione a Cristo.

  da : "Uomo di scienza. Uomo di fede " di Mario Gargantini

 
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Post N° 62

Post n°62 pubblicato il 01 Settembre 2008 da bioantroponoosfera
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Teilhard de Chardin : c'è la sua impronta negli scritti del Papa

Domanica 10 aprile 2005 è apparso questo breve corsivo sul quotidiano cattolico Avvenire:

"Sono numerose, negli scritti di Giovanni Paolo II, le citazioni dell'opera di Pierre Teilhard de Chardin.  Particolarmente suggestivo un passaggio di " Dono e Mistero", la lettera pubblicata dal Papa nel 1996 in occasione del suo cinquantesimo annibersario di sacerdozio.

In quel contesto, nel ribadire il legame tra il sacrificio "in persona Christi" e il mistero trinitario, il Pontefice scrive tra l'altro: " Anche per offrire "sull'altare della terra intera il lavoro e la sofferenza del mondo", secondo una bella espressione di Teilhard de Chardin, si compie l'Eucaristia".

 
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Post N° 63

Post n°63 pubblicato il 02 Settembre 2008 da bioantroponoosfera
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Teilhard, l’irresistibile moto che riunirà il mondo

 

In una sua bellissima poesia Garcia Lorca narra la sofferenza di una formica che, dopo essere riuscita a vedere le stelle dalla cima dell’albero più alto, non è in grado di far capire alle compagne quelle nuove realtà.  Le descrive come “migliaia di occhi nelle tenebre” e come “luci che portiamo sulla nostra testa”.  Inutile: le formiche non la comprendono, la maltrattano, la feriscono. Cio nonostante lei non la smetteva di ripetere: “Si, ho visto le stelle”.  Anche Teilhard de Chardin ha incontrato serie difficoltà nel far capire ciò che aveva visto.

Il linguaggio, il dire, è una modalità di rappresentazione lineare che mal si presta a descrivere delle “totalità”.  Per esempio non sapremmo come trasmettere esattamente l’immagine di un quadro di Degas, che invece potrebbe essere colta, in un istante, con un semplice sguardo.  Ancora più ardua, si capisce, è la descrizione di realtà che oltrepassano la gamma o la portata dell’occhio umano  e sono soltanto afferrabili mediante uno sforzo  dell’intelletto o con l’intuizione, anche questa istantanea.

Ebbene, a quarant’anni falla morte di Teilhard de Chardin – si spense a New York il 10 aprile 1955 – ci chiediamo: ma che cosa ha egli precisamente visto?

Pochi giorni prima della sua morte, egli scrisse ne Il Cristico: “ Per quale motivo, guardando attorno a me ed ancora tutto inebriato di ciò che mi è apparso, io sono quasi solo nella mia specie?  Solo ad aver visto?”  Oggi siamo in grado di rispondere: per di più di un motivo.  I suoi scritti – editi postumi, non nell’ordine cronologico in cui furono redatti, non tutti rivisti dall’autore, nella speranza di pubblicarli – suscitarono fra gli anni ’60  e ’70 entusiasmi, curiosità e interessi di vario tipo.  Si formò una folla eterogenea in gran parte di “sognatori” ammaliati soprattutto dal linguaggio poetico di Teilhard e dalla sua vaticinante prospettiva di un irreversibile moto verso l’unificazione del Mondo, verso una nuova Umanità: un’atmosfera un po’ confusa, ricca di speranze e di attese.  Accadde quel che Teilhard temeva, ossia che la sua visione, colta superficialmente da persone ancora impreparate, potesse divenire una sorta di “nuova religione” con cui rimpiazzare il Cristianesimo tradizionale (vedi lettera a L.Swan del 25 gennaio 1937).  E’ ovvio che tutto questo non poteva non avere riflessi negativi sull’iniziale accoglienza della Chiesa

C’è però qualcosa di più sostanzioso nelle stroncatura del pensiero di Teilhard da parte di taluni autorevoli teologi e filosofi:  l’aver forse preso per essenziali delle prospettive che per lui costituivano soltanto possibili deduzioni da una semplice e illuminante realtà sperimentale.  Medesimo spostamento di “oggetto” che si è verificato nei confronti di Darwin e di Freud.  Infatti, demolendo in tutto o in parte le loro “teorie” (darwinismo e psicanalisi) si cade spesso nel rischio di non vedere la luce gettata sulla nostra realtà dalle loro scoperte: l’Uomo, in quanto specie, deve essere pensato in modo radicalmente diverso dopo Darwin, così come la psiche dell’Uomo risulta, per contenuti e dinamiche, molto più complessa e problematica dopo Freud.

Di Teilhard,  la critica può benissimo sostenere che sono inaccettabili molte sue riflessioni, ma dovrebbe sentirsi vincolata a modificarle o a sostituirle con altre che siano coerenti con i risultati dell’osservazione scientifica.  D’altronde,  Teilhard ha sempre considerato le sue idee come dei tentativi, delle proposte da discutere e non come sintesi definitive (“altri facciano meglio di me”).  La realtà che Teilhard vede non è quella racchiusa entro un campo di un telescopio ma è l’intero cielo senza limiti di spazio-temporali.  Il moto evolutivo, lo si vede,  purchè non si chiudano gli occhi, va irresistibilmente verso la nebulosa originario dell’Uomo.  Questi ne è attraversato assialmente, per il fatto di esserne l’elemento cosciente e ha la responsabilità di prolungarlo “in avanti e in alto” divenendo più umano, spiritualizzandosi.

Avviene ancora di intravvedere tutto ciò come un’ombra indefinita, priva di conseguenze concrete.  Ma accade anche, dopo Teilhard, che l’Universo sia visto in modo concettualmente e spiritualmente armonioso.  La visione di Teilhard è incoraggiante: consente di vedere la nostra vita intessuta nella stoffa e nel respiro del Cosmo; risponde al bisogno di ogni uomo – redente o non credente – di scorgere coerenza e senso nella struttura e nella dinamica dell’Universo; offre alla persona di fede delle forti ragioni per sostenerla, a fronte di un sapere  riduzioni stico e incapace di grandi sintesi, quando invece occorre “emergere per vedere chiaro”;  è un inno dell’Universo, in Cosmogenesi, che magnifica ancora di più il Creatore.

Lo studio delle opere di Teilhard de Chardin dovrebbe perciò essere ripreso, lasciando da parte i pregiudizi frettolosamente  formulati su di lui senza forse conoscerlo a fondo.   Si consideri il fatto significativo che gli scritti teologici (La mia Fede) e la sintesi del suo pensiero (Il Cuore della Materia) sono apparsi in traduzione italiana soltanto nel 1968.  Nel quarantesimo della sua morte, la riedizione de Il Fenomeno umano – opera fondamentale, insieme all’Ambiente Divino -  onora la memoria di Teilhard de Chardin.  Ma onora altresì la cultura in senso lato, la “grande” cultura, volta a illuminare il cammino dell’Uomo.

 

Fabio Mantovani

da “ Avvenire, 9 aprile 1995”

 
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Post N° 64

Post n°64 pubblicato il 03 Settembre 2008 da bioantroponoosfera
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Spia di un intrinseco "finalismo",
l’evoluzione del cosmo passa dalla materia fino allo spirito:
una riflessione del Cardinale Martini.

RITAGLI   

L’universo? È armonico    DOCUMENTI

«Gli astronomi e i fisici parlano da tempo di "multiverso",
ed è un concetto che interroga la fede».
Un itinerario che parte da San Paolo e attraverso Pascal arriva a Teilhard de Chardin.

CARD. CARLO MARIA MARTINI
("Avvenire", 15/12/’07)

Che cosa può significare l’"universalismo" nel rapporto fra religioni e culture? Per rispondere a questa domanda, personalmente mi sarei piuttosto ispirato prima alla scienza, poi alle Scritture. Sarei partito cioè dalla definizione fisica di universo, così come viene data dagli astronomi e dai fisici.
Essi parlano anzi oggi di «multiverso» intendendo così che non riusciamo a cogliere i limiti delle realtà nelle quali siamo immersi e che forse esistono altre realtà analoghe con le quali, almeno per il momento, non comunichiamo. Ciò ha a che fare anche con il desiderio che sentiamo di totalità e insieme con l’impossibilità pratica di raggiungerla. Anche se rimane vera la frase di
Pascal: «Tous les corps, les firmaments, les étoiles, la terre et ses royaumes, ne valent pas le moindre des esprits: car il connait tout cela, et soi», rimane parimenti vero che tutto in questo universo nostro è costruito a partire dalla materia, che è quindi la prima «universalità», pur se debole, che noi tocchiamo senza riuscire a misurarla a fondo.
Questo universo è in continua evoluzione, almeno l’universo che noi conosciamo. Un’evoluzione che passa per tutti i gradi dell’essere e arriva dalla materia fino al pensiero e all’amore. E qui citerei ancora le parole di Pascal, che con grande coraggio supera l’incantesimo prodotto dalla quantità illimitata di materia per giungere a dire che un atto di bontà, un sorriso, un atto d’amore, valgono immensamente più di tutte le misure possibili e immaginabili: «De tous les corps et esprits, on n’en saurait tirer un mouvement de vraie charité: cela est impossibile, et d’un autre ordre».
Il punto finale a cui tende questa evoluzione potrebbe essere espresso con le parole misteriose di
San Paolo: «Quando tutto gli (al Figlio) sarà stato sottomesso, anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti» (l Cor 15, 28).
È in questo «tutto in tutti» che vedo concretamente indicato l’universo, che rappresenta perciò chiaramente non un dato già costruito ma un punto di arrivo.
Ciò è espresso anche nella "Lettera agli Efesini", quando essa nomina «la pienezza di colui che si realizza interamente in tutte le cose» (1, 23), «che ascese al di sopra di tutti i cieli per riempire ogni cosa» (4, l0). C’è dunque una universalità che è il termine di tutto il cammino umano. Non si tratta però di una universalità debole, per "entropia", cioè di qualcosa di amorfo e di gelatinoso; ma di una universalità forte, nella quale le singole individualità personali sono riunite in unica e perfetta armonia.
E qui non potrei non ricordare le pagine mirabili scritte da
Teilhard de Chardin a questo proposito.
Per esempio, là dove parla di quella tensione gradualmente accumulatasi tra l’umanità e Dio che toccherà un giorno i limiti prescritti dalle possibilità di questo mondo. E allora sarà la fine. Nell’azione finalmente liberata delle vere affinità degli esseri, gli "atomi spirituali" del mondo saranno portati al loro pieno sviluppo e collegati da una forza generatrice, dal potere di coesione proprio dell’universo e occuperanno il posto designato per loro nella struttura vivente del "Pleroma" ("Le milieu divin").
Si potrebbero citare molte altre pagine dello stesso autore, in particolare dell’"Inno dell’universo", dove egli esalta questa pienezza totale che non è cancellazione delle singole individualità, ma affermazione piena della individualità di ciascuno in una perfetta armonia.
Guardando le cose da questo punto di vista, si vede allora come non sono da promuovere le singole individualità semplicemente in quanto opposte le une alle altre, ma in quanto esiste in loro una forza di convergenza che permette di superare il loro stato presente di chiusura e aprirsi sempre più a quella pienezza cui sono chiamate. In questo senso occorrerebbe considerare le diversità culturali e anche le opposizioni delle diverse religioni. Non si tratta di esasperarle e neppure di banalizzarle o "omologarle" o ridurle a un minimo denominatore, ma di far emergere quegli elementi a partire dai quali esse possono raggiungere una sempre maggiore convergenza, anche attraverso le necessarie purificazioni.

 

 
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Pillole di saggezza 1

Post n°67 pubblicato il 03 Settembre 2008 da bioantroponoosfera

Se volete andare in profondità dentro voi stessi,

fate soprattutto attenzione a ciò che isola, che respinge, che separa.

Ciascuno secondo la propria linea, pensate ad agire con spirito “universale”, ossia “totale”.

E domani forse sarete sorpresi nello scoprire che nulla si oppone a voi che potete “amarvi”.

Pierre Teilhard de Chardin

 
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IL CARRETTO DEI LIBRI USATI

Post n°68 pubblicato il 03 Settembre 2008 da bioantroponoosfera
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Rovistando su una bancarella mi è capitato tra le mai un libro  realizzato da vari autori, tra cui il Card. Martini, dedicato a: La spiritualità di Don Luigi Monza nella vita delle piccole Apostole della Carità”, ed. La Nostra famiglia e nel  capitolo  scritto da Luigi Mezzadri: Tutta la Terra è vostro posto ho trovato questo bellissimo riferimento a Pierre Teilhard de Chardin. Ve lo ripropongo come elemento di riflessione personale.

“………………………………………………………………………………………………………..

4. La scuola della terra

Una certa teologia, rappresentata tra l’altro da Barth, Bultmann, Gogarten, ha presentato il mondo come realtà «areligiosa», opaca, in relazione a Dio. Solo la Parola di Dio salva, ma di una salvezza trascendente, acosmica, incompatibile con il mondo.

Con Teilhard de Chardin (1881 -1955) si sviluppò una linea più comprensiva del mondo, giudicato «trasparenza» verso Dio. Questo gesuita sentiva in sé le istanze della fede (le forze verso l’alto) e della scienza (le forze in avanti). È una tensione che ha indotto molti all’abbandono della fede e taluni  a  chiudersi al progresso. Teilhard ha cercato una soluzione che non mortificasse la scienza e rinnegasse la fede. Gli sembrò di averla trovata nell’evoluzionismo che, a differenza di molti cattolici in quell’epoca contrari, accettò.

All’inizio ci sarebbe stata - secondo Teilhard - una materia inerte (= previta), che attraverso un processo complesso ha dato origine alla vita. Per Bultmann il punto conclusivo della storia non potrebbe essere il risultato di uno sviluppo storico, ma solo il suo arresto per opera di Dio; per Barth le realizzazioni più nobili dell’Umanesimo non preparano le realtà future. Theilhard rifiuta invece un’idea manichea della materia. La materia «è il peso, la catena, il dolore, il peccato, la minaccia sulle nostre vite.

È ciò che appesantisce, che soffre, che ferisce, che tenta, che invecchia. Per colpa della materia siamo pesanti, paralizzati, vulnerabili, colpevoli... Eppure nello stesso tempo la materia è gioia fisica, il contatto esaltante, lo sforzo virilizzante, la felicità di crescere. Grazie alla Materia, siamo alimentati, sollevati, collegati al resto del Mondo, invasi dalla vita» (Ambiente divino, 117). È l’evoluzione che produce l’uomo. Dopo l’apparizione dell’uomo, non ci sarà un essere superiore, ma l’evoluzione avviene attraverso il lavoro dell’uomo e tende a quel punto Omega che costituisce il momento in cui tutta l’umanità sarà unità. E quest’unità non potrà avvenire che in Cristo: è Lui il punto Omega della scienza e così si pongono le condizioni per cui Dio interviene e attua il Regno.

Contro i «disertori del mondo», Teilhard propone una spiritualità incarnata, che apprezza i valori terrestri, la «Materia affascinante e forte... La virtù di Cristo è passata in te. Con i tuoi fascini attirami; con la tua linfa nutrimi. Con la tua resistenza fortificami. Con gli strazi che c’imponi liberami. Infine con tutta te stessa, divinizzami» (Ambiente divino. 123). Il valore più nobile è quello del lavoro, che diventa così un collaboratore alla creazione. Un secondo elemento è quello della lotta contro la sofferenza:»

Lottare contro il Male , ridurre al minimo il Male che ci minaccia (anche se è solo fisico), ecco indubbiamente il primo gesto del Padre nostro che sta nei cieli»  (Ambiente divino 83) . Compito del cristiano è dunque la lotta; ma Dio è anche dalla parte della sofferenza, quando lui stesso apre un varco doloroso nelle fibre dell’uomo «per penetrare fin nel cuore della mia sostanza e per rapirmi a Te» (Ambiente divino 91).

Nel tendere al progresso si giustifica l’impegno di carità. «O Signore, nella vita dell’Altro, fa splendere per me il tuo volto. La luce irresistibile dei tuoi occhi, accesa nel cuore stesso delle cose, mi ha già precipitato verso ogni opera da proseguire, verso ogni fatica da superare… Fra gli uomini e me stesso Tu vuoi che con l’ausilio dell’Eucaristia, si manifesti la fondamentale attrazione (già oscuramente presentita da ogni amore, non appena è forte) che fa misticamente della miriade delle creature ragionevoli, una specie di Monade unica in Te o Cristo Gesù…

L’umanità dormiva - e dorme ancora assopita nei godimenti ristretti dei suoi gesti di amore chiusi.

Un'immensa potenza spirituale sonnecchia nel cuore della nostra moltitudine, e si desterà solo quando sapremo sfondare le pareti dei nostri egoismi ed elevarci mediante una fondamentale rifusione delle nostre prospettive".

E conclude:

"O Gesù! Salvatore dell'attività umana alla quale conferisci una ragione d'agire - Salvatore della fatica umana alla quale conferisci un valore di vita - sii la salvezza dell'unità umana, costringendoci ad abbandonare le nostre grettezze e ad avventurarci, appoggiati a Te, nell'oceano sconosciuto della Carità" (Ambiente divino, 175s.).

 

 

 

 
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Post N° 69

Post n°69 pubblicato il 03 Settembre 2008 da bioantroponoosfera
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Il Cristo nella sua funzione della storia cosmica, secondo il pensiero di p. Teilhard de Chardin

Uno dei pensatori più profondi e più dibattuti del tempo moderno è senz'altro il P. Teilhard de Chardin. Egli partendo da un dato di fatto: la ricerca scientifica, ha voluto realizzare mia sintesi tra la scienza e la fede, tra Dio e  l'Universo.

Il fulcro principale del suo pensiero possono essere considerate queste parole: “Ci deve pur essere un punto di vista dal quale il Cristo e la Terra appaiono situati in tal modo, l’Uno in rapporto all’Altra, che io non potrei possedere l'Uno se non abbracciando l’Altra, comunicare con l'Uno se non fondendomi con l'Altra, essere cristiano se non essendo disperatamente umano".(Recherche, travail et adoration 1955.P.4).

Con la sua anima di scienziato e di mistico il P. Teilhard de Chardin si è lanciato in una avventura formidabile, difatti dice: "Cristificare la Materia... Tutta l'avventura della mia esistenza intima..Una grande e splendida avventura".

La spiegazione di ciò la si trova in quella profonda tensione tra cultura moderna e il cristianesimo, che ha attanagliato l'animo del P. Teilhard de Chardin.

Ha sentito l'ammirazione per le creazioni della scienza e della tecnica e gli ideali del Vangelo, ha avuto il culto del progresso e la passione ardente dell'amore di Dio. Questa forma passionale delle sue ricerche, che denota senz'altro una sua esperienza personale, lo porta ad un succedersi piuttosto disordinato dei suoi scritti.

Ciò si manifesta soprattutto nella terminologia, che si allontana di molto dal linguaggio tecnico delle dissertazioni teologiche e filosofiche. Egli presenta spesso le proprie riflessioni religiose con termini e concetti presi dalle scienze, ciò da unù lato comporta pericoli, ma offre anche innegabili vantaggi. Il  linguaggio teologico è divenuto difficile per l'uomo moderno, se non addirittura incomprensibile: la maggior parte delle sue formule e dei suoi termini si sono sviluppati sotto l'influsso di una filosofia con la quale pochissimi – se non nell’ambiente dei teologi cattolici - hanno ancora familiarità. Indubbiamente la conservazione di tale terminologia offre molti vantaggi, ma comporta anche l'inconveniente di rendere estremamente difficile per l'uomo moderno l’accesso al pensiero teologico. Il problema teologico sul quale P. Teilhard de Chardin ha concentrato tutta la sua attenzione e di cui si è occupato per tutta la vita e il problema del Cristo, della sua posizione e della sua funzione nell’insieme della storia cosmica.

Il problema non è nuovo, è stato già dibattuto dai teologi dei secoli passati. L'originalità di Teilhard  de  Chardin sta appunto nell'avere impostato in modo nuovo l’antico  problema. Per ben capire la concezione teilhardiana bisogna ricordare brevemente la soluzione data precedentemente al problema.

Nei riguardi dell’Incarnazione del  Figlio di Dio nel Medio Evo erano  sorte due concezioni diverse, l’una detta tomista e l’altra scotista. Secondo S.Tommaso l’Incarnazione è in relazione alla Redenzione, se l'uomo non avesse peccato, il Figlio di Dio non si sarebbe Incarnato. Per stabilire l'ordine sconvolto dal peccato, il Figlio di Dio si à fatto uomo per riportare l'umanità al suo ultimo fine.

Secondo Duns Scoto e la tesi dei francescani, Cristo è considerato il coronamento non solo dell'ordine soprannaturale, ma anche del l'ordine naturale.

Anche se l'uomo non avesse peccato il Verbo si sarebbe Incarnato. La creazione è la perfezione di Dio che si manifesta “ad Extra" e il coronamento di questa perfezione è dunque l'Incarnazione. Secondo questa concezione il Cristo è l'Alfa e l'Omega, il principio e la fine di tutte le cose. Il mondo nella sua struttura, nella sua esistenza stessa è rivolto verso il Cristo.

Tutte e due le concezioni hanno diritto di esistere in seno alla teologia cattolica, nessuna delle due può essere considerata eretica; ma la concezione cristologica di Teilhard  de Chardin si avvicina molto a quella francescana. Secondo lo scienziato il mondo è costantemente in evoluzione, v’è un punto che domina tutta la evoluzione cosmica, ne costituisce il fine e il coronamento. Da questo punto s'irradia il Cristo che adoriamo.

Teilhard  de Chardin per dimostrare ciò si fonda sulle testimonianze della S. Scrittura.

Cristo è legato organicamente al mondo; tutto è stato creato per Lui come afferma S. Paolo: ”In Lui è stato creato tutto l’Universo" (Col.I, 16). Il mondo nel suo costante evolversi tende all'unità per mezzo del Cristo. E' ancora S.Paolo che parla: "Tutto è unificato in Lui”.(Col. I,17)

Cristo costituisce veramente il senso della storia. Tutta la evoluzione del mondo è orientata verso Cristo. "Tutto il mondo inferiore è ordinato all’Uomo, ma l'uomo è ordinato al Cristo e il Cristo a Dio". Così la parola di S. Paolo nella I Cor. III, 23.

Nella teoria teilhardiana trova un posto importantissimo la idea della seconda venuta di Gesù sulla terra. Perché il Cristo apparisse una prima volta sulla terra era evidentemente necessario che il tipo umano si trovasse anatomicamente formato secondo il processo generale dell'evoluzione e si trovasse socialmente a un certo grado di coscienza collettiva. Per la seconda e ultima venuta dì Gesù sulla terra perché non supporre che Egli aspetti che la Collettività umana abbia acquisito un certo completamento soprannaturale proprio perché già completata pienamente nelle sue possibilità naturali? Dunque tutto è in relazione a Cristo, e, nel mondo, tutto ciò che di vero e di buono esiste ci porta verso Cristo. Nel mondo però esiste anche il male e, secondo Teilhard  de Chardin, il male fisico è una conseguenza diretta dell’evoluzione del mondo. Il mondo è in continuo cammino verso la perfezione e questo cammino si svolge a tentoni attraverso prove ed errori. Tra gli esseri del mondo c'è pure l'uomo, dotato di coscienza riflessa e di libertà, e poiché anche l'uomo è un essere imperfetto ne viene di conseguenza l’esistenza del male morale: il peccato. Dal momento che il male occupa gran parte del mondo, c'è bisogno quindi della Redenzione di Cristo.

Essendo il Verbo Incarnato la sorgente dell'energia del mondo in cammino sempre verso il più perfetto, c’è facile identificare quest’energia con l'amore.

L'amore procede per gradi. Una reciproca inclinazione ha unito gli atomi tra loro e si sono avute cosi le molecole. Questo accade perché l'amore prima è inclinazione, poi diviene simpatia infine desiderio efficace del bene.

Un’inclinazione reciproca ancora più forte ha unito le cellule e sono sorti i diversi organismi.

Quando l’inclinazione è divenuta simpatia tra esseri viventi sono nate varie forme di comunità, prime fra tutte la famiglia. Quest’amore poi divenuto soprannaturale vivifica una forma di comunità che è un super-organismo sociale: la Chiesa. Nella Chiesa si realizza la grande intuizione cristiana: il Corpo Mistico dì Cristo che riceve forza dalla sorgente stessa dell’amore che è il Cuore di Gesù, che nell'ultima Cena pregò: “UT UNUM SINT”

Don Ciro Paino

da: IN CONTROLUCE, periodico giovanile dell'Azione Cattolica n. 7, settembre 1965

 
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DE LUBAC DIFENDE TEILHARD

Post n°70 pubblicato il 04 Settembre 2008 da bioantroponoosfera

Un oratore, non francese, mell'Aula del Concilio Ecumenico Vaticano II nel 1965, lanciò una "frecciata" contro Teilhard de Chardin. Il teologo Henri De Lubac, consuilente e perito  del Concilio, inviò subito una lettera aperta "a un Padre del Concilio di cui ho ascoltato nell'Aula a San Pietro un intervento poco favorevole a Teilhard".

Roma, 22 ottobre 1965

...Le parole benevole che ha pronunciato l'altro ieri sui "periti" mi incoraggiano a scriverLe.  Ha ricordato con forza, nel suo intervento, l'esistenza del male nel mondo e l'influenza che vi esercitano  i demoni.  Permetterà che, senza dubbio con molti altri, io Le esprima per questo la mia riconoscenza.  Ma se me lo permette aggiungerei che si sarebbe rallegrato se avesse saputo che questa verità troppo certa fu ricordata con non meno forsa dal Padre Teilhard de Chardin.

Certo, negli scritti di scienza e di filosofia scientifica, il Padre Teilhard non parlava affatto abitualmente di queste cose.  Ma nell'Ambiente Divino, opera religiosa, alla quale teneva particolarmente, egli invita il lettore a meditare sul mistero del male, sul disordine che si manifesta nel mondo, disordine del quale vede   la causa non solo in una colpa originale chiaramente ricordata, ma nell'azione di potenze personali malvagie (i demoni).  E  in questo stesso Ambiente Divino come in numerosi altri scritti, lontano dall'insegnare una sorta di "organismo" (se si intende qui la dottrina dell'apocatastasi), ci mette con insistenza davasnti alla terribile eventualità della dannazione.  Nessuno scrittore religioso contemporaneo, a mia conoscenza, ha parlato del dogma dell'inferno con altrettanta fermezza coraggiosa che il Pardre Teilhard.

Quel che si chiama il suo "ottimismo" si oppone innanzitutto a ogni pessimismo ateo, che provenga dall'ambiente scientifico (come in Henri Poincarè) o di correnti filosofiche (come in Sartre), reagisce ugualmente contro certe deviazioni del pensiero nei credenti, in nome della fede e della speranza cristiana, fondata sulla visione definitiva del Cristo risuscitato.  Ma non sopprime assoluitamente il dramma dell'esistenza umana.  L'inevitabile scelta tra il Bene e il Male (tra la Rivolta e l''Adorazione), portando con sè l'alternativa tra salvezza e dannazione, è costantemente evocata negli scritti teilhardiani, anche in quelli che non fanno appello direttamente alle luci della Rivelazione.  (...)   Io so che il disprezzo del soggetto del Padre Teilhard è frequente, tanto da parte di pretesi discepoli (il tale o talaltro, in lingua tedesca, tradiscono gravemente il suo pensiero) che da parte di certi detrattori.  E' per questo che mi semto obbligato a offrirLe umilmente   questa testimonianza.

Viene da qualcuno che non è particolarmente "teilhardiano", ma che ha conosciuto a sufficienza la persona e l'opera del Padre per avere la possibilità di non sbagliarsi gravemente sul loro soggetto.

Voglia gradire, Reverendissimo Padre, l'espressione del mio profondo rispetto e della mia dedizione.

In Cristo Gesù

Henri de Lubac

P.S. Ha citato, se ricordo bene, l'Inno alla Materia.  Posso attirare la Sua attenzione sul fatto che questo inno è spesso riprodotto in modo doppiamente imcompleto!  Da una parte, certi versetti sono omessi, quelli precisamente che evocano i pericoli della Materia, la necessità di lottare con lei e di resistere alle sue attrattive.  D'altra parte si dimentica di dire che serve da conclusione a uno studio simbolico sulla "Potenza spirituale della Materia", da cui risulta che questo inno è messo sulla bocca di un cristiano che è passato per  le tappe dell'aascesi e del sacrificio.  E' un pò nella stessa materia che San Giovanni della Croce scrive, parafrasando S. Paolo, "Miei sono i cieli, mia è la Terra..."

HDL

 
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Pillole di saggezza  2

Post n°71 pubblicato il 04 Settembre 2008 da bioantroponoosfera

"Dio, chino sulla creatura sofferente che sale fino a lui, si affaccia con tutte le sue forze per renderla felice e per illuminarla. Come una madre, egli scruta la sua creatura. Anche se i miei occhi ciechi non sanno percepirlo, anche se le mie orecchie sorde non sanno udirlo. Non è forse necessaria tutta la durata dei secoli, perché lo sguardo dell'umanità si apra alla luce, e le nostre orecchie si schiudano alla sua Parola? "

TEILHARD DE CHARDIN, PIERRE s.j.

(da : Come io Credo) 

 
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Cosmogenesis 2

Post n°72 pubblicato il 08 Settembre 2008 da bioantroponoosfera
Foto di bioantroponoosfera

Nel sito ECplanet.ch abbiamo trovato uin articolo di Alessio Mannucci dal titolo: Cosmogenesis 2.  Vi riproponiamo il punto in cui l’autore parla di padre Teilhard de Chardin

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IL PUNTO OMEGA

Secondo Padre Theilard de Chardin, l'Universo è una realtà dinamica, in movimento, in espansione e contrazione, in trasformazione, in evoluzione: una creazione continua. Una “cosmogenesi”, che si evolve in modo complesso. Se si eleva lo sguardo verso questo processo dell'evoluzione, secondo Padre de Chardin, si intravede una “moltitudine che si sta organizzando verso un qualcosa di nuovo che fa procedere l'evoluzione”. La nuova tappa del cammino dell'universo è la “noosfera”. Secondo Padre de Chardin, la stoffa dell'universo non è fatta di sola energia-materia, essa è materia e spirito, energia e interiorità. Perfino la materia inorganica ha una sua “interiorità”. La complessità crescente dell'universo in espansione e in accelerazione non è frutto della casualità, ma è centrata su un “disegno intelligente”, su un progetto: l'evoluzione della coscienza. La cosmogenesi è dunque in realtà una “noogenesi”, cioè la creazione di “coscienza”, di “spirito”, per mezzo di una complessificazione crescente. L'apice della evoluzione sulla Terra al momento è l'uomo, l'essere più complesso, con la coscienza più complessa. Ma, attraverso le risorse sempre più strettamente interconnesse e comunicanti (pensiamo alle comunicazioni interplanetarie ed a Internet), la coscienza umana si complessifica sempre più, creando una unione pensante e cosciente che sintetizza ed utilizza tutte le differenze. “...l'uomo scopre, per usare un'espressione forte espressione di Julian Huxley, di non essere altra cosa se non l’evoluzione divenuta cosciente di sé stessa” (“L'Ambiente Divino”). Gli esseri umani, con i loro pensieri, ma soprattutto con la loro coscienza, sono simili ai neuroni di un grandioso “cervello globale” o “mente planetaria”.

La biosfera si evolverà attraverso questo processo in noosfera. L'apice della ominazione sarà allora una super coscienza che straborderà oltre lo spazio-tempo, nell'Uno, il “Cristo Cosmico”, il Punto Omega, un polo di attrazione che attirerà a se la molteplicità e la incorporerà in un qualcosa di superiore e unitario. La via di salvezza all'angoscia esistenziale rispetto la nostra finitezza è quella di comprendere che l'Universo è qualcosa che evolve, dotato di una sorta di “sapienza sistemica”, di cui - come natura - facciamo tutti necessariamente parte.

IL PROGETTO DI DIO

“Cristo si è realizzato nell'evoluzione”.

Secondo Theilard de Chardin, il “Cristo Cosmico” si realizzerà nella evoluzione stessa. Tra i pochi a vedere nell'evoluzione scientifica un “segno divino”, il gesuita francese, che unì la passione religiosa a quella scientifica, tentando di riconciliare la teoria evoluzionista di Darwin con quella creazionista del Cristianesimo, attingendo anche alle idee sull' “evoluzione creatrice” di Bergson, giunse a preconizzare l'avvento di una “mente planetaria”, o meglio, una “rete nervosa planetaria” (noosfera) ,che raggiungerà il cosiddetto “Punto Omega” (“Ad quem omnia tendunt”), cioè l'unione con il “Cristo Cosmico”. Questa idea di singolarità “tecno-mistica” e di “escatologia cosmica”, con una forte aspettativa messianica, tende a considerare gli esseri umani, con i loro pensieri, con la loro coscienza, simili ai neuroni di un grandioso “cervello globale” dal quale emergerà la “coscienza di Cristo”. In seguito, le idee di De Chardin influenzeranno profondamente Marshall McLuhan e tutta la “sociologia globale” successiva. In particolare, il francese Pierre Lévy, studioso di temi antropologico-culturali legati allo sviluppo della realtà virtuale, che nel saggio “Le Tecnologie dell'Intelligenza. Il Futuro del Pensiero nell'Era dell'Informatica” (Synergon, Bologna, 1992) descrive il ciberspazio come una sorta di doppio virtuale di Gaia, il pianeta vivente, e il luogo di condensazione di uno “Spirito della Terra” che raccoglierà in sé la totalità delle intelligenze organiche e inorganiche.

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Alessio Mannucci

www.ECplanet.ch

 

 
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Post N° 73

Post n°73 pubblicato il 08 Settembre 2008 da bioantroponoosfera
Foto di bioantroponoosfera

TEILHARD DE CHARDIN PIERRE. 

I. Vita e opere. Nasce a Sacernat (Auvergne) nel 1881. Entra nella Compagnia di Gesù nel 1899, ove segue gli studi di filosofia e di teologia. Ordinato sacerdote nel 1911, insegna geologia e paleontologia all'Istituto cattolico di Parigi dal 1920 al 1923. Fino al 1946 soggiorna a lungo in Oriente, anche se trascorre diversi periodi di studio negli Stati Uniti e in Somalia. Nel 1923 scopre la civiltà paleolitica degli Ordos, poi partecipa in Cina, nel 1926, alle ricerche che conducono alla scoperta del sinantropo. Rimpatriato nel 1946, torna di nuovo negli Stati Uniti per essere incaricato di diverse spedizioni antropologiche nell'Africa settentrionale. Rimosso dall'insegnamento per le sue idee avanzate, muore a New York nella Pasqua dell'aprile del 1955. La sua produzione letteraria, molto vasta, è stata conosciuta quasi tutta dopo la sua morte. I suoi scritti in ordine di composizione sono: Le milieu divin (1926‑1927), Le phénomène humain (1938‑1940, 1947‑1948), Le groupe zoologique humain (1949). L'edizione delle Oeuvres, a cura di C. Cuénot, comprende finora, oltre le tre citate (Paris 1955: Phénomène, 1957: Le milieu divin, 1963: La place de l'homme dans la nature. Le groupe...), le seguenti raccolte di scritti: L'apparition de l'homme, 1959; L'énergie humaine, 1962; L'activation de l'énergie, 1963; Science et Christ, 1965; Hymne de l'univers, 1961; Ecrits du temps de la guerre (1916‑1919), 1965; Lettres de voyage (1923‑1936) e Nouvelles lettres de voyage (1939‑1955), 1956‑1957 (ried. in un vol., 1961; Genèse d'une pensée (Lettres 1914‑1919), 1961; Lettres à Léontine Zanta (1923‑1939), 1965; Lettres d'Hastings et de Paris (1908‑1914), 1966; Lettres d'Egypte (1903‑1908), 1963; la corrispondenza con Blondel e Accomplir l'homme: antologia di lettere inedite a due amiche non cristiane [1926‑1952], 1968.

II. Insegnamento mistico. Nel suo volume Il fenomeno umano e in altri scritti, T. ha messo in evidenza una visione e un significato cristocentrico della realtà cosmica:  Cristo, alfa e omega, illumina l'inizio e la fine dell'universo e dell'umanità verso i cieli nuovi e la terra nuova. Nell'Ambiente mistico e soprattutto nell'Ambiente divino addita in Cristo il valore della vita quotidiana dell'uomo, con il suo agire creativo individuale e sociale, le sue angosce, lotte, dolori e la stessa morte. In ogni istante « se avremo svolto in tutti i campi la nostra più ingegnosa operosità, Iddio si comunicherà a noi nella sua pienezza ».

Testo ispiratore di tale concezione è quello di  Paolo: « Il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro, ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio » (1 Cor 3,22‑23). Per T., come per Paolo, l'unione del credente con Cristo è tanto intensa e intima da superare qualsiasi altra unione fisica o sociale, cui la nostra mente può far riferimento per cercare di capirla. Grazie all'Incarnazione, Cristo è il « Centro attivo », il « Legame vivente », l'« Anima organizzatrice del tutto ». Egli assomma nel suo  Corpo mistico tutto il valore di chi vive, opera e soffre in unione con lui. Si tratta della prospettiva mistica « di uno stato d'unione di chi vive nel Corpo mistico di Cristo ».

Nella serie immensa delle influenze cosmiche, di cui è ricettore e costruttore insieme, l'uomo riassume in sé l'universo innanzitutto con il suo essere, frutto e sintesi di creazione divina e di lunga evoluzione; poi con la conoscenza sensibile e spirituale che acquisisce dell'universo; e infine, con la  volontà, la dedizione e l'amore orientati a sviluppare e a perfezionare se stessi e ogni cosa in Cristo. Cosmologia, antropologia e cristologia dinamica vengono per libero volere di Dio collegate con l'Incarnazione del Verbo, che si attualizza nella visibilità della storia mediante la  Chiesa, Corpo mistico. « In ogni singolo uomo Dio ama e salva parzialmente il mondo intero che quell'uomo riassume in sé in maniera particolare e incomunicabile ». Perciò, qualunque cosa facciamo sotto l'impulso di Cristo, riportiamo a Dio un frammento del mondo, perché tutto sia in lui compiuto.

Si verifica, così, nella storia un movimento di discesa del Verbo incarnato nell'universo per diventarne il centro di unificazione e insieme di ritorno al  Padre. L'uomo, al quale in un primo stadio ogni realtà creata è orientata, viene a sua volta in qualche modo assunto nel « Verbo fattosi carne » (cf Gv 1,14), perché tutto gradualmente ritorni con lui al Padre alla fine dei tempi.

Esprimendo con linguaggio nuovo, perciò qualche volta equivocato da chi fosse abituato ad una terminologia standardizzata da secoli, ma ora per i più incomprensibile, T., in base ai dati di fede della creazione, dell'Incarnazione e del Corpo mistico, parla dell'esito di tutto da Dio e del suo ritorno a lui mediante l'uomo e Cristo. Perciò l'uomo con l'aiuto della  grazia perfeziona se stesso e l'universo per farne in Cristo un'offerta al Padre e preparare la Gerusalemme celeste. Quanta più perfezione avremo conferito all'universo e quanti più valori morali avremo raccolti in noi stessi e, di conseguenza, nel Corpo mistico di Cristo, tanto più la nostra offerta sarà ricca e destinata a conservare un valore eterno.

T. cerca di evitare ogni dualismo separatore tra naturale e soprannaturale, pur soddisfacendo in pieno le esigenze della fede per quanto riguarda la distinzione del naturale dal soprannaturale, e la gratuità di quest'ultimo. Tale mistica dell'Incarnazione, intesa come partecipazione alla pienezza del mistero di Cristo e comunione di amore con Dio e con i fratelli, fa sì che la storia del  mondo e della Chiesa venga a intrecciarsi in modo indissolubile con quella di Cristo, del singolo individuo e dell'intera società. Chiamato da Dio a un dialogo personale, che lo rende partecipe in maniera analoga e creata della stessa vita trinitaria, l'uomo muore spiritualmente con Cristo per risorgere immediatamente in lui alla vita della grazia. Resta, però, in attesa di assimilarsi totalmente a Cristo nell'annientamento della morte che, mentre raggiunge l'abbandono totale cui sfugge ogni appoggio umano e terrestre, segna anche l'inizio della glorificazione con Cristo prima nella  visione beatifica, poi nella risurrezione finale, quando anche il mondo fisico non gemerà più nell'attesa, ma sarà per sempre rinnovato (cf Rm 8,19‑25).

La vita cristiana non è rassegnazione passiva, ma conformazione dinamica al Cristo che, presente e operante in mezzo a noi con la sua  Parola, i suoi  sacramenti e la sua  Eucaristia, plasma noi e tutto il creato attraverso la forza del suo  Spirito.

T. non espone solo una sua esperienza spirituale e « mistica »: alla base di questa concezione unitaria c'è l'autentico dogma cristiano presentato, spesso solo con accenni, in maniera brillante, immaginifica, attraente e scevra di formule astratte. Egli ha compiuto un grandioso tentativo di riconciliare il mondo contemporaneo, pieno di fiducia nella scienza, con i dati della fede partendo anche da un'inchiesta scientifica e utilizzando un metodo piuttosto fenomenologico. Naturalmente egli non era un filosofo e teologo di professione e per di più ha scritto moltissimo, rivedendo e correggendo sempre le sue idee in saggi non sempre destinati alla pubblicazione. Il suo sforzo di sintetizzare il cristianesimo in poche idee basilari, in una concezione globale cosmica, antropologica, cristologica ed ecclesiologica, lo ha esposto a qualche formulazione ambivalente, senza che egli ne prevedesse tutte le implicanze. Occorre perciò interpretare le sue immagini e le sue espressioni poco chiare con altri testi indiscutibili, tenendo presente la sua vita pienamente coerente con gli insegnamenti della Chiesa. Il dibattito suscitato intorno al suo pensiero ha contribuito a sensibilizzare la riflessione teologica sull'attività umana, la cristologia e l'escatologia, e a preparare quanto dirà più tardi la Gaudium et Spes (33‑39) sull'attività umana nell'universo in attesa che « il regno di Dio, già presente sulla terra nel mistero, giunga a perfezione con la venuta del Signore ».39

Bibl. Una bibliografia completa di e su Teilhard si trova in R. Gibellini, Teilhard de Chardin l'opera e le interpretazioni, Brescia 19923, 277‑292. Studi: L. Cognet, Le père Teilhard de Chardin et la pensée contemporaine, Paris 1956; G. Cuénot, L'evoluzione di Teilhard de Chardin, Milano 1962; H.D. Egan, Pierre Teilhard de Chardin, in Id., I mistici e la mistica, Città del Vaticano 1995, 619‑635; R. Faricy, Sono con voi ogni giorno. La dottrina spirituale di Teilhard de Chardin, Milano 1982; H. de Lubac, Il pensiero religioso di Teilhard de Chardin, Brescia 19722; Id., Il «credo» di Teilhard nel mondo, Brescia 19662; P. Noir, s.v., in DSAM XV, 115‑125; E. Rideau, La pensée du Père Teilhard de Chardin, Paris 1965; P. Sciadini, s.v., in DES III, 2444‑2449; F.A. Viallet, L'univers personnel de Teilhard de Chardin, Paris 1956; G. Vigorelli, Il gesuita proibito. Vita e opere di p. Teilhard de Chardin, Milano 1965.

A. Marranzini 

in AAVV DIZIONARIO DI MISTICA, Libreria Editrice Vaticana 1998

anche  in : Mistici Online

 

 

 

 

 
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PER INCISO

Post n°74 pubblicato il 08 Settembre 2008 da bioantroponoosfera

Normalmente, quando si parla o si scrive di Teilhard c'è  sempre qualche "teologo", qualche cattolico e anche qualche sacerdote che salta su e dice: mai parlare e leggere di Teilhard: c'è il Monitum! ( a proposito del Monitum vi invito a leggere lo studio del Prof. Fabio Mantovani sulla necessità di superare il Monitum ( e l'ostracismo della Chiesa n.d.r.) pubblicato sul sito www.biosferanoosfera.it)

D'altra parte ci sono anche Cardinali, Vescovi e tanti teologi e scienziati cattolici,che parlano sottovoce di Teilhard, per non farsi scoprire pro-Teilhard e a volte "rubacchiano quà e là" fette di pensiero spacciandole per farina del loro sacco per non dire, finalmente che Teilhard aveva ragione.  Effettivamente, come dice  il  Cuenot, suo biografo ufficiale, in lui l'homo sapiens ha fatto un balzo da gigante. (andatevi a rileggere le dichiarazione di Toynbee  pubblicate in questo blog)

A questo proposito vedere sempre sul sito www.biosferanoosfera.it, la recensione di un volume del Cardinale di Vienna che parla di Teilhard. Il libro è anche stato tradotto in italaiano, ma nessuno si è sentito in dovere di riportare lo scritto su  Teilhard. Quello che ci sorprende è che le agenzie cattoliche , sempre pronta a dare spazio al Cardinale di Vienna nell'ambito del dibattito evoluzione, creazione e disegno intelligente non si siano  sentita in dovere  di pubblicare la posizione del Cardinale su Teilhard de Chardin.

Ma la sorpresa più grande è quella che l'attuale papa, quando era cardinale, citava spesso Teilhard nei suoi discorsi e nei suoi scritti. Ma ora che è Papa, non parla più di Teilhard. E' forse disdicevole?  Oppure riammettere Teilhard siginfica, per la Chiesa Cattolica, riscrivere molti dogmi ormai vecchi quanto matusalemme e lontani dal popolo di Dio mille anni luce?

E' ora finelmente di dare a Teilhard quel posto che gli spetta di diritto tra i figli prediletti della Chiesa.

Ma quello che ci consola è che qualcuno, all'interno del Vaticano se ne sbatte del Monitum e in pubblicazioni ufficiali parla di Teilhard nei termini giusti senza polemiche e riconoscendogli il tentativo riuscito di indicare la via dell'unione dell'umanità nella Chiesa e indicando la strada maestra, in accordo con i Padri della Chiesa e con San Paolo e San Giovanni, per ricongiungere l'umanità al suo creatore Cristo Gesù.

TUTTO CIO' CHE SALE   CONVERGE.

Il testo pubblicato nel messaggio precedente è come avete visto  in uno dei DIZIONARI, oltre quello teologico, editi dalla Editrice Vaticana,  dove la presenza dell'opera e del pensiero di Teilhard è presente è valorizzata degnamente riscattando appena una piccola parte della sofferenza che Padre Teilhard ha dovuto subire e vivere per colpa della Sua Chiesa.

Giovanni

 
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Post N° 75

Post n°75 pubblicato il 12 Settembre 2008 da bioantroponoosfera
Foto di bioantroponoosfera

Ancora una volta una visita fruttuosa alla bancarella di libri usati.  Ho preso tra le mani un libro di Georg Popp: I grandi della fede- I personaggi che hanno segnato il cammino dell’umanità, edito dalla Piemme nel 1992. Alle pagine 235-242 ho trovato il capitolo dedicato a Teilhard de Chardin che vi ripropongo.

 

 

TEILHARD DE CHARDIN

L’uomo di fede di fronte alla scienza

 

 

Con grandi sforzi due uomini e una donna si aprivano  una strada attraverso la giungla, dove la natura era perfettamente intatta; avanzavano faticosamente, camminando lungo un corso d’acqua che attraversava quella zona selvaggia dell’India.  Il sudore imperlava la loro fronte, ma Teilhard, uno dei tre, non per questo si arrestava; gli altri due erano il suo amico Helmut de Terra e sua moglie Rhoda.  Erano tutti e tre paleontologi e studiavano la preistoria.

Anche in quel momento erano in cammino verso caverne che un tempo erano abitate dall’uomo.  Teilhard aveva il desiderio irrefrenabile di scoprire la vera origine della storia umana; per raggiungere questo obiettivo era pronto a superare qualunque ostacolo.  Pochi anni prima, nel 1930, aveva fatto parte della spedizione che aveva scoperto l’Uomo di Pechino, un antenato molto remoto della nostra specie.  I più famosi studiosi di preistoria avevano sempre gradito molto la partecipazione di Teilhard ai loro viaggi di ricerca. Stimavano la sua disponibilità e quella mancanza di pretese personali, che gli era propria in quanto membro di un ordine religioso: era infatti un gesuita.  Apprezzavano inoltre il suo zelo scientifico e la sua costanza, doti che vangono solitamente riconosciute ai sacerdoti della Compagnia di Gesù.

Helmut de Terra ammirava quest’uomo che con i suoi cinquantaquattro anni era ancora così pieno di energie e dedicava tutta la sua vita a Dio e alla scienza.  Infatti in quanto appartenente ad un ordine religioso non aveva né famiglia né  proprietà ed era perciò libero di dedicarsi completamente ai fini che si era prefissi.  Per raggiungerli sembrava dimenticare tutto, per esempio, in qual momento  il fatto che si sarebbe potuto fare finalmente una pausa.

“Pierre, -  gli gridò Helmut – non possiamo riposarci un po’? Anche Rhoda  è piuttosto stanca”.  Teilhard vi voltò, si asciugò la fronte e disse ridendo:” Si, ha ragione, e siamo anche perfettamente in orario”.  Si mise a sedere su un sasso coperto di muschio.  Con i suoi pantaloni color caki, ormai sporchi,non sembrava davvero un sacerdote.  Tuttavia chi lo conosceva più da vicino avvertiva che era costantemente unito a Dio nella preghiera.  Anche la sua passione per la scienza e la ricerca della verità derivavano evidentemente da questo amore per Dio.

“Mi dica un po’ – prese a dire Rhoda de Terra in tono interrogativo – come riesce a conciliare due realtà così diverse?  Lei è un sacerdote cattolico convinto, un gesuita e nello stesso tempo è un ricercatore di livello mondiale.  Negli ultimi ottant’anni a partire da Darwin la scienza si è andata progressivamente allontanando dalla Chiesa, e la Chiesa si è comportata allo stesso modo!  Lei, in quanto scienziato di indiscussa serietà, come può credere ancora alla Bibbia e ai racconti di Adamo ed Eva..?”

Teilhard si mise a ridere, subito però si rifece serio e assunse un’espressione quasi preoccupata “Si, ha ragione. Tutto fa credere che si debba scegliere tra scienza e fede.  La religione e la scienza sembrano contrapporsi senza possibilità di conciliazione.  Da ragazzo non scorgevo in ciò nessun problema.  Mio Padre mi conduceva con sé durante le sue escursioni attraverso i boschi della mia patria francese  Raccoglievamo pietre e stavamo ad ascoltare il canto degli uccelli.  Ho sempre amato la natura.  Mia Madre mi insegnò a parlare con Dio…”

“Mas allora Lei era diviso in due!” “No, al contrario! io vedevo la grandezza e l’amore di Dio nella bellezza della natura ed ero affascinato dall’idea che nell’universo nulla avviene per caso.  Chi conosce la natura avverte un profondo senso di protezione e percepisce che essa è “governata” da Qualcuno.

Se Dio non sostenesse l’universo, tutto sarebbe privo di significato e la natura non potrebbe ispirare all’uomo fiducia.

Se riflettiamo sulle origini della vita sulla terra scopriamo che l’evoluzione compie sempre un movimento ascendente: prima c’era la materia inanimata; poi si sviluppa la vita e alla fine venne  l’uomo. cioè un essere vivente animato dallo spirito, una persona.  In termini scientifici questo fenomeno si chiana evoluzione:  il regno animale si suddivide in molte specie, che derivano l’una dall’altra.  Nel complesso si può tuttavia individuare un movimento finalizzato verso l’alto, quasi un asse che porta all’uomo”.

“ La Chiesa però nega la teoria evoluzionistica!” esclamò la signora.  “Io direi piuttosto –riprese  Teilhard  - che la Chiesa non ha ancora perfettamente “digerito” questa teoria; parla però chiaramente di un movimento rivolto verso l’alto.  Sostiene  inoltre che la natura persegue uno scopo e che tutto è orientato ad un fine e tende a Dio,  oppure precipita nel vuoto. L’evoluzione stessa dimostra che esiste un fine ultimo.  La natura non farebbe ad esempio insorgere lo stimolo della sete se non ci fosse l’acqua.  L’uomo dunque  è alla ricerca di un significato dell’esistenza proprio perché esso esiste davvero”.

Su tutto ciò Rhoda de Terra  poteva anche essere d’accordo: se la materia e la vita subiscono un’evoluzione finalizzata verso l’alto, allora questo fine che sta al di sopra del mondo, ovvero Dio, deve esistere.  Poiché però c’era un aspetto che ella continuava a non capire, obiettò: “Tuttavia ciò che la Bibbia afferma della creazione non può essere conciliato con l’evoluzione”.  Teilhard non potè fare a meno di sorridere sotto i baffi; era troppi ad avere questa strana idea.

“E perché non potrebbe essere conciliato? - - rispose – Guardi, la Bibbia non vuole mica insegnare le scienze naturali, questo è compito degli scienziati.  La Sacra Scrittura ci rivela che Dio è l’origine e il fine della nostra vita.  Il mondo e la vita hanno un senso solo se esiste Dio.  Dunque io cerco di vivere insieme con lui: è verso di Lui che voglio orientare la mia vita, esattamente come tutta la natura compie un moto evolutivo verso l’alto.  Per questo la Bibbia rivela che Dio è all’origine di tutto l’universo che ha creato; poi racconta anche che un tempo gli uomini hanno cercato di vivere uniti a Lui, come fecero Abramo, Mosè ed altri ancora”

 

(segue al prossimo messaggio)

 

 
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Post N° 76

Post n°76 pubblicato il 12 Settembre 2008 da bioantroponoosfera

(segue dal precedente massaggio – Teilhard de Chardin – L’uomo di fede di fronte alla scienza)

 

“Dio dunque – continua Teilhard – sorregge e governa il mondo fin dall’inizio e nel suo amore tutto è al sicuro.  E’ questo il messaggio che ci trasmettono le pagine della Bibbia, scritte naturalmente secondo la mentalità e la lingua del tempo in cui furono redatte”.  “Però nella Bibbia c’è scritto che noi discendiamo da Adamo ed Eva – replicò la signora – e questo non è vero!”.

“Noi oggi – prosegue Teilhard – non siamo più in grado di comprendere il linguaggio dei simboli, che pure esistono anche in relazione a semplici esperienze di vita quotidiana.  Quando, per esempio, Lei osserva un’opera d’arte non dice: questa statua mente perché fa finta di essere di carne, mentre invece è di pietra.  Oppure quando si espime per mezzo di un proverbio, come ad esempio: la mela non cade mai lontano dall’albero, non intende parlare propriamente della frutta della pianta, ma allude al rapporto che intercorre tra un padre ed un figlio.  In questa situazione lei riesce intuitivamente a capire il messaggio dei simboli, mentre Le è praticamente impossibile comprenderlo in relazione alla Bibbia”.

“ la Sacra Scrittura è un’opera d’arte ed è così che deve essere letta. Essa afferma che l’umanità ha in comune una coppia di genitori. Ciò significa che noi uomini siamo tutti parenti e apparteniamo alla stessa specie, siamo tutti sulla stessa barca; questo soprattutto al giorno d’oggi, Le dovrebbe essere più evidente che mai. Ciò che accade al mio vicino o agli uomi8ni che vivono in Africa riguarda anche me. E’ questo il messaggio della Bibbia quando parla dell’umanità come di una famiglia nata da un’unica coppia di genitori”.

Rhoda de Terra era affascinata: “Se questo è il significato della Scrittura – esclamò – allora il suo simbolismo è bellissimo. Perché non ce lo spiega nessuna?”  Teilhard sorridendo disse :2Bene, un pochino bisogna anche sforzarsi da soli nel capire i testi sacri.  Ma credo che dobbiamo rimetterci in cammino, altrimenti non ce la faremo ad arrivare prima che faccia buoi2:

Rimisero gli zaini in spalla e ripresero la marcia.  Helmut de Terra non aveva partecipato al dialogo, era solo stato a sentire.  Ora pensava che Teilhard era in un certo senso da invidiare: egli infatt5i sapeva con chiarezza per che cosa viveva e lavorava e certamente ciò gli dava anche la forza di sopportare tante difficoltà  Se tutta la storia universale ha un senso, allora vale ovviamente la pena di vivere. Teilhard era chiaramente consapevole di essere diretto verso Dio insieme a tutta la natura.

I tre scienziati furono finalmente in vista delle caverne, la meta della loro marcia.  Prepararono i giacigli per la notte; mentre Helmut e Rhoda de terra si addormentarono esausti per la fatica, Teilhard accese una torcia e si diresse verso quelle  caverne che molto tempo addietro  erano state abitate dagli uomini.  Voleva stare solo con la sua millenaria storia dell’umanità e con Dio.

Un brivido gli attraversò la schiena mentre varcava l’ingresso della caverna che il baluginare della fiaccola rendeva ancora più spettrale.  Si inginocchiò per terra per raccogliere una piccola pietra apparentemente insignificante. In realtà, tanto tempo fa qualcuno l’aveva affilata per farne una lama…

Teilhard cominciò a pensare e a pregare così:” Mio Dio, la storia degli uomini è sconvolgente!  I nostri attrezzi e i nostri strumenti sono di gran lunga più efficienti di quelli di un tempo; però i problemi e le preoccupazioni della vita non sono cambiati attraverso i millenni.  I cataclismi naturali, le malattie, la morte, la felicità, la sofferenza, l’amore e l’odio hanno sempre toccato l’uomo.  E l’uomo ha sempre saputo che tutto passa, tranne te.  Si, o Signore, solo chi edifica su di tè può trovare stabilità, pace e felicità.  Tu sei il fine ultimo di tutto l’universo.  Tu solo se anche il fine della mia vita.  I nostri antenati hanno levato a te le loro preghiere in questa caverna così come sto facendo anch’io in questo momento.  Sapevano di essere una cosa sola con il cosmo, con gli animali e con tutte le creature e di starei tutti sotto la tua protezione.

Oggi chi guida la Chiesa ha difficoltà ad accettare la teoria dell’evoluzione e molti non capiscono il senso delle mie ricerche.  Ma tu sai che io faccio tutto questo soltanto per mostrare all’uomo la verità su se stesso.  Voglio fargli capire che tu sei il suo  fine.

Il mondo scientifico stima il mio lavoro. Tuttavia i miei superiori, all’interno della Chiesa, mi proibiscono di pubblicare l’esito dei miei studi.  E’ una situazione che mi procura molta amarezza, perché  so che non potrò vedere il futuro delle mie ricerche, della mia vita.  Perché accade questo?  Perché spesso la Chiesa aspetta che passi il tanto tempo prima di accettare qualcosa?  So, o Signore, che la verità non ha bisogno che io le procuri la vittoria.  Tu puoi farla vincere, anche se io non vedrò più il suo trionfo.  Il  problema è la verità, non il mio successo, tuttavia mi costa molto dover accettare tutto ciò”.

Teilhard  era sempre inginocchiato per terra, sulle pietre dure e fredde.  Gli capitava spesso di lottare con se stesso, come stava facendo anche ora.  Alcune persona all’interno della Chiesa gli rendevano difficile la vita perché ritenevano pericolose le sue teorie, e non ne capivano affatto il significato.  Ciononostante egli non aveva mai pensato di allontanarsi dalla Chiesa; voleva aiutarla a ”capire” e non contrastarla.

“Si tratta di te, o Cristo.  >Sei tu che io voglio servire anche a prezzo di gravi sacrifici personali – ricominciò a pregare - . Prima o poi la Chiesa e la Scienza riconosceranno che l’evoluzione della materia verso la vita, e la vita verso lo spirito ha te come unico fine.  Tutto tende verso di te, o Cristo.  La Chiesa conosce te, il fine, ma non l’evoluzione.  La scienza conosce l’evoluzione, lo sviluppo, ma non conosce te, il fine.  Io amo la scienza e questo mondo perché amo te, che sei il mio Signore.  Se al di là dell’evoluzione non ci fossi tu, ma il nulla, allora non potrei amare questo mondo.  Ma tu attiri tutto a te, nell’immensità del tuo amore.  Camminare con la natura e con tutto l’universo per raggiungere te: questo è il senso della mia vita “

 

DIETER BOHLER

in Georg Popp, I grandi della fede – i personaggi che hanno segnato il cammino dell’umanità, Edizioni Piemme 1992

 
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Post N° 77

Post n°77 pubblicato il 12 Settembre 2008 da bioantroponoosfera

La lezuione di Teilhard de Chardin

 

“Ciò che diviene non può nascere che dalla fedeltà a ciò che è”

 

In questi giorni ad opera di uno dei più autorevoli  esponenti dell’attualismo, Ugo Spirito, torna a delinearsi in termini di contrapposizione la scienza e la fede.  Un giovane universitario, Mario Lancillotti, ci scrive,  accorato,  ponendoci una domanda: “ è dunque passata invano la lezione di illustri ricercatori che in sé hanno conciliato e celebrato le due entità, e fra di essi la famosa esperienza di Teilhard de Chardin, del quale troppo rapide e frammentarie appaiono le frequenti  citazioni e molto scarse le notizie ?”  Il nostro amico ha ragione.  Egli certo avrà letto l’opera monumentale del Prof. Ferdinando Ormea sul gesuita francese:” Guida al pensiero scientifico e religioso”.  Ma con ogni  probabilità il nostro interlocutore intende riferirsi più che alle nozioni strettamente tecniche a quelle biografiche e ambientali in cui  potè maturare  la cosmica avventura.

E’ una “curiosità” legittima che i precipitosi apologeti hanno smorzato e gli indiscriminati detrattori hanno sviato.  Bisognerà accompagnarsi a qualcuno dei suoi compagni o discepoli – Jean Guitton per esempio – per tentare di ricostruire le linee essenziali del misterioso personaggio.  In apparenza è profondamente triste la fine di Teilhard.  E’ solo nella metropoli di New York. Aprile 1955.  Eppure una luce vividissima traspare dal suo sguardo.  Colui che aveva personificato la travagliata alleanza fra il misticismo poetico della natura francescana e l’audace impresa di Prometeo, l’incontro fra la “cosmogenesi” e la “cristogenesi”, sentiva di essere appagato nell’aspirazione da lui espressa quando scrisse: “ Mi piacerebbe morire nel giorno della Resurrezione.  Signore, con tutto il mio istinto e in tutte le occasioni della mia vita, io non ho  mai cessato  di mettervi al centro della materia; vorrei avere la gioia di chiudere gli  occhi nello splendore dell’ universale trasparente”.   E la risposta gli era stata data puntualmente nell’alleluia pasquale, passaggio dal tempo all’eternità.   Che importa se nella Cappella della Park Avenue i funerali di terza classe, privi di ceri e di fiori, si svolgeranno alla presenza di qualche isolata persona;  che importa se nel cimitero di Saint-Andrew, la sua salma sarà inumata nell’erba e con una lapide recante le date della triplice ascesa del transito terreno.

 

(Rodolfo Arata, segue nel prossimo messaggio)

 
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RIFLESSIONI TEILHARDIANE

"  La verità non è asltro che las coerenza totale dell'Universo in rapporto ad ogni suo punto.  Perchè dovremmo mai avere in sospetto o sottovalutare tale coerenza, per il solo fatto che siamo noi stessi gli osservatori?  Si continua ad opporre una certa illusione antropocentrica a una certa realtà obiettiva.  E' una distinzione illusoria.  La verità dell'Uomo è la verità dell'Universo per l'Uomo, cioè sempliceemente,  la Verità "   

                                                                                                                                                          

 

" Senza che si possa dire per ora in quali termini esatti, ma senza che vanga perduto un solo frammento del dato, sia rivelato che definitivamente dimostrato, sul problema scottante delle origini umane, l'accordo si farà senza sforzo, a poco a poco, tra la Scienza e il Dogma.  Intanto, evitiamo di respingere anche il minimo raggio di luce, sia da una parte che dall'altra.  La fede ha bisogno di tutta la verità". (da Les Hommes fossiles, marzo 1921) 
 
" Inventariare tutto, provare tutto, capire tutto. Ciò che è in alto, più lontano di quanto è respirabile, e  ciò che è in basso, più profondo della luce.  Ciò che si perde nelle distanze siderali, e ciò che si dissimula sotto gli elementi... Il sole si alza in avanti... Il Passato è una cosa superata...  La sola scoperta degna dei nostri sforzi è come costruire l'Avvenire". (La découverte du passé, 5 settembre 1935)
 

"...Si potrebbe dire che oggi, come ai tempi di Galileo, ciò che più occorre per percepire la Convergenza dell'Universo, non è tanto la scoperta di fatti nuovi (ne siamo accerchiati, da restarne accecati) quanto un modo nuovo di guardare e accettare i fatti.

Un nuovo modo di vedere, connesso con un nuovo modo di agire: ecco ciò di cui abbiamo bisogno...  Dobbiamo prendere posizione e metterci all'opera, presto-subito " (La Convergence de l'Univers,23 luglio 1951)

 
"  Chiniamoci dunque con rispetto sotto il soffio che gonfia i nostri cuori per le ansie e le gioie di "tutto tentare e di tutto trovare".  L'onda  che sentiamo passare non si è formata in noi stessi.  Essa giunge a noi da molto lontano, partita contemporaneamente alla luce delle prime stelle.  Essa ci raggiunge dopo aver creato tutto lungo il suo cammino.  Lo spirito di ricerca e di conquista è l'anima permanente dell'Evoluzione" (Il Fenomeno Umano 1940)
 

" ...Sento, come chiunque altro, quanto sia grave per l'Umanità il momento che stiamo attraversando...  E tuttavia un istinto, che si è sviluppato al contatto con il grande Passato della Vita, mi dice che la salvezza per noi è nella direzione stessa del pericolo che ci spaventa tanto...  Come viaggiatori presi nel flusso di una corrente, vorremmo tornare indietro.  Manovra impossibile e fatale.  La nostra salvezza è più in là, oltre le rapide.  Nessun ripiegamento. Ma una mano sicura al timone, e una buona bussola..." ( Esquisse d'un Universe personnel, 4 maggio 1936) 

 
" L'Energia diventa Presenza...  Sembrerebbe che un solo  raggio di una tale luce, cadendo come una scintilla in qualsiasi punto della Noosfera, dovesse provocare un'esplosione abbastanza forte da incendiare e rinnovare quasi di colpo la faccia della Terra. Allora, come è possibile che, guardando attorno a me, è ancora tutto inebriato di ciò che mi è apparso, io mi trovi pressochè solo della mia specie?  Solo ad aver "visto"?...  Incapace, quindi, quando me lo si chiede, di citare un solo autore, un solo testo, in cui si riconosca, chiaramente espressa, la meravigliosa "Diafania" che, per il mio sguardo, ha trasfigurato tutto ?"  (Le Christique, marzo 1955) 
 
....IN QUESTA APERTURA VERSO QUALCHE COSA CHE SFUGGE ALLA MORTE TOTALE, L'EVOLUZIONE E' LA MANO DI DIO CHE CI RICONDUCE A  LUI . ( La Biologie, poussee à fond,peut-elle nous  conduire à èmerger dans le transcendant?  Maggio 1951)
 

Di colui che pronuncerà queste parole nell'Aeropago, ci si burlerà come d'un sognatore e lo si condannerà. "Il senso comune lo vede, e la scienza lo verifica: nulla si muove", dirà un primo Saggio. "La filosofia lo decide: nulla può muoversi", dirà un secondo Saggio.  "La religione lo proibisce: nulla si muova", dirà un terzo Saggio. Trascurando questo triplice verdetto, "colui che ha visto" lascerà la piazza pubblica, e tornerà nel seno della Natura ferma e profonda. Là, immergendo lo sguardo nell'immensa ramificazione che lo sorregge e i cui rami si perdono molto lontano al di sotto di lui, in mezzo all'oscuro Passato, egli colmerà ancora una volta la sua anima della contemplazione e del sentimento d'un moto unanime e ostinato, inscritto nella successione degli strati morti e nella distribuzione attuale di tutti i viventi. -Volgendo allora lo sguardo al di sopra di lui, verso gli spazi preparati per le nuove creazioni, egli si consacreà corpo e ed anima, con fede rinsaldata, a un Progresso che trascina e spazza via persino coloro che non ne vogliono sapere. E, con tutto il suo essre fremente di ardonre religioso, lascerà salire alle proprie labbra, verso il Cristo già risorto ma ancora imprevedibilmente grande, questa invocazione, sommo omaggio di fede e d'adorazione: "Deo ignoto" [Al Dio ignoto] (L'avenir de l'homme, note sur le Progrès, 10 agosto 1920, Le Seuil, pp. 35-37)

 

" Adesso che, attraverso tutte le vie dell'esperienza, l'Universo comincia a crescere fantasticamente ai nostri occhi è ceramente giunta l'ora per il Cristianesimo di destarsi ad una consapevolezza precisa di ciò che il dogma dell'Universalità di Cristo, trasposto in quelle nuove dimensioni, suscita di speranze pur sollevando al tempo stesso certe difficoltà.

Speranze, certo, poichè, se il Mondo diventa così formidabilemte vasto e potente, vuol dire che il Cristo è ancor ben più grande di quanto noi pensassimo.

Ma le difficoltà, poichè, alla fin fine, come concepire che il Cristo s'"immensifichi" secondo le esigenze del nostro nuovo Spazio-Tempo senza simultaneamente, perdere la sua personalità adorabile e, in qualche modo, volatilizzarsi?

Ed è qui che risplende la stupenda e liberatrice armonia tra una religione di tipo cristico e un'Evoluzione di tipo convergente (Le Cristique, 1955)

 

" Nel Cuore della Materia.

   Un Cuore del  Mondo,

    Il Cuore d' un Dio"

        (da Le  Coeur de laMatiere, 30 ottobre 1950)

 
" Nella peggiore delle ipotesi, se ogni possibilità futura di parlare e di scrivere si chiudesse davanti a me, mi rimarrebbe, con l'aiuto di Gesù, quella di compiere questo gesto, affermazione e somma testimonianza della mia fede: scomparire,m inabissarmi in uno spirito di Suprema Comunione con le forze  cristiche  dell'Evoluzione  (da Note di esercizi spirituali, 22 ottobre 1945) 
 
 
 

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