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SALVATORE QUASIMODO VITA E OPERE

Post n°454 pubblicato il 12 Novembre 2013 da blogtecaolivelli

Salvatore Quasimodo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Niente fonti! Questa voce o sezione sull'argomento poeti italiani non cita alcuna fonte o le fonti presenti sono insufficienti. Puoi migliorare questa voce aggiungendo citazioni da fonti attendibili secondo le linee guida sull'uso delle fonti. Questa voce è da wikificare Questa voce o sezione sull'argomento poeti non è ancora formattata secondo gli standard. Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di Wikipedia. « Per la sua poetica lirica, che con ardente classicità esprime le tragiche esperienze della vita dei nostri tempi » (Motivazione del Premio Nobel) Salvatore Quasimodo Medaglia del Premio Nobel Nobel per la letteratura 1959 Salvatore Quasimodo (Modica, 20 agosto 1901 – Napoli, 14 giugno 1968) è stato un poeta italiano, esponente di rilievo dell'ermetismo, ha contribuito alla traduzione di testi classici e soprattutto dei lirici greci, e stato vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 1959.

Indice1 Biografia

1.1 I primi anni e gli studi

1.2 Periodo dell'ermetismo (1930 - 1942)

1.3 Seconda guerra mondiale

1.4 Periodo poesia impegnata (1945 - 1966)

2 Rapporti con il fascismo

3 Il poeta e lo scrittore

4 Opere

5 Parco Letterario di Roccalumera

6 Curiosità 7 Note 8 Voci correlate 9 Bibliografia 10 Altri progetti 11 Collegamenti esterni

Salvatore Quasimodo nacque a Modica[1] (dove il padre, capostazione, era stato assegnato nella locale stazione) il 20 agosto 1901 da Gaetano e Clotilde Ragusa[2]. In seguito all'alluvione di Modica, il 26 settembre 1902, qualche giorno dopo il suo primo compleanno, si trasferì, assieme alla madre ed al fratello Enzo poco più grande di lui (era nato nel 1899[3]), nella più sicura casa di famiglia a Roccalumera dal nonno paterno Vincenzo. Questi, il nonno di Salvatore, sarebbe partito con mezzi di fortuna per recuperare lui neonato e la madre Clotilde perché il padre Gaetano sarebbe stato impossibilitato a lasciare il servizio presso la stazione[4]. Il padre Gaetano era stato intanto trasferito, dopo circa due mesi dalla nascita di Salvatore, in un'altra stazione[5]. La famiglia del piccolo Salvatore fu costretta a spostarsi frequentemente, al seguito del padre, nelle varie stazioni ferroviarie siciliane: Aragona Caldare, Sferro, Comitini, Roccalumera, Valsavoja). Nel 1908 a Gela iniziò a frequentare le scuole elementari[6]. Nel febbraio del 1909 sono a Messina dove il padre Gaetano viene incaricato di riorganizzare il traffico ferroviario dopo il disastroso terremoto e successivo maremoto del 28 dicembre 1908. In quel periodo vissero in un carro merci parcheggiato su un binario morto della stazione. Quegli anni rimarrano impressi nella memoria del poeta e rivivono nella poesia Al Padre inserita nella raccolta poetica La Terra Impareggiabile e scritta in occasione dei 90 anni del padre e dei 50 dal disastroso terremoto di Messina[7]: « Dove sull’acque viola era Messina, tra fili spezzati e macerie tu vai lungo binari e scambi col tuo berretto di gallo isolano. Il terremoto ribolle da due giorni, è dicembre d’uragani e mare avvelenato. … » (Salvatore Quasimodo, Al Padre) Nel 1916 si iscrisse all'Istituto Tecnico Matematico-Fisico di Palermo per poi traferirsi a Messina[8] nel 1917 e continuare gli studi presso l'Istituto "A. M. Jaci" di Messina dove conseguì il diploma nel 1919. Durante la permanenza in questa città conobbe il giurista Salvatore Pugliatti ed il futuro sindaco di Firenze Giorgio La Pira, con i quali strinse un'amicizia destinata a durare negli anni e con i quali nel 1917 fondò il «Nuovo Giornale Letterario» una pubblicazione mensile, sul quale pubblicò le sue prime poesie[9], venduta nella locale tabaccheria di uno zio di La Pira che divenne luogo di ritrovo per giovani letterati. Nel 1919 si trasferì a Roma dove pensava di terminare gli studi di ingegneria ma, subentrate precarie condizioni economiche, dovette abbandonarli per impiegarsi in più umili attività: disegnatore tecnico presso un'impresa edile, e in seguito impiegato presso un grande magazzino[10]. Nel frattempo collaborò ad alcuni periodici e iniziò lo studio del greco e del latino con la guida di monsignor Mariano Rampolla del Tindaro dedicandosi ai classici, destinati anch'essi a divenire per lui fonte di ispirazione. Le precarie condizioni economiche di questo periodo terminarono quando nel 1926 venne assunto dal Ministero dei Lavori Pubblici ed assegnato come geometra al Genio Civile di Reggio Calabria[11]. Qui strinse amicizia con i fratelli Enzo Misefari e Bruno Misefari, entrambi esponenti (il primo comunista, il secondo anarchico) del movimento antifascista di Reggio Calabria, che lo invogliarono a ritornare a scrivere. Nello stesso anno sposò Bice Donetti, una donna di otto anni più grande, con la quale aveva convissuto ed a cui dedicherà una poesia dopo la sua morte avvenuta nel 1946: « Con gli occhi alla pioggia e agli elfi della notte, è là, nel campo quindici a Musocco, la donna emiliana da me amata nel tempo triste della giovinezza. … » (Salvatore Quasimodo, Epitaffio per Bice Donetti) Nel periodo di Reggio Calabria nacque la nota lirica Vento a Tindari, dedicata alla storica località presso Patti: « Tindari, mite ti so fra larghi colli pensile sull'acque dell'isole dolci del dio, oggi m'assali e ti chini in cuore. … » (Salvatore Quasimodo, Vento a Tindari) Il padre andò in pensione nel 1927 e dopo una breve permanenza a Firenze si ritirò definitivamente nella sua casa di Roccalumera, dove visse con due sorelle che non si erano sposate. Molti anni dopo il poeta emigrato si raffigurerà con questi versi: « … quel ragazzo che fuggì di notte con un mantello corto e alcuni versi in tasca. … » (Salvatore Quasimodo, Lettera alla madre) Periodo dell'ermetismo (1930 - 1942)[modifica | modifica sorgente] Risolti i problemi economici poté dedicarsi più assiduamente alla letteratura. La sorella si è nel frattempo sposata a Firenze con Elio Vittorini e questi lo invitò nel capoluogo toscano introducendolo ai locali ambienti letterari. Conobbe Eugenio Montale, Arturo Loria, Gianna Manzini e Alessandro Bonsanti, il quale pubblicò nel 1930 sulla rivista Solaria, che in quel tempo dirigeva, 3 poesie (Albero, Prima volta, Angeli). Così maturò e affinò il suo gusto per lo stile ermetico, cominciando a dare consistenza alla sua prima raccolta Acque e terre, che pubblicò quello stesso anno per le edizioni della medesima rivista Solaria[12]. Nel 1931 venne trasferito presso il Genio Civile di Imperia e in seguito presso quello di Genova. In questa città conobbe Camillo Sbarbaro e le personalità di spicco che gravitavano intorno alla rivista Circoli, con la quale il poeta iniziò una proficua collaborazione pubblicando, nel 1932, per le edizioni della stessa, la sua seconda raccolta Oboe sommerso nella quale sono raccolte tutte le poesie scritte tra il 1930 e il 1932 e dove comincia a delinearsi con maggior chiarezza la sua adesione all'ermetismo. Ottenuto il trasferimento a Milano nel 1934, venne però destinato da un capo-ufficio alla sede di Sondrio. Nel 1938 lasciò il Genio Civile per dedicarsi alla letteratura, iniziò a lavorare per Cesare Zavattini in una impresa di editoria e soprattutto si dedicò alla collaborazione con Letteratura, una rivista vicina all'Ermetismo. Nel 1938 pubblicò a Milano una raccolta antologica intitolata Poesie, e nel 1939 iniziò la traduzione dei lirici greci. Nel 1941 venne nominato professore di Letteratura italiana presso il Conservatorio di musica "Giuseppe Verdi" di Milano, incarico che mantenne fino alla fine del 1968. Seconda guerra mondiale[modifica | modifica sorgente] Nel 1942 entrerà nella collezione Lo specchio della Arnoldo Mondadori Editore l'opera Ed è subito sera, che inglobava anche le Nuove poesie scritte tra il 1936 e il 1942. Collaborò con la rivista Primato. Lettere e arti d'Italia dove il ministro Giuseppe Bottai raccolse intellettuali di varia estrazione ed orientamento, anche lontani dal regime. Gli sarà rimproverato, in anni recenti, di aver sostenuto l’uso del “voi” in Antieuropa, nov-dicembre 1939 (Giuseppe Iannaccone, Il fascismo sintetico: letteratura e ideologia negli anni trenta, Greco & greco editori Milano 1999) e di aver inoltrato supplica a Mussolini "perché gli venisse assegnato un contributo per potere proseguire l’attività di scrittore. (Michele Ainis, Mario Fiorillo, L’ordinamento della cultura. Manuale di legislazione dei beni culturali, Giuffrè editore, Milano 2008). In realtà, almeno per la seconda questione si tratta di una pratica necessaria per le difficili condizioni e nel clima della dittatura che favoriva strumenti umilianti e di rapporto diretto cittadino-duce come lettere, suppliche, implorazioni. Pur professando chiare idee antifasciste, non partecipò attivamente alla Resistenza; in quegli anni si diede alla traduzione del Vangelo secondo Giovanni, di alcuni Canti di Catullo e di episodi dell'Odissea che verranno pubblicati solamente dopo la Liberazione. Periodo poesia impegnata (1945 - 1966)[modifica | modifica sorgente] Nel 1945 si iscrisse al PCI e l'anno seguente pubblicò la nuova raccolta dal titolo Con il piede straniero sopra il cuore — ristampata nel 1947 con il nuovo titolo Giorno dopo giorno —, testimonianza dell'impegno morale e sociale dell'autore che continuerà, in modo sempre più profondo, nelle successive raccolte, composte fra il 1949 e il 1958, come La vita non è sogno, Il falso e il vero verde e La terra impareggiabile, che si pongono, con il loro tono epico, come esempio di limpida poesia civile. Durante questi anni il poeta continuò a dedicarsi con passione all’opera di traduttore sia di autori classici che moderni, e svolse una continua attività giornalistica per periodici e quotidiani, dando il suo contributo soprattutto con articoli di critica teatrale. Nel 1950 il poeta ottenne il Premio San Babila, nel 1953 il premio Etna-Taormina, nel 1958 il premio Viareggio e nel 1959 gli fu assegnato il premio Nobel per la letteratura, che gli fece raggiungere una definitiva fama e a cui seguirono le lauree honoris causa dalla Università di Messina nel 1960 e da quella di Oxford nel 1967. Il poeta trascorse gli ultimi anni di vita compiendo numerosi viaggi in Europa e in America per tenere conferenze e letture pubbliche delle sue liriche che nel frattempo erano state tradotte in diverse lingue. Nel 1965 cura la pubblicazione di Calignarmata, opera di poesia dell'autore Luigi Berti, uscita un anno dopo la morte di quest'ultimo (1964). Del 1966 è la pubblicazione di Dare e avere, sua ultima opera. Nel giugno del 1968, mentre il poeta si trovava ad Amalfi, venne colpito da un ictus (aveva avuto già un infarto mentre visitava la Russia), che lo condusse alla morte dopo pochi giorni all'ospedale di Napoli. Il suo corpo fu trasportato a Milano e seppellito nel Cimitero Monumentale. Rapporti con il fascismo[modifica | modifica sorgente] Nel 1940, a guerra iniziata e a Patto d'Acciaio consolidato, collaborò con la rivista “Primato fascista” del ministro Giuseppe Bottai (Storia Illustrata, gennaio 1980); sostenne l’uso del “voi” in Antieuropa, nov-dicembre 1939 (Giuseppe Iannaccone, Il fascismo sintetico: letteratura e ideologia negli anni trenta, Greco & Greco editori, Milano 1999); implorò il duce del fascismo perché gli venisse assegnato un contributo per potere proseguire l’attività di scrittore[13]. Il poeta e lo scrittore[modifica | modifica sorgente] « Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo. » (Salvatore Quasimodo, da Uomo del mio tempo) Un'immagine di Quasimodo degli ultimi anni La prima raccolta di Quasimodo, Acque e terre (1930), è incentrata sul tema della sua terra natale, la Sicilia, che l'autore lasciò già nel 1919: l'isola diviene l'emblema di una felicità perduta cui si contrappone l’asprezza della condizione presente, dell’esilio in cui il poeta è costretto a vivere (così in una delle liriche più celebri del libro, Vento a Tindari). Dalla rievocazione del tempo passato emerge spesso un’angoscia esistenziale che, nella forzata lontananza, si fa sentire in tutta la sua pena. Questa condizione di dolore insopprimibile assume particolare rilievo quando il ricordo è legato ad una figura femminile, come nella poesia Antico inverno. Se in questa prima raccolta Quasimodo appare legato a modelli abbastanza riconoscibili (soprattutto D'Annunzio, del quale viene ripresa la tendenza all’identificazione con la natura), in Oboe sommerso (1932) ed Erato e Apollion (1936) il poeta raggiunge la piena e personale maturità espressiva. La ricerca della pace interiore è affidata ad un rapporto col divino che è, e resterà successivamente, tormentato, mentre la Sicilia si configura come terra del mito, terra depositaria della cultura greca: non a caso Quasimodo pubblicherà, nel 1940, una notissima traduzione dei Lirici greci. In particolare, nel libro del 1936 vengono celebrati Apollo - il dio del sole ma anche il dio cui sono legate le Muse, e quindi la stessa creazione poetica che è resa dolorosa dalla distanza fisica dell’isola - ed Ulisse, l’esule per eccellenza. È in queste raccolte che si può cogliere appieno la suggestione dell’ermetismo, di un linguaggio che ricorre spesso all’analogia e tende ad abolire i nessi logici tra le parole: importante è in questo senso l’uso frequente dell’articolo indeterminativo e degli spazi bianchi, che, all’interno della lirica, sembrano rimandare continuamente a una serie di significati nascosti che non possono trovare una piena espressione. Nelle Nuove poesie (pubblicate insieme alle raccolte precedenti nel volume Ed è subito sera del 1942 e scritte a partire dal 1936), il ritmo diventa più disteso grazie anche all’uso più frequente dell’endecasillabo: il ricordo della Sicilia è ancora vivissimo ma si avverte nel poeta un'inquietudine nuova, la voglia di uscire dalla sua solitudine e confrontarsi con i luoghi e le persone della sua vita attuale. In alcune liriche compare infatti il paesaggio lombardo, esemplificato dalla «dolce collina d’Ardenno» che porta all'orecchio del poeta «un fremere di passi umani» (La dolce collina). Questa volontà di dialogo si fa evidente nelle raccolte successive, segnate da un forte impegno civile e politico sollecitato dalla tragedia della guerra; la poesia rarefatta degli anni giovanili lascia il posto ad un linguaggio più comprensibile, dai ritmi più ampi e distesi. Così avviene in Giorno dopo giorno (1947) dove le vicende belliche costituiscono il tema dominante. La voce del poeta, annichilita di fronte alla barbarie («anche le nostre cetre erano appese», afferma in Alle fronde dei salici), non può che contemplare la miseria della città bombardata, o soffermarsi sul dolore dei soldati impegnati al fronte, mentre affiorano alla memoria delicate figure femminili, simboli di un'armonia ormai perduta (S'ode ancora il mare). L'unica speranza di riscatto è allora costituita dalla pietà umana (Forse il cuore). In La vita non è sogno (1949) il Sud è cantato come luogo di ingiustizia e di sofferenza, dove il sangue continua a macchiare le strade (Lamento per il Sud); il rapporto con Dio si configura come un dialogo serrato sul tema del dolore e della solitudine umana. Il poeta sente l'esigenza di confrontarsi con i propri affetti, con la madre che ha lasciato quand’era ancora un ragazzo (e che continua a vivere la sua vita semplice ed ignara dell'angoscia del figlio ormai adulto), o col ricordo della prima moglie Bice Donetti. Nella raccolta Il falso e vero verde (1956) dove lo stesso titolo è indicativo di un’estrema incertezza esistenziale, un’intera sezione è dedicata alla Sicilia, ma nel volume trova posto anche una sofferta meditazione sui campi di concentramento che esprime «un no alla morte, morta ad Auschwitz» (Auschwitz). La terra impareggiabile (1958) mostra un linguaggio più vicino alla cronaca, legato alla rappresentazione della Milano simbolo di quella «civiltà dell'atomo» che porta ad una condizione di devastante solitudine e conferma nel poeta la voglia di dialogare con gli altri uomini, fratelli di dolore. L'isola natìa è luogo mitizzato, «terra impareggiabile» appunto, ma è anche memoria di eventi tragici come il terremoto di Messina del 1908 (Al padre). L'ultima raccolta di Quasimodo, Dare e avere, risale al 1966 e costituisce una sorta di bilancio della propria esperienza poetica ed umana: accanto ad impressioni di viaggio e riflessioni esistenziali molti testi affrontano, in modo più o meno esplicito, il tema della morte, con accenti di notevole intensità lirica.

Opere

Acque e terre. Poesie, Firenze, Edizioni di "Solaria", 1930. Oboe sommerso, Genova, Edizioni di "Circoli", 1932. Odore di eucalyptus ed altri versi, Firenze, Antico Fattore, 1933. Erato e Apòllìon, Milano, Scheiwiller, 1936. Francesco Messina, Milano, Casa d'arte Ariel, 1938. Poesie, Milano, Primi Piani, 1938. Lirici greci, tradotti da, Milano, Edizioni di Corrente, 1940; Milano, A. Mondadori, 1944. Ed è subito sera. Poesie, Milano-Verona, A. Mondadori, 1942. Il fiore delle "Georgiche", Milano, Edizioni della Conchiglia, 1942; Milano, Gentile, 1944; Milano, A. Mondadori, 1957. Petrarca e il sentimento della solitudine, Milano, Garotto, 1945. Il Vangelo secondo Giovanni, tradotto dal greco da, Milano, Gentile, 1945. Giorno dopo giorno, Milano, A. Mondadori, 1947. Alle fronde dei salici Lettera 19 gennaio 1944 Neve Specchio Giorno dopo giorno Forse il cuore La notte d’inverno Milano, agosto 1943 La muraglia Uomo del mio tempo O miei dolci animali A me pellegrino Presso l'Adda S’ode ancora il mare Elegia Il traghetto Il tuo piede silenzioso La vita non è sogno, Milano, A. Mondadori, 1949. Il falso e vero verde, Milano, Schwarz, 1953. La terra impareggiabile, Milano, A. Mondadori, 1958. Il poeta e il politico e altri saggi, Milano, Schwarz, 1960. Dare e avere. 1959-1965, Milano, A. Mondadori, 1966. Leonida di Taranto, Milano, Guido Le Noci ed., 1968; Manduria, Lacaita, 1969. Parco Letterario di RoccalumeraA Roccalumera, la sua cittadina, al Poeta viene dedicato un parco letterario, al quale collabora stabilmente Alessandro Quasimodo, attore e regista, figlio del Poeta. A Roccalumera i Quasimodo, sono nati e sono sepolti, con eccezione del Poeta, che giace, nel Famedio, cuore del Cimitero Monumentale di Milano, accanto ad Alessandro Manzoni, ed altre grandi personalità culturali. Il Parco Letterario, che ha visto quali fondatori gli avvocati Carlo e Sergio Mastroeni[14]. In tale contesto gli organizzatori sono stati invitati a portare la loro testimonianza in vari convegni, e nell'azione comunitaria Socrates, Progetto Virtual Museum al quale hanno partecipato le Università di Riga, Malta, Copenaghen oltre prestigiose istituzioni Italiane ed Europee, che, per diverse settimane, soggiornando a Roccalumera hanno approfondito lo studio della tecnica museale del Parco roccalumerese. Il Parco Letterario di Roccalumera è gestito dal Club Amici di Salvatore Quasimodo, organizzazione sorta per diffondere l'opera e la figura del Poeta, che ha la sua sede generale a Roccalumera, presso la Torre Saracena, con sedi istituite a Modica, a Patti-Tindari, Messina, Siracusa, Firenze e Milano. Inoltre, è stata costituita la sezione internazionale del Club, che ha la sede presso il prestigioso Istituto Italiano di Cultura di Vienna. È presieduta da Alessandro Quasimodo, con vice presidenti, Dante Arnaldo Marianacci, poeta e scrittore insignito del titolo di Amico Onorario di Salvatore Quasimodo, direttore dell'Istituto Italiano di Cultura di Vienna, e Joseph Farrell, docente all'Università di Glasgow.[15] Il Direttivo della Sezione Internazionale, oltre che dal Presidente Alessandro Quasimodo e dai vice presidenti, Arnaldo Dante Marianacci, quale primo vice presidente, e Joseph Farrell, quale secondo vice Presidente, è costituito da di diritto Sergio Mastroeni, quale Presidente del Consorzio per la promozione della Terra Impareggiabile di Quasimodo, che ha sede in Roccalumera; ed ancora Franco Cajani, László Cserép e Béla Szomaraky. Tra gli obiettivi, anche quello di promuovere il gemellaggio di Balatonfüred e Roccalumera in nome di Salvatore Quasimodo, la fondazione di un Premio Letterario in Italia e una scuola di lingua italiana. A Messina, presso la Provincia Regionale, esiste una galleria culturale dedicata al poeta dove è presente una serie di immagini sia del Poeta che della famiglia e la medaglia del Nobel in oro. Curiosità[modifica | modifica sorgente] A Quasimodo, il poeta leccese Carlo Infante, ha dedicato nel 2011 l'Ode a Salvatore Quasimodo, pubblicata nella settima edizione dell'antologia poetica nazionale La Poesia nel Cassetto, Pubbligrafica Romana, Roma, 2011. Appare in un piccolo cameo nel film La notte (film 1961) di Michelangelo Antonioni. Quasimodo, lui stesso traduttore di classici dell'antichità, ha avuto traduzioni delle sue opere in diverse decine di lingue. Anche in sardo è stata tradotta da ultimo tutta la sua opera poetica: Salvatore Quasimodo, Edd est subitu sero. Tottu sas poesias, tradotte da Gian Gavino Irde, Cagliari, Aipsa, 2007, con introduzione di Alessandro Quasimodo e prefazione di Giulio Angioni, ISBN 8887636958, 9788887636956.

Note

Sebbene oggi faccia parte della Provincia di Ragusa, Modica fino al 1926 faceva parte della Provincia di Siracusa, vedi Storia di Modica ^ Borello, 1995, op. cit., pag. 25 ^ Borello, 1995, op. cit., pag. 25 ^ Salvatore Quasimodo: una misera gioventu', ma che gia' lo vedeva poetare. URL consultato il 17 giugno 2013. ^ Stazione di Aragona Caldare in provincia di Agrigento vedi Borello, 1995, op. cit., pag. 26 ^ Tondo, 1976, op. cit., pag. 6 ^ Il treno di Quasimodo. URL consultato il 20 giugno 2013. ^ AA.VV., 2011, op. cit., pag. 165 ^ AA.VV., 2011, op. cit., pag. 165 ^ Fu impiegato presso la Rinascente da dove fu licenziato, come dice lui stesso, per aver organizzato uno sciopero il giorno precedente l'applicazione della legge fascista contro lo sciopero vedi AA.VV., 2011, op. cit., pag. 165 ^ AA.VV., 2011, op. cit., pag. 166 ^ AA.VV., 2011, op. cit., pag. 166 ^ Ainis, 2008, op. cit., pag. 54 ^ Essi hanno sostenuto personalmente ingenti investimenti economici, riuscendo anche a calamitare fondi comunitari, per restaurare la Torre Saracena, cara al Poeta e fonte di ispirazione poetica, nonché la Stazione ferroviaria, trasformata in Museo-Giardino, con caffè d'arte, biblioteca, sale multifunzionali, centro di orientamento, ricavate anche in cinque carri merci collegati a galleria, venendo considerato un caso di studio per la singolarità architettonica e la originalità museale, che vede la struttura all'avanguardia anche sotto il profilo della musealità virtuale ^ Altri soci, sono i fondatori del Premio internazionale di poesia quasimodiano in Ungheria, Franco Cajani, Poeta lombardo, e László Cserép, Assessore alla Cultura della Città di Balatonfüred; Sergio Mastroeni, fondatore del Parco Letterario Quasimodo di Roccalumera, la cittadina siciliana della famiglia Quasimodo; Béla Szomaraky, italianista, traduttore, giornalista della televisione e della radio nazionale ungherese; Imre Barna, editore ed italianista ungherese, Tomaso Kémeny, professore di letteratura italiana all’Università di Pavia, István Boka, Presidente della Fondazione Quasimodo Ungherese, Sindaco di Balatonfüred, e membro del Parlamento nazionale, i direttori dell’Istituto Italiano di Cultura di Mosca Dr. Alberto Di Mauro, e dell’Istituto Italiano di Cultura di Stoccolma Dr. Paolo Grossi, ed il Direttore dell'Istituto Italiano di Cultura di Budapest, Dr. Salvatore Ettorre. Voci correlate[modifica | modifica sorgente] Ermetismo (letteratura) Uomo del mio tempo (poesia) Bibliografia[modifica | modifica sorgente] AA.VV., Tutto. Poesia Italiana del Novecento, De Agostini Novara, 2011. ISBN 978-88-418-6921-5. Rosalma Salina Borello; Patrizio Barbaro, Salvatore Quasimodo. Biografia per immagini, Gribaudo, 1995. ISBN 88-8058-081-7. Michele Tondo, Salvatore Quasimodo, Mursia, 1976. Michele Ainis; Mario Fiorillo, L'ordinamento della cultura, Giuffrè Editore, Milano, 2008. ISBN 881413877X. 

 
 
 
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