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Stendhal

Post n°1021 pubblicato il 07 Giugno 2016 da blogtecaolivelli

Anno nuovo e nuova campagna di guerra: il 28 marzo 1809 Stendhal ricevette l'ordine di riunirsi a Strasburgo con i commissari di guerra al seguito della Grande Armée che avanzava contro il vecchio Impero austriaco. Impegnato nel caotico disordine delle retrovie a portare dispacci nel fango e nella polvere, non vide nemmeno le battaglie di Essling e di Wagram, ma assistette allo scontro di Ebersberg, dove di fronte alle tragedie di quelle scene sanguinose poté mantenere tanto un'ammirevole freddezza quanto essere scosso fino all'orrore.

Il 13 maggio entrò a Vienna, con la stessa emozione con la quale era entrato a Milano. «Lavoro giorno e notte, e il resto del tempo cavallo, ragazze e musica», scrive sul Journal: la musica era naturalmente quella del «divino Mozart» che Henri poneva alla pari di Cimarosa, ma anche quella di Haydn, che morì alla fine del mese (il 15 giugno Stendhal assistette al Requiem in suo onore). Ma a Vienna aleggiava «odore di femmina», e Stendhal si trovò un'amante in Babet Rothe, un'attrice e cantante che egli possedette in un padiglione abbandonato del Prater e per la quale per poco non si batté a duello con un maggiore d'artiglieria, Jean-Baptiste Raindre (1779-1858). In ottobre venne a stabilirsi a Vienna, per un mese, Alexandrine Daru (1783-1815), moglie del suo protettore Pierre, che l'affidò a Henri perché le facesse da guida nella grande città: nacque in Stendhal, per quella donna giovane ma già madre di cinque figli, un amore muto - o un'attrazione - che a volte gli sembrava ricambiato, ma che egli non riuscì e non poté esprimere nel timore dell'equivoco o di osare troppo. È la condizione vissuta da Julien Sorel, il protagonista de Il rosso e il nero, durante i suoi primi rapporti con Madame de Rênal.

Finita la campagna d'Austria, il 20 gennaio 1810 Stendhal tornò a Parigi, dove il 1º agosto ricevette la sospirata nomina a uditore. Poiché anche nell'Impero le cariche si ottenevano in base al censo, il padre Chérubin dovette assicurare al figlio una rendita annua di 6.000 franchi. Il 22 agosto Henri venne nominato ispettore del Mobilio e degli Edifici della Corona, carica che gli assicurava uno stipendio di 6.000 franchi annui, che uniti ai 2.000 franchi di uditore e ai 900 garantiti dalla sua funzione di commissario di guerra, facevano 8.900 franchi, poco per le spese a cui era abituato e che aumentavano a motivo delle esigenze imposte dalle sue cariche: quell'anno Henri accumulò debiti per 12.500 franchi, che saliranno a 36.000 nel 1815.

La sua amante del momento era Angéline Bereyter (1786-1841), cantante d'operetta, che Henri chiamava all'italiana "angioletto", una donna sempre disponibile che si fece mantenere da Stendhal fino al 1814 senza avanzare mai troppe pretese. Andava ogni sera a casa di Henri ma, non sollecitando la sua fantasia, non sarà mai amata: l'amore platonico restava riservato alla Daru. Il 31 maggio 1811 decise di rischiare e, sotto un pioppo del giardino di lei, le si dichiarò. Per fuggire alla sconfitta del rifiuto di lei così il 29 agosto, con il permesso di Pierre Daru che aveva apprezzato il suo lavoro, Stendhal poteva prendersi una vacanza, lasciarsi alle spalle i suoi ultimi dieci anni e ritornare sui propri passi, riconoscendo se stesso nel proprio passato: e naturalmente la sua meta fu l'Italia.

Il 7 settembre rientrava a Milano e già la sera stessa andava alla Scala. Il giorno dopo si presentava dalla Pietragrua, deciso a farla sua. Bandita la timidezza, il 12 settembre si dichiarò e in risposta ricevette la domanda: «Perché non me lo diceste allora?». Ottenuta la sospirata vittoria, Stendhal poté continuare il suo viaggio italiano nel quale si spinse fino a Pompei. Cercò di capire e amare la pittura, per la quale non aveva la stessa facilità provata per la musica. A Firenze scoprì di avere un proprio gusto - forse discutibile - ma ciò che gli importava era vedere e amare ciò che guardava. Si fermò a Roma dal 30 settembre al 3 ottobre, dove Martial Daru gli presentò Canova e dove fu emozionato dal canto degli uccelli sulle rovine antiche, poi fu a Napoli, a Pompei, e risalì ancora a Roma fino, il 17 ottobre, ad Ancona, per incontrare una certa Livia conosciuta a Brunswick. Il 22 ottobre Stendhal faceva ritorno a Milano, con l'idea di scrivere una storia della pittura, soprattutto al fine di comprendere meglio quell'arte: si procurò allora le Vite del Vasari, la Storia pittorica del Lanzi, il saggio, appena uscito, di Giuseppe Bossi sul Cenacolo di Leonardo. Ma era tempo di tornare in patria e il 13 novembre Stendhal lasciò Milano.

A Parigi, distaccato negli uffici della sezione di Guerra, mentre dava inizio alla sua Histoire de la peinture, attingendo a piene mani al Lanzi, e a una Vita di Cimarosa sopra un dizionario dei musicisti, riprese abitudini e ambizioni: brigò per ottenere una nomina a barone e, poiché partecipare a una campagna di guerra procurava avanzamenti di carriera, chiese di partire per la Russia. Il 23 luglio 1812, quando già la Grande Armée avanzava nelle steppe russe, Stendhal partì da Parigi e il 14 agosto raggiunse il Quartier generale francese a Bojarinkova, presso Krasnyj. Il 9 settembre assistette alla battaglia dellaMoscova e il 14 era a Mosca.

Qui vide l'avanzare dell'incendio, i saccheggi, il disordine, le miserie di uomini che fino al giorno prima costituivano l'esercito più potente del mondo e il crollo del mito dell'invincibilità di Napoleone, che egli poté osservare al Cremlino, e dei suoi generali, tormentati dalla dissenteria. Henri, a quanto racconta, mantenne il controllo di se stesso, pur nel freddo, nella fame e nella stanchezza. Il 15 ottobre Stendhal venne nominato direttore generale degli approvvigionamenti di Smolensk, dove l'esercito doveva sostare durante la ritirata. Nel viaggio, la sua scorta composta di un centinaio di soldati venne assalita dai cosacchi ma si difese, e tuttavia lui perse il manoscritto dell'Histoire de la peinture. Il 2 novembre era a Smolensk poi, sempre anticipando i resti dell'Armée in ritirata, proseguì la sua missione a Orša, a Bóbr, aToločin: superò la Beresina il 27 novembre, un giorno prima che i suoi ponti venissero distrutti dai russi. Il 4 dicembre rischiò la vita in un assalto di cosacchi a Моlodečno, il 7 era a Vilna e il 14 fu finalmente in salvo a Königsberg. Naturalmente, nella città prussiana, non si perse la recita della Clemenza di Tito. Poi, con calma, attraversò la Germania e il 31 gennaio 1813 si ritrovò a Parigi.

A ricompensa dei suoi servigi sperò di ottenere una promozione con un incarico di prestigio, del tipo di una prefettura, ma invano. Così, dal 25 aprile, era nuovamente al seguito dell'esercito che ora affrontava la coalizione russo-prussiana: annoterà di «essere annoiato e disgustato di tutto; l'Imperatore mi sembrava pazzo». All'armistizio seguito alle battaglie diLützen e di Bautzen venne nominato intendente a Żagań: vi si ammalò di tifo il 6 luglio, e corse pericolo di vita. Rimandato aDresda febbricitante, ottenne una licenza per curarsi a Parigi e da qui partì ancora per l'Italia: Milano, il lago di Como,Venezia e naturalmente la musica della Scala e Angela Pietragrua (riprese anche da capo l'Histoire de la peinture).

La stella di Napoleone, sconfitto a Lipsia, volgeva al tramonto. Gli austriaci avanzavano in Italia e Stendhal, tornato a Parigi, a dicembre si vide affidato il compito di affiancare il conte Jean de Saint-Vallier (1756-1824) nella difesa del Delfinato, la sua regione. Chambéry venne perduta e riconquistata, ma non era quello un fronte di guerra importante. La coalizione antinapoleonica puntava su Parigi, e il 14 marzo 1814 Stendhal vi si diresse: a Thuellin, sul caminetto d'una locanda, incise la sigla «MTF», come dire «Mane Fares Thecel», ma anche Je m'en fous de tout[35]. Il 29 marzo vide l'ultima resistenza francese a Montmartre e tentò di nascondere per salvare alcuni quadri del Louvre, poi vide l'ingresso a Parigi degli alleati e, con loro, dei Borboni.

Con il restaurato Regime monarchico, essendo i Daru momentaneamente in disgrazia, gli occorreva trovare nuovi protettori per salvare titoli e posizione, e allora Stendhal si rivolse a Jacques-Claude Beugnot (1761-1835), il ministro degli interni del governo provvisorio, che lo raccomandò a Talleyrand. Non avendo ottenuti risultati, cercò un diversivo immergendosi nei suoi interessi, e in un mese scrisse le Lettres écrites de Vienne en Autriche sur le célèbre compositeur J. Haydn, suivies d'une vie de Mozart, et de considérations sur Métastase et l'état présent de la musique en France et en Italie, un semplice adattamento e traduzione de Le Haydine di Giuseppe Carpani pubblicate due anni prima. Le firmò «Louis-Alexandre-César Bombet», che rappresentava insieme un'allusione al nuovo regnante, allo zar e a Bonaparte. Sentì che compromettersi con il nuovo Regime sarebbe stata una ferita insopportabile per il proprio ego: meglio lasciare tutto e tornare là dove la sua vera vita era cominciata, al suo eterno punto di partenza. Il 20 luglio Stendhal lasciava Parigi e il 10 agosto era ancora una volta a Milano.

«Henri Beyle, milanese» (1814-1821)

In realtà i francesi non erano più ben visti a Milano: in aprile Giuseppe Prina, l'ex ministro del governo di Eugenio di Beauharnais, era stato linciato da una folla sobillata dall'aristocrazia milanese, desiderosa di ingraziarsi i nuovi padroni e di farsi diminuire le tasse. Anche i rapporti con Angela Pietragrua, mai facili, si deteriorarono e lei arrivò al punto di minacciare di denunciarlo alla polizia. Avuta la prova, da una cameriera infedele della Pietragrua, dei suoi numerosi amanti, nel dicembre del 1815 la relazione finì bruscamente, lasciandogli una scia di depressione dalla quale cercò di uscire ripiegando nella scrittura.

Ripresi i suoi appunti e mantenuti i contatti con l'amico Crozet, che faceva l'ingegnere a Plancy ma si assumeva anche la funzione di suo agente letterario, per un anno Henri lavorò alla sua Histoire de la peinture, che terminò nel febbraio del1817 a Napoli, non andando volontariamente oltre la trattazione della scuola fiorentina. Il libro apparve il 2 agosto, a firma di M.B.A.A. - Monsieur Beyle Ancien Auditeur - per i tipi dell'editore parigino Didot. Il mese dopo, il 13 settembre, usciva ancheRome, Florence et Naples, en 1817, sotto il nom de plume di «Monsieur de Stendhal, Officier de Cavalerie». Nel frattempo però, con il nome di Louis-Alexandre-César Bombet, uscirono le Lettres écrites de Vienne en Autriche sur le célèbre compositeur J. Haydn, suivies d'une Vie et de considérations sur Métastase et l'état présent de la musique en France et en Italie (1815), subito accusato di plagio dal musicologo italiano Giuseppe Carpani e difeso dal Crozet, improvvisatosi fratello di Bombet.

Durante un breve viaggio tra aprile e giugno a Grenoble, fatto per questioni economiche legate alla famiglia (tra l'altro Pauline è rimasta vedova e povera, e Zénaïde, l'altra sorella, si è sposata portando con sé una grande dote), ci fu un'insurrezione e il padre, divenuto sindaco, nonostante non mancasse di reagire con dura repressione, venne accusato di debolezza. Stendhal, sempre pieno di debiti e in rotta con lui, lasciò il paese natale deciso a «diventare» italiano.

Tornato a Milano, un giovane avvocato piemontese, Carlo Guasco, lo presentò nel luglio del 1816 a Ludovico di Breme, che lo introdusse nel circolo degli intellettuali romantici e, in varia misura, liberali, che si intorno a lui si raccoglievano, il Pellico, ilBerchetPietro Borsieri, oltre a lord Henry Brougham (1778-1868), che gli fece conoscere la Edinburg Review, una delle riviste britanniche la cui modernità e indipendenza di giudizio erano sconosciute nel resto dell'Europa, attraverso la quale conobbe alcune delle opere di Byron. E conobbe in ottobre lo stesso celebre poeta, un dandy circondato da un'aura di scandalo, espressione vivente, per Stendhal, del Romanticismo: fu un incontro piacevole, durante il quale Byron si mostrò molto interessato alle avventure «napoleoniche» di Stendhal.

temente raccolte in Œuvres romanesques complètes nella collana Bibliothèque de la Pléiade in 3 volumi, 2005-2014, sostituendo la vecchia edizione curata da Henri Martineau; nella medesima collezione esistono 2 volumi di Œuvres intimes (1981-1982) e due di viaggi: Voyages en Italie (1973) e Voyages en France (1992); nel1966 uscì anche un Album Stendhal, con 463 illustrazioni commentate da V. Del Litto.

Tra i traduttori che si sono misurati con Stendhal: Giuseppe Gallavresi, Maria Ortiz, Pietro Paolo TrompeoLuigi Diemoz,Massimo BontempelliCesare Giardini, Giovanni Marcellini, Antonio Pietrangeli, Maria Teresa Sposato, Mario Bonfantini, Piero Bertolucci, Sara Di Gioacchino Corcos, Gian Carlo Conti, Maria BellonciMarco Cesarini SforzaBruno Schacherl, Anna Nencioni, Diego ValeriPaolo SeriniMarisa ZiniCamillo Sbarbaro, Massimo Colesanti, Lanfranco Binni, Simona Martini Vigezzi, Leonella Prato Caruso, Giuseppe Scaraffia, Francesco Bruno, Maurizio CucchiGianni Celati ecc.

Teatro

Alcune pièces teatrali sono raccolte, in 2 tomi, in Théâtre (postumo, 1931): Les quiproquoLe ménage à la modeZélinde et LindorUlysseHamletLes deux hommesLetellierBrutusLes médecinsLa maison à deux portesIl forestiere in Italia, ecc.

Epistolari

Nel 1855 uscì, a cura del cugino Romain Colomb, la Correspondance inédite de Stendhal, un regesto composto da lettere, appunti, frammenti di manoscritti incompiuti, notevolmente manipolati a bella posta.

Nel 1908 fu predisposto un nuovo compendio, Correspondance de Stendhal publiée par A. Paupe e P.-A.Cheramy sur les originaux de diverses collections.

L'apparizione di altre lettere inedite portò alla pubblicazione in 10 tomi, Correspondance, a cura di Henri Martineau, presso le celebrate edizioni Le Divan fra il 1933 e il 1934.

Tra il 1962-1968 apparvero 3 volumi di lettere stendhaliane, a cura di Victor Del Litto e Henri Martineau, sempre con aggiunte di missive ritrovate.

Col titolo Correspondance générale, 6 volumi furono pubblicati tra il 1997 e il 1999 dall'editore Champion. Il primo volume di questa monumentale edizione è uscito in italiano nel 2016, titolato Il laboratorio di sé. Corrispondenza (1800-1806), tradotto e curato da Vito Sorbello per Nino Aragno Editore, presso il quale appariranno gli altri tomi.

 
 
 
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