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La montagna incantata di Thomas Mann

Post n°1788 pubblicato il 17 Dicembre 2018 da blogtecaolivelli

La montagna incantata di Thomas Mann

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Mann iniziò a lavorare a La montagna

incantata nel 1912, concependo inizialmente

il progetto come un racconto breve in cui

sviluppare in chiave ironica alcuni dei temi

già presenti in La morte a Venezia. L'idea

centrale riflette le esperienze ed impressioni

relative al soggiorno della moglie, Katia

Pringsheim, a quel tempo sofferente di una

malattia polmonare, nel sanatorio del dottor

Friedrich Jessen aDavos, in Svizzera, durato

diversi mesi. Mann le fece visita nel maggio e

giugno del1912, facendo la conoscenza del

personale e dei degenti di questo centro

medico cosmopolita. Secondo quanto affermato

dallo stesso scrittore in un'appendice più tardi

aggiunta al volume, l'esperienza fornì il materiale

per il primo capitolo (L'arrivo) del romanzo.

Lo scoppio della prima guerra mondiale 

Interruppe il lavoro sul libro. Il conflitto e le

difficili condizioni del dopoguerra indussero

l'autore a un sostanziale riesame della società

borghese europea che tenesse conto delle

perverse tendenze distruttive mostrate da

una gran parte dell'umanità cosiddetta "civilizzata".

Si trovò inoltre a considerare con rinnovata

attenzione l'atteggiamento dell'individuo nei

confronti di questioni quali la malattia, la morte,

la sessualità. Ne conseguì una sostanziale

revisione del testo che venne notevolmente

ampliato e finalmente completato nel 1924.

Der Zauberberg fu pubblicato in due volumi,

nel novembre dello stesso anno, dall'editore

S. Fischer Verlag a Berlino.

La storia è ambientata negli anni precedenti

la prima guerra mondiale. Il protagonista è i

l giovane ingegnere di Amburgo Hans Castorp,

agli inizi della carriera nell'industria navale.

La narrazione inizia con la visita di Castorp,

programmata per tre settimane, al cugino,

militare di carriera, Joachim Ziemssen presso

il sanatorio Berghof a Davos, sulle Alpi

svizzere, qui ricoverato a causa della tubercolosi.

Poco prima del previsto ritorno, Castorp

si sottopone a una visita a causa di una

leggera infezione bronchiale e viene persuaso

a rinviare la partenza in attesa di un

miglioramento delle sue condizioni di salute.

La prima metà del romanzo descrive i primi mesi

del soggiorno durante i quali il protagonista fa

la conoscenza di una serie di personaggi che

costituiscono un microcosmo della società

europea del tempo. Particolare impressione

fa su Castorp il massone,umanista ed

enciclopedista italiano Lodovico Settembrini,

allievo di Giosuè Carducci, che ne diventa una

sorta di mentore. Un'altra rilevante figura è

costituita da Madame Chauchat, moglie di un

funzionario russo, di cui Castorp si innamora

fin dai primi giorni, ma con cui avrà modo di

parlare solo assai più tardi, poco prima

della partenza di questa per un lungo soggiorno

in Spagna e in altre località europee.

La malattia si rivela in realtà tubercolosi e

tratterrà il protagonista lontano dalla vita

attiva per sette anni. La narrazione segue

la percezione del tempo degli stessi malati

per cui esso trascorre quasi inavvertitamente:

mentre la prima parte del romanzo descrive il

primo anno di soggiorno di Castorp, la seconda

tratta dei restanti sei. All'umanista Settembrini

si affianca intanto il gesuita Leo Naphta, la cui

filosofia a tratti cinica e radicale fa da contraltare

alle posizioni moderate dell'italiano, mettendone

in luce i limiti senza però fornire una visione

organica del mondo che possa essere

accettata dall'animo essenzialmente borghese

di Castorp. Alle accanite discussioni tra i due

intellettuali il protagonista assiste rendendosi

via via sempre più partecipe, mentre il cugino

Joachim, che spesso lo accompagna, mantiene

sempre un marcato riserbo. Quest'ultimo,

insofferente all'inattività a cui le condizioni di

salute lo costringono, decide all'improvviso e

risolutamente di far ritorno al "piano" e alla

carriera militare nonostante l'opinione contraria

dei medici, i quali invece dichiarano "guarito"

Castorp che si rifiuta però di lasciare la clinica.

Diversi mesi più tardi, a causa di un aggravarsi

della malattia, Joachim fa ritorno a Davos in

compagnia della madre e, poco tempo dopo, muore.

Negli ultimi capitoli del romanzo, fa la sua

comparsa, accompagnato dalla signora Chauchat,

il magnate Pieter Peeperkorn, ultima figura ad

esercitare una forte influenza sul protagonista.

Nonostante questi goda dei favori della mai

dimenticata dama russa e ne sia dunque rivale

in amore, Castorp rimane conturbato dalla

forte personalità del ricco edonista olandese.

Poco dopo però questi, quasi inspiegabilmente,

si uccide.

Nella parte finale del romanzo inizia a serpeggiare

nel sanatorio una forte insofferenza e

inquietudine; simbolo probabilmente della fine

della Belle époque, ma anche delle future

contraddizioni della Repubblica di Weimar.

Persino le discussioni tra Naphta e Settembrini

si fanno più veementi e il primo sfida l'altro a

duello. Al rifiuto di Settembrini di sparare

all'amico però Naphta si spara in testa uccidendosi.

Verso la conclusione, la prima guerra mondiale

ha inizio e Castorp scende al "piano" per arruolarsi

nell'esercito.

Un giovane uomo poco più che ventenne.

Secondo lo stesso autore il protagonista

del romanzo è un cavaliere indagatore,

come il "puro folle" alla ricerca del Santo

Graal nella tradizione mitico-letteraria del

Parzival; tuttavia, egli rimane come ad uno

stato embrionale ed abortito, pallido e

mediocre in quanto perfetta rappresentazione

della borghesia tedesca. Fortemente diviso

tra influenze contrastanti, capace dei più

alti ideali umanistici, ma allo stesso tempo

soggetto anche a pesante filisteismo ed

apparente radicalismo ideologico.


Come è suo solito, Mann scegli il nome del

suo protagonista con accurata attenzione:

Hans è un nome tedesco assai generico,

quasi anonimo, ma che si riferisce anche

alla figura presente nella fiaba "La fortuna

di Hans" (Hans im Glück) deiFratelli Grimm

e all'apostolo Giovanni evangelista, il

discepolo prediletto di Gesù che ha avuto

la visione dell'Apocalisse. Castorp è invece

il cognome di un eminente personalità

storica medioevale della città natale di

Thomas Mann, Lubecca, ilsindaco e ricco

mercante del XV secolo Hinrich Castorp.

In un certo senso Hans Castorp può esser

inteso come la personificazione della

giovane repubblica di Weimar: da una

parte 'umanesimo, dall'altra il radicalismo

più estremo - rappresentati rispettivamente

da Settembrini e Naphta - cercano di attrarlo

a sé ottenendo il suo favore, ma Castorp

non pare in grado di poter fare una scelta

compiuta e decisa. Il leggero ma costante

stato febbrile che lo accompagna è sottile

metafora della propria mancanza di

chiarezza interiore: l'alterazione di temperatura

corporea (37,6°) è un punto intermedio tra

l'esser sano e l'esser malato. Infine la

temperatura esterna dell'ambiente in cui si

ritrova improvvisamente a vivere è spesso

fuori equilibrio; o è troppo caldo o troppo

freddo e tende quindi agli estremi (ad esempio

l'episodio della nevicata in pieno agosto), non

avendo mai una sua stabilità.

SettembriniIl massone Settembrini viene ben

a rappresentare l'ideale attivo e positivo

dell'illuminismo, dell'umanesimo, dellademocrazia,

della tolleranza e dei diritti umani. Spesso

egli trova Castorp letteralmente immerso nel buio,

tanto che prima di iniziare le loro quasi

quotidiane conversazioni vi è la necessità di

accendere la luce. Egli si paragona volentieri

alla figura della mitologia greca Prometeo,

colui che ha portato nel mondo umano il dono

del fuoco e quindi di conseguenza anche

dell'illuminazione. Il suo mentore è Giosuè

Carducci, il poeta italiano che ha anche

scritto tra l'altro un inno dedicato aLucifero,

"la forza vindice della ragione."

I suoi principi etici sono quelli dei valori

borghesi e del lavoro; cerca di contrastare

il fascino morboso che Castorp pare

intrattenere con la morte e la malattia,

mettendolo in guardia contro la "compagna

di malattia" Madame Chauchat, cercando di

dare prova di una visione positiva della vita:

il suo antagonista Naphta lo descrive come

"Zivilisationsliterat". Mann originariamente

ha costruito Settembrini come una caricatura

del romanziere liberal-democratico, rappresentato

per esempio dal fratello Heinrich Mann. Tuttavia,

mentre il romanzo era in corso d'opera, Mann

stesso è diventato un sostenitore dichiarato

della repubblica di Weimar, il che può spiegare

come mai accada che Settembrini, soprattutto

nei capitoli successivi a quelli immediatamente

iniziali, diventi la voce dell'autore.

Nelle caratteristiche fisiche Settembrini

ricorda il compositore italiano Ruggero

Leoncavallo, mentre il nome è preso da quello

del patriota italiano del XIX secolo Luigi Settembrini.

Naphta

L'antagonista principale di Settembrini, Leo

Naphta, è un membro della compagnia di Gesù,

divenuto hegeliano-marxista ma nato Ebreo;

una parodia del filosofo ungherese György Lukács,

come informa Mann in una lettera del 1949.

Madame Chauchat
Claudia Chauchat rappresenta la tentazione

data dall'erotismo, la lussuria e l'amore, il tutto

in una forma degenerata ed ampiamente

morbosa, dominata da "passività asiatica".

Lei si trova ad essere proprio uno dei motivi

principali per il soggiorno prolungato di Castorp

sulla montagna magica. La promessa femminile

del piacere sessuale come ostacolo alla gioia

maschile per l'azione nel mondo imita i temi

del mito riguardante Circe ma presente anche

nelle ninfe delle "montagne di Venere"

nell'opera lirica Tannhäuser (opera) di Richard Wagner.

Caratteristiche feline che contraddistinguono

la donna sono fatte notare abbastanza

spesso; il suo cognome poi deriva dal

francese "chaud chat" (gatto caldo),

mentre il suo primo nome include anche

un accenno all'inglese claw-artiglio.

(Il suo nome può anche essere un riferimento

alla mitragliatrice Chauchat in dotazione

all'esercito francese durante la prima

guerra mondiale. Claudia Chauchat lascia

il Berghof per qualche tempo, ma per

ritornare in seguito con un altro compagno

impressionante, Mynheer Peeperkorn,

che soffre di una malattia tropicale.

Peeperkorn
Mynheer-Pieter Peeperkorn, nuovo amante

di Claudia Chauchat, entra nel paesaggio

del Berghof piuttosto tardi; ma è certamente

una delle persone maggiormente predominanti

del romanzo: rappresenta il principio e lo

spirito dionisiaco. Il suo forte comportamento

e l'accentuata personalità, con la sua aura

di importanza che lo attraversa, in

combinazione con un imbarazzo evidente

e la strana incapacità di completare

nemmeno una volta una qualche dichiarazione

od affermazione, ricorda alcune figure delle

precedenti novelle dell'autore (per esempio,

Herr Klöterjahn in Tristano (racconto));

personaggi che sono da un lato fonte

di ammirazione per la loro prorompente

energia vitale ma anche, dall'altro,

condannati a causa della loro estrema

ingenuità.

In conclusione, questa persona rappresenta

la forma più grottesca di un carattere dionisiaco;

il dio greco Dioniso è importante anche nella

filosofia di Friedrich Nietzsche e La nascita

della tragedia è la fonte del titolo

"La montagna incantata". Estremismo di

Peepercorn si ripercuote anche nell'atto finale

del suicidio da lui compiuto, eseguito anche

in modo alquanto strano. Con Mynheer

Peeperkorn l'autore del romanzo personalizza

contemporaneamente il suo rivale, l'influente

poeta tedesco Gerhart Hauptmann, ma anche

alcune proprietà di Goethe (con il quale spesso

è stato confrontato Hauptmann).

Interpretazioni

La montagna incantata è caratterizzata da

una narrativa densa di erudizione e spesso

ambigua che ha determinato una certa

varietà di giudizi critici. A fianco di uno

scrupoloso realismo nella descrizione di

personaggi e situazioni, si ritrova un

marcato simbolismo, nei toni con cui viene

descritto, ad esempio, il fluire del tempo

o le impressioni e meditazioni del protagonista.

I personaggi stessi, rappresentano, più o

meno apertamente, le diverse tendenze

filosofiche del tempo con cui Castorp viene,

in questo modo, successivamente in contatto.

Il rapporto tra l'ordine e l'equilibrio della morale

borghese e il vitalismo estetico, già analizzato

in un contesto di malattia e morte in La morte

a Venezia, è qui interpretato con sottile ironia

e presentato in relazione al più ampio

panorama del pensiero europeo del primo

Novecento.
Il romanzo si rifà apertamente alla tradizione

europea, e in particolare tedesca, del

romanzo di formazione o Bildungsroman,

benché, come dichiarato dallo stesso autore,

ne sia anche la parodia. Nei capitoli iniziali,

il protagonista mostra una spiccata curiosità

sia nei confronti delle scienze naturali che

delle discipline umanistiche, spesso in

contrasto con l'atteggiamento chiuso e

riservato del cugino Joachim.

Col passare del tempo impara però a

mantenere una certa distanza dalle

posizioni pur affascinanti ma estreme

del gesuita Naphta, così come sviluppa

anche un certo scetticismo rispetto

agli slanci retorici dell'umanista Settembrini.

A differenza del tipico impianto del romanzo

di formazione, è stato sottolineato come la

maturità acquisita da Castorp non sembra

avere come scopo un futuro vissuto nella

pienezza dello spirito finalmente raggiunta.

Pare invece, a causa della prospettata e

probabile morte nel conflitto mondiale, quasi

fine a sé stessa o comunque inutile e

inconsistente di fronte all'irrazionalità della

guerra.

 
 
 
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