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Narciso e Boccadoro

Post n°1890 pubblicato il 05 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli


Narciso e Boccadoro

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

«Non è il nostro compito quello d'avvicinarci, così come non s'avvicinano fra loro il sole e la luna, o il mare e la terra. Noi due, caro amico, siamo il sole e la luna, siamo il mare e la terra. La nostra meta non è di trasformarci l'uno nell'altro, ma di conoscerci l'un l'altro e d'imparare a vedere e a rispettare nell'altro ciò ch'egli è: il nostro opposto e il nostro complemento.»

(Narciso)

«Ma come vuoi morire un giorno, Narciso, se non hai una madre?»

(Boccadoro)
autoritratto diGiorgione)
AutoreHermann Hesse
1ª ed. originale1930
GenereRomanzo
Sottogeneredi formazione
Lingua originaletedesco
AmbientazioneMaulbronnLänder

Narciso e Boccadoro (Narziß und Goldmund1930)

è un romanzo del noto scrittore tedesco Hermann Hesse.

Presentazione

Narciso è un giovane monaco diligente e

contemplativo, amante della lingua greca

e delle scienze. È spirituale e si dedica

completamente alla religione. Nonostante

la sua giovane età, ha già l'incarico di assistente

di greco nella scuola del monastero, dove un

giorno arriva un nuovo allievo, Boccadoro.

Boccadoro è un artista, con il grande senso di

amare e di sentire le emozioni, che riesce con

un solo sguardo a conquistare il cuore di tutte

le donne. Ha lo spirito del vagabondo, ereditato

dalla madre, che cerca di ritrovare, e durante il

suo viaggio affronta varie avventure.

Trama

L'ascetico Narciso era destinato ad una brillante

carriera religiosa. In principio egli compare come

un giovane maestro nel convento di Mariabronn

(Maulbronn), temuto e assai stimato persino dai

suoi superiori per via delle sue conoscenze.

Aveva inoltre la capacità di leggere con straordinaria

precisione l'animo delle persone. La più clamorosa

applicazione di tale dote investì con violenza Boccadoro,

un giovane e talentuoso scolaro inviato al monastero

dall'arido padre al fine di espiare la congenita anima

peccaminosa ereditata dalla madre. La madre era

per Boccadoro una figura poco chiara, delineata

per lo più dai racconti del padre. Narciso, accortosi

di tale lacuna nel cuore dell'amico, rievoca i suoi

ricordi e gli rivela una sua profonda convinzione

secondo la quale egli non sarebbe mai potuto

diventare un erudito o un uomo religioso perché

ciò non corrispondeva alla sua natura. Il giovane

Boccadoro, fortemente scosso dalle parole dell'amico,

incontra una donna di nome Lisa, si congeda e lascia

il monastero. L'intrapresa vita di vagabondo insegna

al giovane ad amare, a soffrire, a gioire, a cercare: 

in poche parole gli insegna a vivere.

Dopo alcuni anni di disperata ricerca Boccadoro

scopre la sua natura di artista, così brillantemente

intuita dall'amico Narciso. Egli diventa allievo del

celebre maestro Nicola per poter raffigurare le

immagini createsi dentro di lui dall'esperienza sensibile

del mondo. Appresa l'arte e ottenuto prematuramente

il diploma di maestro (grazie alla realizzazione del suo

apostolo Giovanni, a immagine dell'amico Narciso),

rifiuta l'eredità della bottega del maestro Nicola e la

mano della bella figlia Elisabetta.

Boccadoro riprende così la sua vita errabonda.

Nel corso del suo pellegrinaggio Boccadoro conosce gli

orrori del mondo, ma conosce anche l'amore; ama

molte donne, ma solo alcune di esse resteranno per

sempre nel suo cuore: la zingara Lisa, Lidia, la figlia

del cavaliere che lo ospitò in cambio del suo latino,

Giulia, sua sorella, Lena, la fanciulla morta di peste

che lo amò più sinceramente di qualsiasi altra donna,

Agnese, la bella e glaciale amante del conte. Ma una

sola figura lo accompagnò per tutta la sua esistenza

dal momento dell'addio al monastero: l'Eva-Madre,

immagine vaga, sfuocata, eternamente in mutazione,

che alla fine risultò essere l'immagine di sua madre.

Per tutta la vita Boccadoro ricercò tale immagine.

La trovò solo in vecchiaia durante il suo ultimo

pellegrinaggio, in cui spezzatosi il cuore per il mancato

amore di Agnese, si ruppe alcune costole cadendo

da cavallo.

Per tutta la vita il sogno di Boccadoro fu quello di cogliere

con chiarezza l'immagine della Madre eterna e di rappresentarla;

ma una volta colta, il piacere derivante dalla pace interiore

che ne conseguì fece scemare in Boccadoro il desiderio di

rappresentarla. Ora può morire sereno, poiché ha ritrovato

sua madre, e ha scoperto l'amore, perché senza madre

non si può amare.

Personaggi

Narciso è il motore di tutta la vicenda. Egli si presenta

come un ragazzo dotato di straordinario talento, che

persino i suoi superiori temono. È un colosso, è il vero

detentore del potere nel monastero. Egli controlla e

governa tutto e tutti con le sue stupefacenti capacità.

Futili si rivelano alcuni provvedimenti che l'abate Daniele

prende nei confronti del giovane per rammentargli la sua

posizione nel monastero e il rispetto per la gerarchia.

Al termine della vicenda egli è abate del monastero.

Ma proprio quando le sue potenzialità sono finalmente

esplose trovando realizzazione nella figura dell'abate

(l'abate Giovanni, stupefacentemente profetizzato

dalla statua dell'apostolo Giovanni di Boccadoro),

egli lascia trapelare tutta la sua umanità e con essa

le sue incertezze e le sue debolezze. Egli è vittima

della filosofia, di cui si sentiva l'assoluto padrone,

e della verità. Grazie a Boccadoro si rende conto

che la ricerca della verità tramite il totale controllo

dello spirito non è l'unica via, e non è necessariamente

più efficace della via dei sensi.

Boccadoro è il mezzo di cui si serve l'autore per

esprimere il dissidio fra spiritualità e mondanità, fra

eros e logos. L'unico tratto del suo carattere che

emerge con energica chiarezza è la sua incertezza

psicologica che lo porta a condurre continuamente

una vita da vagabondo.

Tutti gli altri personaggi sono un semplice

condimento alla storia, senza il quale nulla avrebbe

senso e tutto resterebbe insapore. È elemento i

ndispensabile ma che non contiene in sé la sostanza

della storia.

Filosofia e morale

La morale è ben descritta negli ultimi due capitoli,

in cui Hermann Hesse può esporre (con la bocca di

Narciso) la suafilosofia dopo aver terminato di

raccontare i fatti.

Il contrasto fra natura e spirito, fulcro del romanzo,

consiste nella via per la ricerca della verità.

Tanto Narciso, che rappresenta lo spirito, quanto

Boccadoro, che rappresenta la natura, si sentono

insoddisfatti della loro ricerca perché adoperano

come mezzo solo lo spirito o solo i sensi, e ciò

si rivela insufficiente. Infatti Boccadoro perde

la sua spiritualità e la fede in Dio, mentre Narciso,

abate, perde la capacità di conoscere con i sensi;

ma dopotutto entrambi trovano la pace perché

imparano a vivere secondo la loro natura, e in

essa trovano la piena realizzazione. Narciso

con lo spirito e Boccadoro con i sensi spiegano

il mondo nella sua essenza: questo è ciò che

Hermann Hesse intende per "verità".

È altresì facile riscontrare in quest'opera l'influenza

su Hesse del Nietzsche della "Nascita della tragedia"

- con il suo contrasto di "Apollineo" (razionalità)

e "Dionisiaco" (istintualita'). Inoltre, l'autore mostra

una grande dimestichezza con la teoria degli

"archetipi"(inconscio collettivo) di C. G. Jung -

con il quale fu in contatto epistolare, e di un

allievo del quale fu paziente - in particolare

quelli relativi ad "Anima"(inconscio maschile)

e "Animus"(inconscio femminile).

 
 
 
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